Gli incontri - Intervista a Italo Moscati
Italo Moscati, una vita molto piena di attività legate a: cinema, televisione, teatro, arte, tanti i libri, che a questo punto hanno formato una vera e propria “biblioteca”. Autore, sceneggiatore, regista, docente, uomo di spettacolo a tutto tondo, ironico, divertente, pronto e attento con la battuta sempre pronta, arguta e spiritosa. E una risata tutta sua, che risuona e riporta ai tanti momenti di lavoro in Rai, in particolare a Raidue. Un’amicizia preziosa la nostra, nasce in tempi lontani, di tanto in tanto si rinnova, anche con incontri inaspettati, in stazione Italo è pronto a donarmi il libro del momento, con la simpatia che ha sempre accolto eventi e scambi che ci hanno visto insieme. Un’amicizia foriera di belle cose.
Italo, come nasce il personaggio Moscati?
“Il personaggio Moscati” bella domanda, non mi sono mai sentito un “personaggio”. Mi sono sentito e mi sento un cacciatore di “dote” ovvero la speranza di capire e di acquisire cercando risorse intorno a me, conoscenze, esperienze, sorprese. Sono stato preso giovanissimo dal giornalismo per fare esperienze lavorando, ascoltando, discutendo, non amavo la specializzazione ma la curiosità variopinta di sapere e di imparare, sentivo il bisogno di conoscere per conoscermi meglio. Bellissime le esperienze fatte tra scuola, amicizie, letteratura, cinema, teatro, sport… cercavo il tempo per tutto e lo trovavo. Mi piaceva sapere e ripetere il meglio degli ambienti che frequentavo, senza eccezioni. Mi mescolato alla curiosità e all’attenzione, reagivo per capire meglio. Ci sarò riuscito? Lo spero…
La mia avventura nel lavoro di scrittore e regista nasce dalla scelta di essere un ascoltatore e un visionario (parola scritta con ironia), contenuti e prospettive diverse; una porta continua che si apre e si chiude sulla voglia di capire e raccontare). All’inizio, ho amato il cinema e il teatro quando da ragazzo vivevo a Milano e amavo quella città; poi con i miei genitori e fratelli ci siamo trasferiti a Bologna negli ultimi, pesanti bombardamenti. Anni di fuoco sono volati via come un film. Gli occhi servivano meno (i cinema erano in genere chiusi come i teatri). La situazione viveva sul filo della paura e della speranza nella fine delle bombe. Lo “spettacolo” era comunque forte. La guerra fascista coinvolgeva tutto, emanava morte, i nostri piccoli occhi si dilatavano con la paura e a noi ragazzi sembrava un gioco doloroso. Mio padre individuato dagli ultimi fascisti in giro tra vendette e a caccia di soldati reduci dalla guerra, e mia madre. Erano bagliori e sirene tragiche, a volte sembrava un gioco. Giorni neri, indimenticabili, e oltre: avevo la voglia di vivere e ci riuscivo, era irresistibile la paura che non era finta ma la addomesticavamo da ragazzi, sogni con immagini tra minacce e fame, che non mollavano la presa. I ricordi mi sono serviti molto. Mi piaceva scrivere e, in un tema nella scuola media riaperta, scrissi una storia inventata su un albero spogliato di foglie e rami, qualcosa che avevo avuto occasione di vedere per caso…La professoressa lesse il mio testo in classe e i compagni la udirono…L’effetto di quella esperienza rimase, imparai a cercare e a ispirarmi a piccoli o grandi suggerimenti di scrittura, sempre in situazioni allarmate e paradossali…Ovvero la realtà che mi aggrediva, affascinandomi…senza fine…Inseguire i fatti, fatti di ogni tipo, contrassegnati tra violenza e voglia di vivere…giorni vivi e giorni affogati nel dolore…storie per i libri e per le tragedie, cominciai a fare scelte fra dolore e aspettative…ispirazioni articolate come dimostrano gli sceneggiati che ho scritto quando mi trasferii a Roma per lavorare fra cinema e teatro: “I Cannibali”, “Portiere di notte”, “Milarepa” e altri, con Liliana Cavani, un’amica, una regista straordinaria.
Qual è l’argomento che senti più vicino a te? Quale di quelli che abbiamo elencato senti più tuo?
La mia attività di autore aumentava con il cinema e soprattutto con la Rai: vi ho lavorato a lungo non solo come autore ma anche con molte esperienze in vari indirizzi della televisione d’autore, soprattutto mia, ad esempio “Concerto Italiano”, sulla storia del nostro Paese; “Via Veneto Set” (sulla “Dolce Vita” di Fellini) su “Cinema, italiano e attrazione mondiale".
