Il rumore della tragedia
Il dieci maggio del duemilaventidue alle 10,05 del mattino l’avvocato Carlotta Assennato era a casa, in via delle Quartare, 12, nella stanza adibita a suo studio professionale e lavorava al pc. Impostava la struttura di un ricorso contro il condominio Salvemini in persona dell’amministratore avv. Giulio Cassola, Un milanese emigrato che aveva sposato una ricca siciliana, aveva pensato bene di trasferirsi, vivere di rendita, fare finta di lavorare. Un antipatico con la puzza sotto il naso. Carlotta agiva per conto della signora Luciana Frangipane, con un certo gusto di dare filo da torcere al collega. Una causa per infiltrazione e crolli d’intonaco con conseguenti danni da risarcire.
Ogni tanto sollevando lo sguardo si godeva il suo studio. Quattro per quattro metri di eleganza, scrivania importante con gambe scolpite, sedie comode girevoli in pelle tabacco, libreria in legno stile veneziano ereditata dal padre. La cosa bella del suo studio non era però tanto l’arredo ma la location. Aveva comprato l’appartamento proprio perché il palazzo nel quale era inserito, di appena due piani, era immerso in un giardino ben curato. La posizione isolata dalle zone commerciali e trafficate della città le riservavano un beato silenzio, un’augusta concentrazione e la benedizione della natura verdeggiante. Carlotta era applicata allo scrittoietto addossato alla finestra, sul quale appoggiava il portatile di servizio quando doveva scrivere a lungo, sollevando gli occhi li riposava sul verde degli alberi e ascoltava il cinguettio degli uccellini in giardino. Aveva ricevuto dalla nonna materna il dono di apprezzare il bello, la natura e un’aura da sensitiva.
Quella mattina però la sua pace lavorativa subì un trauma indimenticabile. Alle 10,06 dalla palestra antistante da poco aperta, oltre il giardino condominiale, a distanza approssimativa 45 metri, si levò un fracasso musicale terrificante. Se musicale si poteva chiamare un rumoreggiare simile. I toni bassi erano così sprofondati che il subwoofer, doveva avere qualche trucco diabolico per esasperare il risultato. Dapprima Carlotta si limitò a chiudere le imposte della finestra, ma qualcosa in quel suono era malefico, sembrava penetrare attraversando i vetri, anzi li faceva decisamente vibrare, come quando in strada passavano mezzi pesanti di quintali e quintali, con la differenza che i mezzi passavano, questo rumore permaneva, soffocante, pervadente.
Le onde sonore si propagano - pensò Carlotta - devo frapporre ostacoli, isolare. Abbassò le persiane dello studio, ci fu un leggero miglioramento. Realizzò poi che il suono era diffuso e proveniva da tutte le stanze della casa, le girava attorno, l’assaliva. Decise di barricarsi. Chiuse tutte le imposte, abbassò tutte le persiane e la situazione migliorò ulteriormente, ma era sempre troppo poco, la persistenza del tum tum tum sembrava propagarsi al corpo e in particolare rimbombava nella gabbia toracica, disturbando il ritmo col quale batteva il cuore.
Intanto s’erano fatte le 10,34. Prese il telefono e chiamò la sua vicina di casa “Stefania, ciao, ma lo stai sentendo questo terribile rumore che viene dalla palestra?” con la sua vocina tremante ed esile, tanto quanto il suo corpo, Stefania rispose. “Mi spiace Carlotta, non sono a casa, non so che dirti, torno tra un’oretta”. Non trovando conforto, Carlotta sentiva la sua pazienza scemare, la salutò “Non posso reggere questa situazione a lungo, devo fare qualcosa, ci sentiamo quando torni, a presto”.
Carlotta era agitata, esasperata di non poter proseguire il suo lavoro, impotente a interrompere la turbativa. Aveva il dubbio di un’ipersensibilità che la portava a percepire come esagerato qualcosa che altri sentivano nei limiti accettabili, ma d’altra parte a chi poteva chiedere? La vicina dell’appartamento contiguo dal lato opposto era anziana e sorda e anche sgarbata, quella del piano superiore non le aveva risposto al telefono, nonostante l’avesse chiamata. Era convinta di dover intervenire nel timore che i gestori della palestra intendessero proseguire anche in futuro l’insensata routine di workout a suon di musica sparata al massimo. Intanto s’erano fatte le 10,40. Si rese conto a quel punto che sembrava tremare persino la struttura dell’edificio, e questo le diede l’idea di chiamare in causa qualcuno a darle man forte.
Tornò al pc, cercando di restare lucida, resistendo al nervosismo propagato dalla musica alle sue membra e cervello, si procurò in web l’indirizzo e mail della palestra e quello dell’amministratrice del palazzo dove abitava. E scrisse. Non per niente faceva l’avvocato.
A: incorporesano@libero.it
c/c luigiaarcieri@gmail.com
Oggetto: segnalazione e diffida - disturbo quiete pubblica
Buongiorno, volevo segnalare che il volume della musica delle attività della vostra palestra svolte in data 10.5.2022 ore 10 -11 circa è eccessivo al punto che vibrano finestre e struttura edilizia del palazzo dove abito che è il più vicino a voi in via delle Quartare, Ciò oltre a disturbare l'udito di chiunque è - ritengo - dannoso per il fisico di persone fragili nelle vicinanze, per non dire degli animali domestici.
Cortesemente provvedete immediatamente e per il futuro a contenerlo a limiti sopportabili, dovendo altrimenti assumere iniziative più appropriate a propria tutela.
La presente è inviata anche all’Amministratrice del Condomino “Giardini” per conoscenza ed iniziative opportune a protezione dell’integrità dell’edificio.
Saluti.
Aveva appena finito di scrivere che il rumore cessò. Erano le 10,59. La mail non era stata spedita. Carlotta rimase ferma, sollevata e un po' stordita, come all’uscita da una discoteca. Il silenzio che seguiva il rimbombare assurdo di poco prima, aveva un sentore strano, come di tragedia appena avvenuta o imminente.
Alle 11,05 Carlotta sentì sopraggiungere un’ambulanza a sirene spiegate.
Si seppe poi che un abbonato alla palestra, un tipo fragile che in giro si diceva fosse l’amante segreto di Giulio Cassola, s’era sentito male, forse un tentato suicidio, era stato trasportato d’urgenza ma inutilmente in ospedale.
Il messaggio e mail restò non spedito. Nessuno in zona ebbe a lamentarsi di nulla. Carlotta non sentì mai più quel frastuono. Ne concluse che quel 10 maggio del duemilaventidue, tra le dieci e le undici del mattino, alle sue orecchie fosse giunto il rumore della tragedia.
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