Alcune note sul teatro
Elio Scarciglia, astratto 3

Alcune note sul teatro

diVincenzo Crosio

Il teatro, nella sua accezione storica, sembra sparito. In realtà la sua essenza di arte scenica dagli anni ’70 in poi del secolo scorso ha subito una ricodificazione che ai più è sfuggita. Sotto la pressione del cambiamento estetico che percorre la seconda parte del secolo scorso, in cui le arti visive prendono il sopravvento sulle arti narrative, teatrali o meno, ecco che il teatro sembra subire a volte uno stop altre volte quella modificazione che lo fa sembrare sempre più un’attività performativa. Tramontati i grandi autori e i grandi interpreti, da Pirandello a Eduardo de Filippo, da Strehler, da Brecht a Arthur Miller, a Orson Welles, a Dario Fo si apre una lunga parentesi di interpreti e autori singolarmente non banali che innestato il teatro su una grammatica non generativa, non seriale ma significativamente radicale. Parliamo di due geni assoluti come Carmelo Bene e Leo de Berardinis, Memè Perlini e Rossella Or, che aprono la strada ad un teatro cognitivo e denso di prospettive, Falso Movimento di Mario Martone e I Teatri Uniti con Neiwiller, grande interprete morto giovanissimo e prematuramente, Renato Carpentieri,Tony Servillo ed altri. Un posto a sé lo ha il teatro rizomatico di Enzo Moscato. Il cosiddetto teatro postmoderno, che sfiora la minimal art, l’espressionismo e va diritto alla narrazione scenica con Paolini e al teatro danza con Pina Bausch e Bob Wilson. Avanguardia e post vanguardia si intrecciano in modo a volte sperimentale, incongrua a volte densa di presupposti esistenziali come quello del polacco Jerzy Marian Grotowski, ove morte e povertà sono la semplificazione di un modo scenico simile in qualche modo al primo teatro di Eduardo de Filippo, in cui l’interrogazione etica prevale sul contenuto, che a volte è surreale al punto giusto da fermare la scena su l’attore che sembra quasi spaesato dalla domanda etica espressa dall’autore. E’ questa la grande scoperta dell’essenzialità sulla scena del teatro di Eduardo che lo accosta a quello di Beckett, altro grande gigante di un mondo che esce dalla guerra e dalla caduta degli imperi. Fino al teatro anarchico e comunitario, psichedelico del Living Theatre. Ecco come il regista Peter Brook definisce l’happening teatrale, vera grande rivoluzione della pop art scenica:

«L'happening è un'invenzione molto potente che in un solo colpo spazza via molte forme morte: lo squallore degli edifici teatrali e tutte quelle banalità pompose come il sipario, le mascherine, il guardaroba, i programmi, il bar. Un happening può aver luogo ovunque, in qualsiasi momento e durare quanto si vuole: niente è indispensabile, niente è tabù. Un happening può essere spontaneo, formale, anarchico; può creare un'energia inebriante. Dietro l'happening vi è un grido: "Svegliatevi!".»

Questo è il clima della scena teatrale degli anni sessanta e settanta ed oltre. E’ nota la polemica tra Carmelo Bene e Vittorio Gassmann sul teatro di posa e recitato e il teatro drammatico e poetico. E di tutto queste macerie cosa resta? poco in realtà ma alcune punte di vero teatro sono scolpite come nella pietra dentro l’immaginario collettivo di un’epoca. L’ultimo Eduardo, surreale alla maniera di Bunuel e stratosferico nella prima messa in scena del metateatro, che in qualche modo lo assomiglia al visionarismo di Federico Fellini e Pasolini.Operazione che tende a sganciare il teatro e in generale la videoscrittura dall’imperante neorealismo, senza farlo passare per la comédie francese o il teutonico neoespressionismo. Sul tedesco neoespressionismo c’è tutto da dire come espressione di una ultraretorica narrazione di un dramma esistenziale. Jean Genet e Rainer Werner Fassbinder mettono in scena in teatro e poi nel cinema il disagio postbellum della società tedesca, fino all’approdo ultrarivoluzionario della Rothe armee fraction, condivisa visione in parte da Jean Paul Sartre, esistenzialista e marxista insieme. Il teatro nord-americano si arrovella tra la soap opera e lo psicodramma neofreudiano in voga negli anni ‘50 e ’60.  Eugene O' Neill diede per primo al teatro letterario americano il diritto di chiamarsi appunto letteratura, diritto più tardi ribadito dai successi di Tennessee Williams e Arthur Miller. Tranne una parentesi sconvolgente del teatro e del cinema di Orson Welles, shakespeariano e anticapitalista fino in fondo. Sulle macerie del teatro stabile, una marea di teatro spontaneo da street art esce dai teatri i ed invade le città, ricollegando immaginario popolare e tradizioni popolari, a volte con un neopaganesimo ispirato ai santi e ai demoni della città. Come nel teatro/processione di Madonna de’ Rose napoletano, che ricollega il teatro dove era nato in Italia e nei principati europei, nello scenario delle città rinascimentali e post-rinascimentali, scenario in cui i palcoscenici sono eretti per la prima volta nelle piazze e nelle contrade italiane. E lì persino il teatro popolare e della commedia dell’arte, neolibertario e nomade può esprime la sua carica eversiva contro una controriforma culturale di Santa romana Chiesa. Cosa in parte ripresa ma con molti risvolti ancora da decifrare dal teatro melodico, cantato, dalla fabula cantata neobarocca di Roberto De Simone. Il sant’Uffizio raggiunge tutto, soprattutto l’oscenità del teatro nomade e popolare. E oggi cosa ci aspetta? senza troppe illusioni io credo che bisogna partire da un teatro scenico e performativo che coniughi i linguaggi simbolici e performativi del new dada postmoderno e che furono anticipati in Italia da Carmelo Bene e Leo de Berardinis. Il giullarismo di Dario Fo e il teatro pirandelliano di Eduardo de Filippo hanno un grande merito ma anche un grosso limite, il non sapersi confrontare con il genio Shakespeariano e l’anticapitalismo di Brecht e Kurt Weil, di Antonin Artaud e Orson Wells.Senza attendere la novità del teatro yddish dei fratelli Marx, potremmo pensare ad un prossimo teatro popolare espressionista così carico di passione e temerarietà, neo clandestino per il momento, che vive nelle caldi ceneri della rappresentazione popolare, come fu il neodadaismo e futurismo ironico, antiborghese di Ettore Petrolini e certi tratti del cinemateatro di Pasolini come nel Vangelo secondo Matteo. O chissà nelle avventure ultraterrene del primo Dalì-Bunuel, un moderno chien andalou o l’ispirazione di un genio dimenticato in Don Chijote de la Mancia di Miguel de Cervantes.Un novello genio della lampada perché no.


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