Esistere è questo esistere
Elio Scarciglia, I volti di Roma, Museo del Vaticano

Esistere è questo esistere

diCarol Guarascio

Tempo fermare tempo correre

tempo tentare di capire come 

tutto ti guarda indifferente certe

sere d’estate mentre il sole tramonta

(da Nel tremore degli anni di Filippo Ravizza, Puntoacapo, 2020)


Il tempo è ricordo, è sogno, è accadimento. L’ultimo progetto di Ravizza si fonda su un sistema di pensiero, dalle solide basi filosofiche e ben strutturato, che ruota intorno al principio: “Esistere è questo esistere”, ovvero l’esistenza è data dalla coscienza e dunque è strettamente legata alla percezione della materia. Il mondo esiste finché noi esistiamo. Quando si perde la coscienza, non si esiste più e la realtà finisce insieme a noi. Un principio che senz’altro richiama Leopardi e il materialismo sette/ottocentesco ma che fa pensare primariamente ad Epicuro e al suo famosissimo tetrafarmaco.


Filippo Ravizza è nato a Milano nel 1951. Nel 1995, insieme al poeta Franco Manzoni, ha redatto il “Manifesto in difesa della lingua italiana”, inserito nel  programma relativo al dottorato specialistico del Dipartimento di Italianistica presso l’Université Paris 8. È stato chiamato a rappresentare la poesia italiana contemporanea alla XIX Esposizione Internazionale della Triennale di Milano (1996).

Poeta e critico letterario, è autore di numerose raccolte poetiche tra cui “La coscienza del tempo” e “Nel secolo fragile” per i tipi de La Vita Felice. Altre sillogi sono uscite negli anni passati con Lieto Colle e Campanotto.

Nel 2020 è uscito “Nel tremore degli anni” per Puntoacapo, con prefazione di Gianmarco Gaspari, postfazione di Giuliana Nuvoli e una nota di Ivan Fedeli. 

Questo terzo lavoro chiude una trilogia sul Tempo, parola-chiave e tema centrale della produzione letteraria di Ravizza e, potremmo dire, anche della sua esistenza.


La poesia di Ravizza sembra galleggiare sulla storia di Milano e sulla Storia più grande, anche quella dei faraoni, che avrebbero voluto vivere almeno un milione di anni (e probabilmente sono sulla buona strada).

Il poeta Ravizza “prende tempo” nello spazio della poesia. 

Quello poetico è un tempo dilatato, che fa respirare con calma e fa essere lucidi, pensanti, pazienti, nell’attimo eterno dell’esistenza umana. 


Un secondo di più


Mi chiama l'amico ch'aspetta 

come aspettano questi girasoli 

attendono pazienti lo sguardo antico 

di questi cipressi e la terra chiede 

il nome un nome un nome 

prendi dunque se vuoi prendi 

o destino il mio nome il nome 

mio mio tempo mia generazione 

che passa passa ormai vicina 

alla roccia che sbarra per sempre 

il cammino, prendi il nome 

mio e riempi d'essere per oggi 

riempi d'essere questi campi 

queste intere distese di fiori 

che esisteranno finché esisterò io 

non un giorno non un minuto né 

un secondo di più.


La poesia ci appare come un Carpe diem dove il poeta-scienziato al microscopio segmenta il giorno nelle sue parti più piccole e infinitesimali.

Ciò che salta agli occhi a livello retorico è l’accumulo, la ripetizione ossessiva di parole spezzate dai numerosi enjambement che incalzano sul flusso narrativo creando ritmi molto interessanti.

Il lirismo, che pure è presente, è in un certo senso strozzato dal ragionamento e dalla consapevolezza che quando gli occhi si saranno chiusi, il mondo scomparirà.

Sembra di intravedere un io-mondo o piuttosto un mondo-io.


Il rombo della notte


La vita la matita del tenere 

intatta e lieve l'ondulante 

carezza la carezza del tempo 

il rombo della notte che è il suono 

morbido del silenzio 

il placarsi della quieta 

sospensione quasi del vento della vita matita 

matita impazzita tremano le mie 

dita sanno che non è mica vero 

che ci siamo non è mica vero 

che stiamo nel tempo nel tempo 

noi andiamo senza incidere 

la scorza senza ferire la verità 

del niente la superficie opaca 

e fragile che puoi chiamare dire 

superficie che mai mai potrai toccare 

mani che non potranno tastare 

sentire nel vuoto impalpabile 

si fermeranno ogni parola 

finirà nella costruita illusione 

nella distrazione nella pietà 

di una finta festa.


La vita-matita, che tiene intatta la carezza del tempo e che contestualmente testimonia l’impossibilità per l’uomo di inciderne la scorza, ci fa scorgere nell’animo del poeta un certo astio nei confronti delle Parche, uniche entità legittimamente preposte a tenere il filo del nostro tempo.


Nel 2023 è uscito in Romania, per l’editore Cosmopoli, una raccolta bilingue dal titolo "Panzele Orizontului" (Le Vele dell'Orizzonte). La plaquette presenta quindici testi in lingua romena con testo italiano a fronte di cui la traduzione è stata curata da Alexandru Macadan e raccoglie i più importanti testi di Ravizza dal 1987 al 2020. 


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