I mille volti della madre
Elio Scarciglia, Cappella Baglioni di Spello, I volti del Pinturicchio

I mille volti della madre

diElisabetta Baldisserotto

“Nel buio non erano / Le fiabe a sedurmi / Ma il tuo canto di sirena / Il tuo narrare epiche avventure / Che rendevi tanto familiari / (…) Mi raccontavi le passioni e gli inganni / I desideri e le partenze / Lo strazio di Lacoonte / Stretto nelle spire dei serpenti / L’ingegno sfrontato di Ulisse / Nei confronti del Ciclope / (…) La parola germinava lenta e seducente / Cresceva in me come un albero immenso / Alla tua ombra io trovavo riparo / Mentre mi trascinavi dentro la corrente / Calda e stregata delle tue parole / Verso isole meravigliose”.


Così Lucia Guidorizzi descrive il rapporto con la madre nella sua ultima raccolta poetica: Gemmealuce (Supernova, 2022). Una raccolta insolita dove, alla sua voce, fa da controcanto quella della madre, Gemma Tasinato Guidorizzi, anche lei poeta, i cui versi inediti, trovati dalla figlia dopo la sua morte, si alternano, in una sorta di dialogo che trascende i limiti dello spazio e del tempo, a quelli di Lucia. L’operazione è, per così dire, “psicomagica”, alla Jodorowsky, afferma l’autrice. Tenta, cioè, di “trasformare e risanare il passato, legato al vissuto familiare a volte doloroso e conflittuale, attraverso la piena accettazione del presente, in una forma di comunicazione creativa”. Il potere terapeutico della poesia riempie le cesure, stempera i contrasti, permette la “giusta distanza” dai vissuti, favorisce l’elaborazione di sentimenti ed emozioni. Accostare la voce della madre alla propria, infatti, se da un lato significa mettere in evidenza differenze e punti di contatto tra due personalità e sensibilità poetiche profondamente legate, permettendo una migliore conoscenza di entrambe, dall’altro significa riconoscere e integrare le proprie radici, al punto di poter dire: “Allora nascerò ancora / E sceglierò questo stesso volto / Per incontrarti ancora”.

Il libro ha un andamento che rimanda al teatro, a partire dall’immagine di copertina: una fotografia di Gemma in veste di scena durante l’interpretazione de Le Coefore di Eschilo. 

Strutturato in cinque sezioni: Prologo, Libamen, Sticomitia, Katharsis ed Esodo, è un’operazione letteraria originale ed ardita che, facendo riferimento al mito di Demetra e Persefone, mette in scena il colloquio serrato, luminoso e vibrante di due pregevoli voci poetiche.

Autrice di un’opera teatrale Il treno del ritorno (Gastaldi, 1964), Gemma Tasinato aveva pubblicato tre sillogi poetiche, Non vale il rimpianto (Rebellato, 1961), La polvere del tempo (Rebellato, 1963), Miradores e altre poesie (Rebellato, 1965. Con la prefazione di Maria Luisa Spaziani) e un romanzo autobiografico, Il cammino del granchio (Panda Edizioni, 2004). Coinvolta in uno stretto sodalizio letterario con il marito, manteneva una corrispondenza con i grandi poeti e scrittori del Novecento, scriveva articoli e recensioni e la sua opera poetica era presente in antologie scolastiche e in numerose antologie di poesia europea.

Lucia Guidorizzi, cresciuta in un’atmosfera creativa e intellettuale, tanto da considerare l’amore per la madre inestricabilmente legato all’amore per la poesia, considera la scrittura “come il suo modo privilegiato di comunicare, di creare mondi e renderli abitabili, nonché di resistere alle intemperie e ai guasti del vivere”. È autrice di undici libri di poesia, tra cui Milagros (2011), Nel paese dei castelli di sabbia (2013), Controcanto (2015), Pietra esile (2017), Foreste e forestieri (2019), Quanto dista Finisterre? (2020), tutti pubblicati con Supernova e collabora con varie riviste online. La sua voce è presente nella Poetry Sound Library curata da Giovanna Iorio.

Gemmealuce si offre al lettore come uno scrigno poetico che racchiude parole di saggezza e di esperienze di vita a cui attingere per meditare (“A passi svelti e leggeri / Andrò per reami di luce / E tutto questo informe dolore / Non sarà altro che un sacco vuoto / Abbandonato ai lati del sentiero), ma anche come una guida per attraversare i mondi della psiche abitati da Ade e Persefone, dove s’incontrano i mille volti archetipici della Madre, benevoli e allo stesso tempo spaventosi come quello di Medusa: “Avevo paura del tuo sguardo / Inquisitorio e poliziesco / Quando tornavo tardi la sera / Dopo le mie scorribande visionarie / Avevo il cuore in gola / L’ansia mi martellava / Nelle tempie / Perché ero in ritardo / Perché avevo goduto / La primavera della vita / Con tutti i suoi sbandamenti / Perché avevo rischiato / Perché avevo giocato / Aliossi e tarocchi / Per me che interrogavo / Le stelle e la sorte / E tu che mi agguantavi sulla soglia / Col randello del dovere e della colpa / Opponendo resistenza / All’uragano della mia giovinezza / E con meduseo cipiglio / M’impietrivi / Cercando di carpire / Gli arcobaleni che avevo / Tra le ciglia”.


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