Il carico umano. La gioia di un ritorno
Il carico umano è un poema scritto a quattro mani da Mirko Servetti e Carlo di Francescantonio. Questa scelta stilistica di una operazione condivisa internamente nel suo progredire poietico viene esposta precedentemente in un post sui social network. Si tratta infatti di un dittico iniziato nel 2018, con una altra raccolta “Uomini in fiamme”. Una plaquette che sancisce una collaborazione amicale profonda e autentica. Un lavoro che parte dalla consapevolezza amara che la poesia è esercizio per pochi.
…la poesia è solitudine e argomento e interesse per pochi, anzi per quasi nessuno, è nata in me l'esigenza di sperimentare alcune presentazioni fatte appunto senza aspettarsi nessuno come pubblico. A tempo debito, attraverso questa pagina Facebook, darò indicazioni di luogo e ora dove mi si potrà trovare rigorosamente da solo a leggere ad alta voce i testi. Le location scelte saranno principalmente giardini e parchi della Riviera ligure. Luoghi, insomma, distanti da librerie e spazi culturali ma dove sarà comunque possibile incontrare un piccolo spazio raccolto con panchina. Chi proprio lo desidererà mi potrà raggiungere lì, creando l'occasione di un piacevole dialogo intorno a Poesia e Letteratura. Il gradito ospite oltre alla mia persona troverà anche alcune copie del libro, nel caso sorgesse in lui l’irrefrenabile desiderio di portarsi a casa qualche verso.
Cosi confessa in modo provocatorio Carlo di Francescantonio sulla sua pagina FB. E si comprende la delusione e lo sconcerto di entrare i contatto con un non/pubblico in un non/luogo, dove la letteratura e la poesia si trasformano in un mantra di sottofondo, che urta e infastidisce il grande ipermercato scintillante, illusione consumistica che droga le coscienze e rende gregge sordomuto perennemente alla ricerca di un oggetto da possedere. Allora la poesia diventa una disciplina coraggiosa di purificazione esistenziale e di pulizia interiore, sponda trasgressiva di un atteggiamento di protesta a tali comportamenti compulsivi, che rendono la persona un burattino affamato di cose, mosso dai fili invisibile di un gioco infernale.
Siamo tutti di passaggio e il mondo si salva da solo, quindi l’unica cosa per me fondamentale è muovere piccoli passi, stazionare in quella che è una ricerca dell’invisibile, mentre molti corrono e tagliano traguardi di materia.
Nella silloge non si distingue la paternità dei versi che si alternano in una conversazione drammatica e densa di metafore esistenziali pregnanti. Anche questo è segno politico, non mettere l’accento sul singolo individuo che si firma, sul nome e il cognome ma sul movimento danzante della parola condivisa, che diventa appartenenza e sodalizio.
Non sono nato per edificare. Non provo interesse per il possesso della materia. Per me l’economia è solo il primo danno che l’essere umano ha generato. Da essa inizia la discesa agli inferi. Laggiù la disumanità canta come tuono e fulmina, anche in assenza di lampo.
Altra frase presa dal web che indica la piramide valoriale dei poeti di “Il carico umano”. Sperimentazione musicale e verbovisuale, ricerca stilistica e blogger, gli autori sono antenne ipersensibili del mondo che sta cambiando, del disastro dell’antropocene contro l’innocente armonia della natura, La poesia si pone come atto antieconomico e ecosostenibile per denunciare la posizione di una alterità divergente. Sentirsi fuori dal coro, fuori dalle logiche commerciali, marcare questa diversità politica e la responsabilità etica del segno poetico. Queste sono le direzioni in cui convergono i due autori.
Corpi lontani questa fortezza di noi sugli alfabeti /il tuo Saramago non l’ho mai letto e non so niente di te. Vivo attraverso delusioni della materia ma continuo ad avere fiducia nelle svolte misteriose, negli angoli come i giardini di piazza Roma. In qualche crepa della panchina sono ancora lì. Il tuo regalo, il mio gesto infantile di comprare un Carver.
Nel testo tanti riferimenti letterari incistati e scoperti come gioielli. Un decupage citazionale che fa riferimento a una genealogia letteraria di alto valore. Un’ altalena tra lo sconforto dello scenario metropolitano e soprattutto umano che circonda gli uomini altamente sensibili. La parola e il silenzio sono i comportamenti agiti. Scivolare da un opposto all’altro come unica strategia di sopravvivenza. Un atto di fiducia verso un ascolto intermittente, verso coloro a cui è diretto il messaggio poetico e politico.
Vado al silenzio, primitivo villaggio mai abitato / ho scritto una decina di libri di poesia
ma nessuna terra desolata / e aprile non è il più crudele dei mesi / agosto è peggio. Ci sono nato
dentro un caldo che dire della madonna suona fresco. Lo sento addosso già da maggio, dove la gente / non vede l’ora di mettersi in mutande. È un po’ come essere morti in vita.
Una decina di libri di poesia ma niente Eliot, solo illusione e frastuono quotidiano
Saramago, Carver, Kafka, Eliot sono nominati all’interno dei versi e altri nomi appartenenti a una famiglia culturale ed amicale, di cui si sottolinea il senso della precarietà affettiva e del disagio di vivere. Lo stile della versificazione riprende frammenti di vita, con un accento autobiografico spaesato e disarmante. Lo sfondo recupera spaccati cittadini desolati. Interstizi emotivi di una generazione che ha attraversato il declino di un’epoca, segnando sulla propria pelle la traccia di un’irrisolta condizione umana. Solitudine, inquietudine e indignazione per un franare dei tempi che non si può fermare. La conversazione poetica rimane sulla soglia di un abisso indecifrabile, di cui ognuno si nomina tristemente testimone e vittima.
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