Corpo del tempo di Carla Bariffi
Foto di Paola Casulli

Corpo del tempo di Carla Bariffi

diCarol Guarascio


Questa di Carla Bariffi è un’opera unidimensionale, in cui la realtà corrisponde al campo visivo dell’autrice, in cui Dietro la pelle/c’è l’universo/che non è il mondo/ma l’estensione dell’io. Lo spazio e il tempo sono dimensioni esperite dalla Bariffi esclusivamente in funzione della scrittura e l’altrove stesso risiede anch’esso nella mente e nello spirito.

«Corpo del tempo» edito da Terra d’Ulivi nel 2021 nella collana I Granati è l’ultimo lavoro di Carla Bariffi nata a Bellano, località intrisa di echi letterari e situata sulla sponda orientale del manzoniano Lago di Como. Il tempo è sicuramente il tema centrale di questo lavoro, è un tempo ciclico:

 

Penso al tempo, nel mio tempo, che ritorna

 

Il tempo ricopre di tempo le cose

cascata di visioni

a grappolo sul dorso

 

dove esiste il cadere, lo sgranare gli occhi, l’osservare.

La forma che la Bariffi predilige è la strofa di cinque versi liberi, che spesso si presenta nella veste di aforisma, contraddistinto dalla brevitas e dalla caratterizzazione metapoetica dell’argomentazione. Tutto esiste per essere trasformato, plasmato, ridotto in scrittura. L’atto creativo è percepito come una gestazione e, alla sua conclusione, come un parto, e il luogo della creazione è naturalmente la mente che intrattiene con il corpo relazioni viscerali, carnali in un gioco encefalico:

Il corpo aderisce al ballatoio

che la mente governa.

In altri casi notiamo una frequenza nell’uso della frase nominale o dell’elenco anche in forma anaforica e ciò a dimostrare evidentemente un’assenza di necessità di predicazione, di registrazione dell’azione compiuta, quanto piuttosto la volontà di riportare l’esistenza, lo stato, l’essere.

I versi di «Corpo del tempo» sono imbevuti di Prana, presentano scie di aria, di respiro, anche quando sono versi descrittivi e impressionistici. La realtà è composta da uno strato di nero che va smussato, levigato e imbiancato mentre il soggetto osserva il mondo attraverso qualche oggetto-schermo: un uovo, un muro, un guscio protettivo. Il nero è vivo e palpita.

Lo spirito segreto del corpo va a mescolarsi con la Natura, dimensione creata da un Dio-Demiurgo in cui tutto confluisce in forma di aria. L’interpretazione del mondo e della Natura necessita di una visione non solo filosofica ma più frequentemente matematica; alla fine di questo percorso di analisi della realtà, il soggetto compie le sue operazioni finali:

La mente divide gli addendi

la lingua li estrae

(e l’occhio si bea).

Vengono usate parole di una certa caratura poetica, come nel caso della parola “ricordanza” oppure la parola viene sottoposta ad una segmentazione che serve evidentemente per cercarvi dentro significati altri: così accade a s-conosciuti, a s-governati, a in-scritto o ancora a ra-mi-fi-ca-zio-ni. Le sonorità sono ricercate, le assonanze e le allitterazioni sono molto presenti. La lingua ha un ruolo centrale nella poesia della Bariffi, intendendola sia come mezzo di comunicazione che come organo corporeo dotato di vita propria che compie gesta eroiche ed è sempre pronto alla scoperta del mondo sensoriale.

La solitudine è un tema ricorrente, si cita anche Pascal che afferma che l’uomo è incapace di stare da solo, la solitudine è percepita come farebbe un bambino che sperimenta la paura del buio come paura primigenia, atavica che lo porta ad avvertire uno straziante scoppio nel petto. La solitudine è condanna ma anche necessario stato psico-fisico per dedicarsi alla scrittura.

 

Scrivere è potenza che si stempera

impotente dalle dita

per andare a schiantarsi sul muro

del nostro sentire.




La percezione cambia

quando semini il distacco dalle cose

e la mente stira i passi dentro l’ombra

che attraversa ogni pensiero.

Realtà è solo ciò che comprende

il tuo campo visivo.

 

 

 

*

Staccarsi dai beni materiali

una delle più alte rinunce!

È un po’ come esporsi, nudi,

alla contemplazione del mondo

senza riconoscersi.

 

 

*

 

Un’immensa nostalgia

si appropria del mio cuore

lo tinge di un ocra che cola

sbavato sul crinale cristallino

dell’occhio.

Si strappa e si riflette

brevemente

nell’orbita dell’acqua.

Ma è l’azzurro che vince

mediatica punta meridiana

perpendicolare

tra le strette falangi del mio pugno.


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