Il giardino e la sua immagine
Che il giardino sia stato posto nell’Eden come centro e fine della creazione la dice lunga sul significato reale e simbolico che gli attribuirono gli uomini, che nel deserto o nelle foreste montane, intesero in questo modo delineare strutture ed impianti di referente primario della loro civiltà. Certamente risalente al neolitico, il giardino dev’essere apparso nelle oasi sahariane come dimensione del recinto, del riparo del terreno destinato ad orto, o frutteto, o piccolo parco, come luogo di una geografia semantica molto ricca: vie, strade, coltivazioni, vigne e frutteti, con acque ramificate e percorsi labirintici, davano l’idea di quanta ingegnosità dovesse unirsi alla bellezza, al godimento estetico. In quelli proto-urbani, come nelle regge, o nelle moschee paradisiache di grande splendore o semplice rigore mistico dei silenzi conventuali, dove il giardino diventa claustrum o nel lusso delle monarchie occidentali, dove esso viene inteso come luogo di lusso e di scenario per giochi di festa e di seduzione. O nella semplicità degli orti chiusi cittadini, nelle architetture spontanee dei villaggi urbani del meridione d’Italia e in quelli sontuosamente decorati di archi e balaustre ispano-arabe. O nello sfarzo delle corti rinascimentali, o ancora come giardino scientifico quando ai botanici le corti europee chiederanno l’allestimento di esotici giardini botanici. Dunque il giardino è la prima immagine reale, il primo sito dimensionale in cui l’occhio umano può contemplare la bellezza della località ma è anche il primo spazio scenografico in cui la storia umana può assumere la natura di narrazione metaforica, il primo scenario reale in cui il giardino diventa il dispositivo architettonico assonometrico che separa il mondo della foresta e il mondo dell’abitato. Ma cosa è che rende il giardino, esteticamente, un luogo di meraviglie? La sua dimensionalità particolare che lo distingue dalla foresta e dall’abitato. I confini architettonici e geografici che il giardino delinea è lungo i tratti delle bordure, delle siepi e delle connessione tra orto, giardino diffuso e lo spazio adattativo per eventuali animali domestici in cui l’occhio vede il paesaggio entro il confine di un disegno, di una approssimazione che non ha un centro assoluto, ma una dimensione a n parametri liberi. Questa libertà nella conclusione del confine è chiara sin dentro il suo significato di paradiso, di luogo periferico e recintato da mura o non, che indica il perimetro in cui l’umano designa un tratto specifico dei suoi caratteri, dei suoi simboli, delle sue scritture, il boundary language, così astruso nella metafora ma così concreto nel disegno e nelle tracce che i materiali viventi o fossili delineano come spazio della finzione scenografica e come spazio matematico. L’albero è legato alla terra come i rami e le foglie, come le piume del pavone al suo mantello sfarzoso, nell’ondeggiare simmetrico del passo. Il giardino è esso stesso una scrittura, un disegno, un codice, una località quadridimensionale, che può estendere la geografia lungo il dosso di una collina o fin dentro un bosco. Un giardino articolare, modulare in cui questa dimensionalità locale diventa arte, semiofisica ed epistemologia semantica dichiarata, è notoriamente il giardino Zen. In cui la cultura, le culture arboricole, i sentieri, le bordure, il disegno e il simbolismo afferiscono esattamente al concetto di campo epistemico di esperienza, campo di esperienza fenomenica, campo di esperienza dharmico. Afferiscono in modo sinuoso alla bellezza dell’Iki. Nel giardino l’occhio-visione non può prescindere dall’articolazione della semiofisica, dal dispositivo del paesaggio e dai sentieri come dalle tracce. Fino diventare nel Pardes ebraico e musulmano esperienza della dimensionalità a n parametri, a n dimensioni, ma sopratutto luogo, località, dimensione di una ri-flessione oculare, visiva e sensoriale che spinge ad una lettura del giardino stesso nella sua dimensione iconica ed allegorica, fino a spingere il viandante del giardino alla sosta nella lettura ascensionale, ascetica, delle sue metafore stilistiche. Una vera e propria lettura quadridimensionale delle metafore ed analogie delle fisica semiotica. Come nella Cabalah e nella mistica araba, che diventa interpretazione del Testo sacro, la Bibbia e il Corano. La scrittura coranica ed ebraica diventano nella madrasse e nelle scuole del midrash, luogo di investigazioni in una foresta di simboli e sintassi. Possibilmente anche la scrittura protosinaitica e protoarabica, (semitico-fenicia) ha questo andamento modulare e metaforico di eco-villaggio e giardino, di paradeiza, di un intorno cioè speculativo. Essa infatti lingua semitica è esattamente un labirinto di sensi, di morfosintassi e significati che si delineano secondo una geografia ad n dimensioni. In un rigore più semplice,essenziale è invece, lo spazio costruito intorno al claustrum, come nell’esclusivo retaggio simbolico cui verrà affidato il claustrum monacense cristiano che riprende nella sua essenza gli orti autodefiniti dei monasteri orientali proto cristiani. I monasteri basiliani in Calabria sono di quanto di meglio ci sia per comprenderne lo stile ‘economico’, autoconservativo e scevro. Accanto al monastero basiliano spesso per contromisura dell’eccesso, scorre un