Gaetano Pesce. Una superficialità necessaria

Gaetano Pesce. Una superficialità necessaria

diRaffaella Terribile

Tu si na cosa grande è il tributo che Gaetano Pesce, scomparso lo scorso aprile, ha pensato per la terra d’origine della sua famiglia, un’opera che ha avuto un percorso lungo e travagliato, fino alle polemiche più recenti. Personalità eclettica, alla continua ricerca di nuovi materiali, forme, immagini in grado di stimolare la riflessione sui valori della contemporaneità e su quelli incarnati da un luogo, Pesce è stato tante cose insieme. Studia architettura allo IUAV e frequenta l’Istituto di disegno industriale di Venezia, apre uno studio a Padova, fondando nel 1959 il gruppo “N”, e si occupa di arte programmata. Si interessa di arte cinetica e seriale, di teatro e di cinema, servendosi di mezzi espressivi come luce, movimento e suoni. Dal 1962 lavora nel campo del design, sperimentando materiali e forme nuovi. Nel 1971 collabora con BracciodiFerro (società del gruppo Cassina) per la produzione di oggetti sperimentali (come Moloch, 1971). Nel 1972 partecipa alla mostra “Italy: The New Domestic Landscape” al MoMA di New York, con una proposta abitativa. Sperimentazione e ironia si ritrovano anche nei progetti realizzati per Cassina, tra cui il divano Tramonto a New York (1980) e la poltrona I Feltri (1987). Dopo un lungo soggiorno a Parigi, nel 1983 si trasferisce a New York. Le sue opere sono presenti nei maggiori musei di design del mondo.

 

Le sue creazioni si distinguono per la fusione di forme organiche, colori vibranti e l'uso di materiali non convenzionali, comprendendo mobili, oggetti di design, lampade e opere architettoniche, come i celebri grattacieli di Manhattan e San Paolo in Brasile. Una delle idee geniali è l'utilizzo innovativo della resina, un materiale industriale, per creare opere d'arte e design uniche. Nel 2003, dall’incontro con Andrea Corsi, nasce la collezione Fish Design che include oggetti che rappresentano una fusione tra funzionalità ed estetica, le cui forme sono diventate parte della storia del design. 


  

Gli elementi utilizzati per l’installazione napoletana sono rappresentativi della sua poetica, come il cuore, già presente nel lontano 1972 in un bozzetto intitolato Two Hearts Lamp, o nel progetto del 2001 per il Word Trade Center, dove immaginava un’architettura plurale, capace di raccontare le culture e luoghi. La stessa figura di Pulcinella, ridotto a una camicia bianca con bottoni neri, ritorna in una lampada da terra del 2020.


    

Gaetano Pesce, Tu si ‘na cosa grande, schizzo e modello del progetto

L'uomo in passato ha fatto un sacco di scoperte, importanti realizzazioni, inventato aerei eccetera, ma tutto questo ha provocato una forma di fuga di energia che lo vede oggi stanco e i segni di questa stanchezza sono che i politici non servono i paesi che governano, molta gente usa delle attitudini non corrette e non oneste, e in genere la vita invece che proiettarsi positivamente verso il futuro, si impoverisce”. Così l’artista in un’intervista rilasciata nel 2022. Prosegue sostenendo che, come aveva detto Umberto Eco, tutto ciò è dovuto ai social media, alla pubblicità superficiale della TV. “Invece di migliorare ho l'impressione che il mondo decada, ne sono un segno evidente le guerre attuali che sono fuori dal tempo, visioni che guardano indietro invece che avanti, i cui ingenti costi potrebbero essere destinati a far avanzare la cultura dei luoghi, migliorare il pensiero delle persone in paesi importanti quali la Russia, Cina, Corea del Nord eIran, dove invece di usare i mezzi che hanno per far evolvere i loro cittadini e luoghi, li usano per tornare indietro.” Ma c’è uno spiraglio di ottimismo: “l'uomo è stanco e per fortuna la donna prende sempre di più spazio nel pubblico e non più nel privato, per fare delle cose che hanno senso, perchéla donna ha la funzione di servire, non intendo servire nel senso banale del termine, ma servire i luoghi nei quali investe il suo tempo e impegno, quindi in politica, nel socialenel business eccetera, dando dei risultati che sono evidenti. Penso che la mancanza di onestà di certi uomininon avvenga nelle donne. La donna è ancora un individuoche, avendovissuto per secoli nel privato, è piena di energia genuina e questo dovrebbe far riflettere. La grande scultura dell'uomo stancodi otto metri di altezza tende a far riflettere su questo, e spero che accada”.


D’altro canto, come aveva raccontato a Domus nel 2022: “Quando si scopre qualcosa che è l’opposto di ciò che si è scoperto ieri, si segue una contraddizione, e va bene così. È la vita”. La curiosità ne è il motore: “questa, il cui simbolo è il punto di domanda, indaga lo sconosciuto (e non il contrario perché esso è già rivelato”. L’esperienza di Pesce è stata sempre una riflessione attenta e sensibile su arte e design, sul tempo “personale, che non si ripete, che quando si perde non si ritrova più”, sulla ricchezza della diversità, sull’universo femminile, perché “la donna è multidisciplinare, cambia continuamente: è lavoratrice, madre, moglie, amante, è vicina al nostro tempo ma, nonostante ciò, invece di sostenerla, troppo spesso la rendiamo vittima. Oggi ancora troppe donne soffrono”. 

 

La poltrona UP5, 1969, che ha fatto la storia del design come "il primo oggetto di design con significato politico" (così l’artista in occasione del conferimento del Compasso d’Oro) è una scultura pensata come un grembo materno, che richiama i morbidi volumi delle Veneri paleolitiche. La sfera-pouf, legata alla poltrona, richiama però la prigionia di una donna con la palla al piede, vittima di pregiudizi, arretratezza e violenza maschile e sociale. Allora, come oggi, un tema drammaticamente attuale: "Questa poltrona fu per me un modo per esprimere altri contenuti oltre a quelli della tecnica avanzata, del nuovo materiale e della comodità del prodotto" […] "Nella realtà di quel tempo il problema della violenza dell’uomo contro la donna era appena accennato. Pensavo allora che questo grave segno d’inciviltà, che esisteva in tutti i paesi del mondo, con il tempo si sarebbe ridotto, purtroppo però non è stato così”. Anche la Maestà tradita rende protagonista una donna, avvolta in un mantello di carne, esposta su un trono con un’enorme sfera di metallo a cui è legata con una catena. Le grandi dimensioni e l’aspetto itinerante delle installazioni ne fanno straordinari strumenti di riflessione, anche in chiave provocatoria, in un’epoca che ha espulso dall’arte la funzione civile. Da qui le incomprensioni, le polemiche, i rifiuti. In ogni caso, un rischio che bisogna correre sempre.

 

Lontana nel tempo, ma vicina più che mai, L’Italia in croce (1978) continua a suscitare dibattito, invitando a confrontarsi o semplicemente a farsi guidare dalla curiosità di uno sguardo frettoloso, ma generatore di riflessione. Grazie a una cosa importante per tutti: l’arte e la sua splendida “superfluità”.

 

Ognuno dovrebbe interrogarsi, provando a rispondere a questa domanda: l’immagine di una Italia che soffre è ancora attuale?

 Gaetano Pesce


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