Il mondo è un posto assurdo. Lo stupore e l’ironia nei libri di Enrico Pantani.
Oggi, nel presente digitale, guardare le storie piuttosto che leggerle è diventata una pratica quotidiana. Osserviamo il mondo scorrere in frazioni di 15 secondi nelle storie di Instagram e Facebook, tuffandoci in un’iperrealtà spesso soltanto simulata e nell’istantaneità delle narrazioni digitali. Appena fuori dallo schermo, le parole, le immagini e l’immaginazione danno forma ad altre storie. È ciò che accade nel lavoro dell’artista Enrico Pantani (Volterra, 1975), che approda alla pittura, al disegno e all’illustrazione dopo aver svolto studi classici e letterari. Nella sua pratica artistica hanno un ruolo fondamentale gli appunti, i quaderni, i libri – Pantani, tra l’altro, lavora come bibliotecario. Dalle sue annotazioni e da rapidissime suggestioni spesso nascono racconti che si trasformano in disegni e dipinti e tutto, a sua volta, può trasformarsi in curiosi libri in copia unica. Quelle di Pantani sono brevi storie di questo e qualche altro mondo, squarci scanzonati e bizzarri del quotidiano o ancora fantasticherie che l’artista riproduce con toni ludici, stupiti, ironici.
Si dice che lo sguardo stupito e meravigliato sul mondo sia proprio dei bambini, per i quali ogni cosa è sempre una scoperta. Aristotele aveva posto la meraviglia all’origine della filosofia, accogliendo in pieno il significato originario della parola greca thauma che, nell’indicare una reazione dell’animo a qualcosa di nuovo e inatteso, include le sfumature più angoscianti del trovarsi davanti a un mondo che, in fondo, non conosceremo mai davvero. Una meraviglia a tratti “bipolare” caratterizza anche le immagini raccontate – o i racconti immaginati? – di Pantani, specie quando si diverte a ribaltare o a deridere il senso e il significato delle cose. E il mondo diventa un palcoscenico dove si recitano le assurdità, e le parole un pretesto per affermazioni inattese, come un fulmen in clausula, una battuta spiazzante.
Di libri Pantani ne ha realizzati tanti e di diversi formati: sono tutti datati, con la rilegatura a volte cucita a mano e vedono l’utilizzo di diversi tipi di carta nell’ambito di una sperimentazione e una passione personale per il supporto cartaceo. Il contenuto di ogni libro è inaspettato e imprevedibile, le microstorie sono raccontate alternando la scrittura a mano e il disegno, o lasciando soltanto all’immagine la funzione narrativa.
Sono partito dal basso vestito di tutto garbo ho raggiunto il punto più alto una volta in vetta ho capito che nella vita sono meno di niente. Ma il vero casino è che ho come la sensazione di essere immortale.
Il libro in copia unica intitolato Vetta racconta in poche parole e tutto d’un fiato la salita sulla cima di un monte, che si conclude con la personale epifania di un senso di nullità scherzosamente contrapposto ad una sensazione megalomane e beffarda di immortalità. Tre dipinti ad acquerello intervallano i due diversi momenti, illustrando la veduta del monte, il momento della salita e il raggiungimento della vetta con i colori surreali che caratterizzano la pittura dell’artista: nel paesaggio invaso dalle cromie del rosa, un omino minuscolo ascende al suo monte e non succede altro.
Particolarmente interessante è il libro 3 morti violente in 3 spazi immaginari, che ben esemplifica i tratti distopici e surreali dell’opera di Pantani, smascherando il lato più oscuro dello stupore di cui si accennava in precedenza, quello che disarma l’uomo davanti all’incomprensibilità del reale. Nella parte che corrisponde alla prima di copertina l’artista ci informa persino sulla data e l’ora di realizzazione: dipinto e assemblato il 16 gennaio 2021 dalle ore 14 e 15 alle ore 16 e 33. L’artista ci tiene inoltre a precisare: «l’ho fatto io in un momento che non ero io». Il testo funziona come una specie di sceneggiatura che guida alla lettura dell’immagine. Tutto accade all’interno di visioni allucinate, frutto di «uno stato mentale compromesso» per i più disparati motivi, come scrive Pantani: il sogno, l’assunzione di droga, la povertà, l’isolamento sociale, il futuro. Ed è in un futuro impossibile, nell’anno 2109, che le scene del crimine sono ambientate. Il primo uomo è ucciso perché in possesso dei codici della macchina del sole, un meccanismo di regolazione della percezione; il secondo uomo viene ucciso perché ha tradito la macchina del sole spiando il futuro; il terzo uomo è ucciso perché, sempre a causa della macchina del sole, ha scoperto la verità, quale che essa sia. Gli spazi immaginari entro cui si svolge l’azione sono terre desertiche dai colori deliranti e violenti, dove toni estremamente accesi contrastano toni scurissimi. Su una lunga lingua di strada che attraversa lo spazio, si compie l’enigmatico destino di un uomo solitario.
Fedele al suo mondo visionario, in questo libro Pantani trasforma la sua stessa biografia in una vicenda fantastica: dice di esser nato 134 anni fa in una città etrusca tra Hannover e Tripoli, distrutta nel 2022 a causa della guerra successiva alla pandemia Covid-19, e di essersi poi rifugiato nel deserto fin quando, nel 2037, ha potuto beneficiare del “succo dell’eternità complessa”. Da allora è stato condannato a disegnare per sempre. Scrivo di questi spazi immaginari, e mi tornano in mente i versi di una poesia di Mario Benedetti:
E il succo nella bocca della tua eternità
dove il mondo è stato unico e minuscolo1.
1 Mario Benedetti, Le mani sulla mela, sole con il verde, da Sassi, posti di erbe, resti in Umana Gloria, Mondadori, Milano, 2004.
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