fiume che ne fa una nicchia ecologica privilegiata al transito di pastori erranti, moltiplicando all’esterno il confine di qualità ulteriore del segno biosemantico,della biosemiosfera. Il disegno nel giardino dunque è perfettamente un’ immagine di una somiglianza. Per inclusione dunque tutti i parametri corrispondono alla dimensionalità retorica, geometrica e spaziale dei quadri di Enscher e delle volute barocche, o del disegno delle architettura traforate ispano-arabe come nell’Alhambra. I segni poi e gli elementi dell’acqua, della terra,del fuoco(il sole),ne fanno un’allegoria empedoclea, presocratica, primordiale, alchemica. Sono dunque mappe e codici, natura ed artificio, insieme natura naturans e natura naturata, simbolo e rifrazione della luce nell’ombra. Suono del fruscio e suono dello scorrimento tranquillo delle acque e delle fontane, gli alberi e l’orto sono dentro il contesto del parametro così fissato in una dimensione delle n dimensioni del mondo. Il giardino è anche il luogo dell’ombra e del riflesso,luogo in cui si immagina la densità dello spazio-tempo, luogo nel quale si immagina il limite e il suo trapasso. L’essere delle cose è contemporaneamente la loro manifestazione, la parola e il suo significato.Nel giardino si vede bene la connessione tra astratto e concreto, tra spazio illusorio e spazio geografico reale, perché lì il disegno letteralmente si muove in una topologia del concreto. Ma dove la dimensionalità appare nella sua valenza transfinita, nel suo calcolo metasegnico, è nel simbolismo dello spazio sacro e in estrema sintesi nelle sue icone. L’iconografia coma sapevano bene Warburg e Panofsky, è un indice molto evidente di ciò che definiamo prospettiva simbolica nella rappresentazione estetica. E non è un caso che la sua evidenza sia in nello spazio simbolico della trascendenza, della apparizione pura del fenomeno, come nella rappresentazione non di uno spazio vuoto, ma di uno spazio denso di segni. Nell’iconografia cristiana, resa possibile dalla visibilità della narrazione della vita del Cristo e dei Santi, c’è tutta la volontà umana, barbarica e cristiana, bizantina e poi gotica di esplorare l’universo iperbolico del transfinito. Come nella fantascientifica cappella Palatina di Palermo le cui icone come quelle della scrittura ascetica veneto-bizantina a Torcello, delineata come spazio architettonico e figurativo, sono messe in rilievo quasi denotate, circondate da un disegno costruttivo unico ed irripetibile nelle strutture della Cappella e del Duomo. Qui lo sguardo-visione, l’ aperḉu, è tutto dentro la struttura volumetrica, che volge le volute in uno spazio definito da Pierre Lévy, cibernetico, creativo rotante intorno ad un asse che fa da guida in uno spazio di accrescimento che passa anschauung alla weltanschauung. Questo tipo della evoluzione volumetrica dello spazio è evidente nella ipervoluta di G.B.Tiepolo nei dipinti di Udine( e in particolare nella Caduta degli angeli ribelli, Udine, nel Palazzo Patriarcale , dove la zoomata pre-cinematrografica diventa un vorticecontrovortice di rara potenza descrittiva) e nei dipinti per la Residenza del principe vescovo di Wurzburg dove la narrazione obiettivamente e definitivamente appartiene già alla coniugazione del rapporto binario finito/transfinito e del trasnumerale. Matematicamente questa operazione sarà definita solo più tardi nella diagonale di Cantor e della teoria degli Insiemi, aspetto non secondario dell’assestamento matematico in topologia. Per capire di cosa parliamo basta osservare questa dimensionalità di volumi e spazi interconessi con rigore dei piani paralleli di visione nella stupefacente Apparizione dell'angelo a Sara, sempre a Udine nel Palazzo Patriarcale e sempre di G.B.Tiepolo, lo spazio estetico del quale prelude magnificamente allo spazio topologico assoluto di De Chirico e ancor più di Marx Ernst o di Salvador Dalì. Lo spazio scenico rinascimentale italiano coniugherà in modo quasi perfetto questo doppio aspetto della dimensionalità, rendendolo quadridimensionale: l’abitato cittadino, il luogo principesco o la cappella votiva, la foresta e poi il giardino, come luogo del non selvatico in cui il disegno e le bordure diventano luogo di gioco e di incontro, quasi labirinto iniziatico ad una forma di eros, luogo di sottili allusioni e regale piacere.
Bibliografia essenziale:
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Spiritual Gems: The Mystical Qur’an Commentary ascribed to Ja’far al-Sadiq as contained in Sulami’s Haqa’iq al-Tafsir.Fons vitae.
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D.Demetrio.Di che giardino sei?Meltemi
Locher, J. L., The World of M. C. Escher, Abrams Books
G.M.Cardona.La foresta di piume. Manuale di etnolinguistica.Laterza
C.Ginzburg. Miti emblemi spie. Morfologia e storia, Einaudi
C.Ginzburg.Da A. Warburg a E.H. Gombrich.Einaudi
C.De Seta. Storia d'Italia. Annali 5. Il paesaggio.Einaudi
C.De Seta. Tra oriente e occidente. Città e iconografia dal XV al XIX secolo. Electa Napoli
Raffaella Farioli Campanati.La cultura artistica nelle regioni bizantine d’Italia dal VI al XI secolo.In ‘I Bizantini in Italia’.Utet
Claudio Lo Jacono, Storia del mondo musulmano (VII-XVI secolo), Torino, Einaudi
A. Pallucchini, L'opera completa di Giambattista Tiepolo, Milano
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