Il mito di Inanna
Tutta la terra è solo un simbolo;
ciò che non basta mai
viene qui conosciuto;
tutto il passato è
sofferenza d’amore
l’Eterno femminino
ci attira verso l’alto.
J.W. von Goethe, Faust
Nascere non basta.
È per rinascere che siamo nati.
Ogni giorno.
P. Neruda
Un mito sumero racconta la storia di Inanna, la dea della fertilità e dell’abbondanza e la divinità più importante del tempo. Ella decise di recarsi negli inferi per visitare sua sorella Ereshkigal, la dea degli inferi. Ella passò attraverso 7 cancelli per raggiungere gli inferi, ma dovette togliersi un abbigliamento o un gioiello a ogni cancello, per la necessità di lasciare andare la sua vecchia identità. Alla fine quando raggiunse gli Inferi, sua sorella decise di ucciderla. Emissari dalla Terra giungono per salvare Inanna e resuscitarla. Inanna risorge e torna sulla Terra, così come Venere riappare in cielo come stella mattutina. Da un punto di vista astronomico, infatti, questa è la fase in cui Venere è congiunta al Sole e inizia il nuovo ciclo. Per i Sumeri la scomparsa di Venere sotto l’orizzonte significava che Venere andava negli Inferi. Il mito di Inanna rappresenta la storia di Venere che “cambia forma” da Stella della sera a Stella del mattino.
Anche nella nostra vita psichica, per ricominciare, una parte di noi deve morire; Ereshkigal, la dea degli inferi non è altro che il nostro lato oscuro, che dobbiamo imparare a integrare. Inanna si reca nel luogo in cui è necessario sperimentare l’altra faccia di se stessa, non solo quella buona e fertile, ma quel doppio perturbante che costringe ogni donna a fare i conti con la propria rabbia, l’abbandono e la delusione. Quella parte che costringe a sperimentare i propri istinti distruttivi, le parti difficili legate all’identità della donna che da sempre la cultura scinde e relega nell’inconscio.
Se confrontiamo il viaggio dell’eroe di Joseph Campbell con il viaggio dell’eroina Inanna, notiamo alcune somiglianze. Il ciclo di Venere riguarda anche una discesa negli Inferi seguita da un ritorno, ma a differenza dell’eroe, Inanna non si avventura allo scoperto. Inanna, la regina del cielo e della terra, ed Ereshkigal, la regina dell’oscuro mondo sotterraneo, comprendono i due aspetti della psiche femminile. Qui il viaggio di ritorno non si combatte all’esterno, ma all’interno di se stessi. Non c’è nessun drago da uccidere, è la nostra stessa ombra che dobbiamo integrare, è il nostro lato oscuro a cui dobbiamo mostrare compassione. Sono i nostri sentimenti e desideri inespressi che dobbiamo onorare. Un Viaggio quindi all’interno di sé e del proprio cuore. Inanna ha trascorso 40 giorni nel suo viaggio negli inferi e ritorno. Gesù trascorse 40 giorni nel deserto per superare i suoi dubbi. Buddha digiunò e meditò per 40 giorni prima di raggiungere il Samadhi. Tutti questi viaggi hanno in comune il percorso di riflessione e introspezione che tutti noi siamo chiamati a seguire, se non vogliamo restare vittime degli eventi negativi e complessi che abitano le nostre vite.
Non basta nascere una volta sola, la vita infatti, ha bisogno di un continuo trasformarsi, la vita umana è mancante di definitività, ha una nascita incompleta ed è perciò chiamata ad un nascere interminabile, reso possibile dal tempo che ci è dato. L’incompletezza implica anche la novità che ognuno di noi può essere come l’erba che lacera l’oscurità, ognuno di noi infatti, entra nel mondo ferendolo perché lo apre ad una nuova storia, a un futuro imprevedibile e questa ferita vitale attraverso cui si fa strada la luce, si allarga ad ogni nostro nuovo inizio.
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