Cinque inediti di Lorenzo Pataro
Paolo Menduni, Napoli è

Cinque inediti di Lorenzo Pataro

diElio Scarciglia

Vedi, è tornato il primo freddo 

a levigarci - la vinaccia nel tino si fa d'oro.

Nulla. Poi qualcosa che si muove

sotto tutte le macerie della casa.

Tutti i fossili ti ascoltano cantare

e riparano le braci dalla neve.

Ottobre vento antico di uragano.

Qualcosa di prezioso ci raccoglie

ci fa semina e tempesta. Spoliazione.

Vieni, dormiamo nel tepore tra le martore

in veglia nella notte per la caccia. Ci porta

verso tutti i malangeli perduti nella nebbia

quest'allerta che fa i luoghi argilla e fuoco.



*

Penso ai morti del paese a cui non pensa

più nessuno. Gli ingrigiti fiori finti, i fiori secchi,

il gelo che fa tana nelle tombe scoperchiate.

Quanto resta. Cosa resta in una foto

di tutto il mappamondo di un umano.

Una scritta, una data, qualche oggetto.

Cosa resta. Penso a tutti i trapassati

che non lasciano una scia. Benedico

i loro nomi, percepisco il loro sonno

come un ago, la mia notte

nella cruna della loro.


*

(a Giovanna Sicari) 

I

 

La fatica dello stare, l'arsura. Qualcosa

accade al di sopra dei fatti e affama

le ore, amore non so, non voglio sapere

se dal ponte si vede la strage, se il martire

ha chiuso la nicchia e ha deposto le armi,

dal ferro il fuoco riceve la sete, si fonde

qualcosa nel male e scompare pietoso

il tuo dire nella strada a cercare una meta,

intanto nascosta nel covo una liquida

smania acceca la statua riemersa -

benedetto nei secoli Signore il tuo nome.

  

II

 

L'impeto dopo la cura, il sale che offre

ristoro sul drappo scucito.

È un settembre l'andare oltre la piena,

avere in sorte la fame come un danno

che non vuole né perdono né resa.

La lava sui piedi, la santa che bisbiglia

oscuri presagi, l'agnello che geme, il bene

covato, il digiuno dei tarli dopo la strage,

il bronzeo armistizio, il tenero ghiaccio.

Poter dire che è questa la fine

poterla salvare dal mondo dall'acceso

virgulto sulle braci che cantano in coro.


  

III

 

Il sudore del limbo, lo stare in allerta

per il rogo che giunge insperato,

antico sui santi che offrirono tregua

scampo alla vampa. L'animale credeva

che il miracolo fosse accaduto, che al centro

del bosco l'altare si fosse acquietato.

Invece accadeva senza rimedio

accadeva che fosse vigilia di un mondo

a venire la foglia venata, la terra spaccata

di arterie, la semina-ocra, il passaggio

dei corvi la sera, il grano che mai sarà pane.




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