Pier Paolo Pasolini pittore
(…) Potrei
anche tornare alla stupenda fase
della pittura… Sento già i cinque o sei
miei colori amati profumare acuti
tra la ragia e la colla dei
telai appena pronti… (…)
Pier Paolo Pasolini da “Poesia in forma di rosa” 1964
È in corso a Roma, fino al 16 aprile prossimo, presso la Galleria d’Arte Moderna, un’importante mostra dedicata al centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini. Si tratta di una mostra di pittura, a quarant’anni dall’ultimo allestimento antologico del 1978, realizzato tre anni dopo la tragica scomparsa dell’artista.
Scopriamo insieme questo insolito Pasolini che, oltre ad essere un grande e discusso poeta, narratore, giornalista e cineasta è anche pittore di indiscutibile livello e originalità.
Come leggiamo nei versi citati, la pittura è un aspetto tutt’altro che marginale del mondo pasoliniano e la mostra romana ha il merito di fare luce su questo aspetto e di metterci immediatamente davanti a qualcosa di importante e anche stupefacente. Non ci troviamo di fronte ai frutti di un passatempo dilettantistico: siamo immediatamente proiettati nel ricco mondo creativo di un “Pittore” con la maiuscola. Restiamo sbalorditi dall’abilità, sia nel disegno che nella pittura. L’artista sembra muoversi tra uno stile grafico espressivo che rimanda a un De Pisis o a un Morandi e una sperimentazione materica proiettata molto in avanti.
L’esposizione conta oltre 150 opere provenienti da istituzioni pubbliche di Firenze, Bologna e Casarsa e da collezioni private. Entrando, siamo accolti da una voce: un attore invisibile legge brani e riflessioni dello scrittore sulla natura rivoluzionaria della poesia e intense foto giganti in bianco e nero ci mostrano il volto di un Pier Paolo pensoso. È una sorta di anticamera che ci schiude il mondo figurativo dell’intellettuale, dell’artista.
Saliamo le scale e, nella prima sala, ci troviamo di fronte alle prime esperienze grafiche e pittoriche. Siamo negli anni ’40, anni di guerra, ricostruzione e costruzione di una giovane, complessissima personalità. Qui troviamo nature morte e corpi maschili e femminili, quindi giungiamo a generi a lui molto cari come l’autoritratto e il ritratto. Possiamo vedere il suo volto spigoloso, il suo corpo abbandonato tratteggiato con mano apparentemente incerta (Davanti al mio corpo - 1942- penna e inchiostro), vediamo Ninetto Davoli, Laura Betti, il poeta Zanzotto e molti altri in una girandola di profili e colori: sono i suoi affetti e la sua ispirazione.
A proposito di ispirazione eccoci arrivati a Casarsa della Delizia, il paese friulano della madre, figura imprescindibile, materia prima, direi, nella vita e nell’opera di Pasolini, cresciuto a Bologna, ma legatissimo alla regione materna. E proprio negli stessi anni ’40, mentre sperimenta la poesia in dialetto casarsese, dipinge questo rifugio, questo luogo dell’anima, questo locus amoenus, intriso di natura. Attraverso rappresentazioni di paesaggi rurali, ci mostra quella purezza del mondo contadino che ha sempre evocato in modo struggente nei suoi scritti.
Una sezione è dedicata alla speciale relazione maestro-discepolo con il grande critico d’arte Roberto Longhi di cui Pasolini è stato allievo a Bologna e a cui dedicherà uno dei suoi film più ricordati e amati “Mamma Roma” (1964), interpretato da una straordinaria Anna Magnani.
L’intimità di Pasolini, invece, viene raccontata con affetto e delicatezza da un altro grande artista: Fabio Mauri, suo amico di gioventù a Bologna.
Una sezione molto consistente riguarda il rapporto tra Pasolini e il ‘900 e una sala è dedicata ai dipinti provenienti dalla sua collezione privata, esposti per la prima volta.
Muovendoci all’interno della Galleria ci si accorge di essere letteralmente circondati dal ‘900: Callas, Moravia, Pound e poi i figurativi: Guttuso, Manzù, De Pisis, Morandi, Warhol e tantissimi altri. Opere pittoriche e grafiche di Pasolini si mescolano ad opere di artisti da lui amati, a fotografie, a voci.
Molto interessante la scelta di inserire in programma la rassegna “Pasoliniana. Intorno a Pasolini pittore” che prevede incontri di vario genere: lezioni, convegni e reading poetici come, ad esempio, “Scrittrici corsare” a cura di Patrizia Chianese della Sovrintendenza Capitolina.
Questa mostra ci rimanda un uomo che ha messo sé stesso, il suo volto, il suo corpo al servizio della riflessione e della creatività cercando, nell’incontro con l’altro, condivisione, ispirazione, ma mai fuga da sé stesso, dalle sue ombre eccessive e lucide e dalla sua incessante e impietosa analisi della storia e della contemporaneità. Non si è posto limiti di ricerca e nemmeno di linguaggio, il suo è un mondo estetico multilinguistico ed egli stesso è l’Opera.
Che direbbe del nostro oggi? Che direbbe dell’industria culturale? Queste risposte mancano.
Concludiamo con due immagini vivide e contrapposte: l’inizio della vita, così ben tratteggiata da Mauri con queste parole: Con Piero era facile vivere una vita da ragazzi: il calcio, il gran ridere, il ballo. E poi la fine, prefigurata nell’impressionante disegno “incerto” di gioventù che raffigura un corpo quasi smaterializzato circondato dal nulla, così simile a quel mucchietto informe trovato in una notte senza luna all’Idroscalo di Ostia nel novembre dell’ormai lontanissimo 1975.
La lettura di questo articolo è riservata agli abbonati
ABBONATI SUBITO!
Hai già un abbonamento?
clicca qui per effettuare il login.
Sostienici
Lascia il tuo commento