Le disobbedienti. Storia di sei donne che hanno cambiato l'arte
C’è un solo modo per salvare la vita
malgrado la violenza, l’umiliazione e la morte.
C’è un solo modo: l’arte.
Infatti, l’arte può salvare la vita. Non salva il mondo che procede secondo pulsioni inarrestabile ma una persona che segue la sua vocazione realizza se stesso. In un certo grado esprime la sua anima, come afferma Hillman nel bellissimo saggio “Il codice dell’anima”. Il grande psicanalista afferma che esiste qualcosa in ciascuno di noi che ci induce a certe scelte, ci permette di prendere certe vie anche se possono sembrare faticose e impossibili. Il daimon che ognuno di noi riceve diventa compagno inseparabile sin dalla nascita, come racconta il mito di Platone. Questo demone si nasconde dietro le parole vocazione, chiamata, carattere. Conoscerlo vuol dire decifrare il codice della nostra anima. Significa capire quel linguaggio cifrato che ci spinge a essere quello che siamo.
Elisabetta Rasy, scrittrice e saggista romana ha pubblicato numerosi libri di narrativa e saggistica. Le sue opere sono tradotte in molti paesi europei e suoi racconti sono apparsi in numerose antologie italiane e straniere. “Le disobbedienti” è un saggio che viene pubblicato nel 2019 con Mondadori. In questo testo Rasy descrive la vita e delle opere di sei artiste rivoluzionarie che attraverso la storia sono riuscite a emergere e a far conoscere il loro lavoro e le loro ambizioni lottando duramente contro pregiudizi, ingiustizie e terribili difficoltà.
Artemisia Gentileschi vive durante il Rinascimento, impara l’arte della pittura nella bottega del padre in un’epoca dove dipingere era permesso solo ai maschi. Lei disobbedisce e va contro questo copione di genere. Diventa una pittrice conosciuta e ammirata, anche se la sua vita subisce un grosso trauma. A diciotto anni, vittima di uno stupro da parte di un pittore collega del padre, deve affrontare un lungo processo, in cui dimostra il suo carattere forte e indomabile. Artemisia diventa a caro prezzo una donna indipendente, capace di vivere del suo lavoro. Nelle sue opere spesso dipinge se stessa e ogni figura femminile risulta potente impavida. Disegna il corpo della donna fuori da un canone di bellezza eterea e fragile. I volti sono ribelli e espressivi, i corpi prendono spazio e esprimono forza e passione. Artemisia è esemplare nella vita e nell’arte per la sua capacità di combattere e di lottare contro ogni sopruso.
Elisabeth Vigéè Le Brun, pittrice di corte della regina Maria Antonietta alla fine del XVIII secolo, vive agiatamente la “douceur de vivre” del periodo, ma la rivoluzione mette fine alla sua felicità: Elisabeth dovrà fuggire, tacciata di tradimento dai francesi, costretta a spostarsi di continuo vivendo comunque della sua arte, ritraendo i nobili dall’Italia alla Russia, lottando contro la povertà in nome dei suoi figli e dell’arte. La sua storia dimostra la caparbietà delle donne artisti, capaci di affrontare ogni disagio pur di non tradire la loro vocazione, contro un mondo che non rendeva semplice seguire con determinazione il proprio talento.
Dipingere e vivere sono sempre stati per me un’unica cosa e un’unica parola.
Berthe Morisot, modella prediletta e cognata di Edouard Manet, non si accontenta di posare per il pittore ma vuole diventare anche lei pittrice e contrasta la sua famiglia. Allora non era considerato dignitoso scegliere di essere un’artista. Il copione di genere voleva la dona madre e moglie. Ma Berthe lotta contro tutti e sarà un’apprezzata impressionista. La stima dei suoi colleghi come Degas e Zola rinforzerà la sua scelta di vivere tra gli artisti di Parigi. La sua pittura esprime con intensità gli amori non corrisposti, i suoi problemi di anoressia. Le sue donne dipinte hanno un velo di malinconia ma guardano avanti, oltre gli sguardi degli uomini.
Anche Suzanne Valadon affronta una vita difficile a Parigi durante la fine dell’Ottocento. Diventa simbolo della ribellione e della trasgressione. Da modella e amante di tanti artisti dell’epoca, come Toulouse-Lautrec, Suzanne volle diventare lei stessa pittrice. Riuscì così a raggiungere quella autonomia finanziaria che le permise di crescere il figlio, Maurice Utrillo, forse più celebre della madre. I corpi nudi delle opere di Suzanne sono reali, invecchiati, miseri, come la dura vita contro cui Suzanne lottò per anni.
Charlotte Salomon, vissuta prima in Germania, poi in Francia durante gli anni delle persecuzioni naziste degli ebrei, morì a 26 anni ad Auschwitz. La sua opera testimonia la drammaticità di quel periodo. Negli ultimi anni prima della deportazione, consapevole della tragedia che sta per cadere sulla sua vita, sente la necessità di lasciare la sua impronta attraverso migliaia di tempere, in cui pittura, scrittura e musica si intrecciano. La sua opera sarà pubblicata dopo molti anni grazie da Otto Frank, amico dei genitori di Charlotte.
Frida Kahlo, una delle più famose artiste del Novecento, oggetto di libri e di film che raccontano la sua travagliata vita, è simbolo di come la passione per l’arte può superare ogni barriera, ogni ostacolo, ogni ferita. Frida utilizzò l’arte pittorica come un diario visionario dove raccontava il suo dolore fisico e psicologico, determinato dalla sua infermità e dalla sua burrascosa storia con il marito Diego Rivera. Nel dipingere poneva grande attenzione alla sua immagine, al trucco e alla pettinatura, all’abbigliamento colorato e simbolico. La vita di Frida è stata piena di dolore fisico, e nelle sue opere non risparmia dettagli sanguinosi o spiazzanti. È la prima artista a rappresentare l’aborto, non ha paura di disobbedire alle convenzioni sociali o di essere tacciata come “strana”.
Elisabetta Rasy narra la vita delle sei artiste in modo appassionante, riflettendo sul significato dell’arte e della storia. E’ importante comprendere quanto questa operazione culturale sia necessaria. Anzi, bisognerebbe far entrare con determinazione le storie delle donne artiste nei manuali scolastici, storie che spesso sono state dimenticate, oppure cancellate. Riprendendo la riflessione iniziale, dobbiamo ammettere che le donne durante questi secoli hanno dovuto combattere due volte per realizzare il loro destino artistico, oppure professionale e intellettuale. Nemmeno da un secolo abbiamo conquistato il diritto di parola e di voto. E le donne che ci hanno preceduto dovevano convincere la società patriarcale in cui erano inserite che non era un tradimento non scegliere il ruolo di madre e di moglie e che, in tutti i casi, potevano affiancarlo dedicandosi alle loro passioni. E’ importante che nei libri di storia di ogni disciplina siano riportati i nomi, i cognomi e le storie delle donne che hanno esercitato il loro talento, artiste, architette, pittrici, scultrici, scrittrici e poetesse, per ricordare alle nuove generazioni che queste passioni appartengono alle persone non a un solo sesso. Ancora oggi nei manuali sono numericamente scarne le presenze femminili ma non perché le donne non abbiano dimostrato il loro valore, ma perché ancora non si registra compiutamente la loro presenza. Siamo in ritardo ma dobbiamo colmare questa lacuna assolutamente.
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