Parlaci del tuo ultimo libro, Gigi Proietti, un artista a tutto tondo, un uomo amato. Svelaci qualche aneddoto, un episodio sfuggito al grande pubblico.
Sono arrivato a Proietti dopo un lungo percorso. Seguivo e scrivevo la letteratura, il cinema e il teatro per curiosità e interesse. Cercavo le novità, lo stile, le capacità…Cercavo le avanguardie nelle scritture e le forme delle proposte in un intreccio fra il passato e il futuro…Proietti è arrivato presto, a Roma, aveva un talento dilagante, lo scoprii che cercava tutto, voleva fare qualsiasi opera e copione, cercò e divenne amico di Carmelo Bene che era diverso da lui. Carmelo era un protagonista assoluto. Fecero un solo spettacolo insieme e se si separarono restarono amici. Litigarono in un teatro romano proponendo un copione “La cena delle beffe” che era elegante e violento, comico e tragico. Facevano a gara per “incassare” gli applausi del pubblico. Ma non tentarono più altre esperienze insieme. Ognuno fece per sé, si evitavano. E forse fu un peccato…Mi dedicai a condividerli separati. Era meglio. A ognuno la “loro” presentazione e recita.
Ora, oltre alle presentazioni, che immagino starai organizzando, cosa frulla in quella testa in continua ebollizione? Di Raidue ricordo un titolo, il programma era "Stelle in fiamme". E’ il ricordo di un’epoca improntata sulla voglia di superare dolore e problemi, per portare all’attenzione programmi di qualità, nei quali ancora oggi le persone si ritrovano. Ce ne parli?
Citi un titolo che mi è caro. Il mondo del cinema articolato in storie in cui comparivano storie fra America e il nostro cinema, il cinema europeo. “Stelle in fiamme” fu un’opera con la quale completavo il mio passaggio dalla scrittura, libri e sceneggiatura al cinema. Avevo fatto varie esperienze di cinema con Liliana Cavani. Mi sentivo pronto: provare con passione memorie che ci univano. Il cinema dilagante che aveva conquistato le tv. Legavo le esperienze fatte e da fare con una situazione che cambiava velocemente. Ma sapevo come altri che si stava vivendo un epoca in cui i “racconti”, tutti i racconti, dalla letteratura al teatro e alle “immagini” stavano preparando un altro tempo. Ci siamo in pieno...
Come vedi questo nostro tempo e come lo interpreti?
C’è qualcosa che è accaduto e sta continuando ad accadere: il teatro e il cinema sono dentro un ciclone che allontanandosi alla loro tradizione, alla loro storia…Sono ancora capaci di esistere ma la situazione si aggrava e prepara il suo futuro. Si prepara un’abitudine televisiva, alle serie, alle storia senza fine. Le produzioni cambiano e si riducono, quelle ereditate dal grande cinema del passato. I festival registrano il mutamento e ogni giorno ne vediamo gli effetti….
La pandemia ci ha allontanato da un progetto, avevamo preparato la presentazione del tuo libro su Fellini in occasione dei 100 anni dalla sua nascita. Tutto pronto, tutto annullato. Come hai vissuto il periodo che abbiamo alle spalle e che ancora stiamo vivendo? Quale segno sta lasciando?
Rispondo così: il cinema e tutto il lavoro dello spettacolo forse sta imparando che si sta muovendo qualcosa che ha sempre conosciuto: la varietà dei cambiamenti, le stagioni creative stanno cambiando, siamo andando incontro a un futuro che va capito, studiato e plasmato…
La tua vita non conosce la noia. Ci sono dei momenti in cui sgombri il campo e ti dediche a qualcosa in particolare?
Continuo a studiare, ho imparato molte cose lavorando con passione e con continuità. Continuo a pensare che non bisogna fermarsi. La vita è piena, la inseguiamo, ci viene incontro…le vado appunto incontro…domani è un altro giorno dice la protagonista di “Via col vento” Vivien Leigh…il vento della creatività non si ferma, lo porta lui il domani...
La cura della memoria è un amore che ci unisce. Come vedi questo tempo e come lo interpreti? Con le nuove tecnologie riusciremo a non disperdere materiali preziosi? Il libro salva e consegna i racconti alla storia. E il resto?
Non si vive senza memoria. Basta guardare indietro: lo spettacolo è meraviglioso e anche forte, drammatico, “inevitabile” e quindi necessario. Non si archivia nulla. L’ho capito dal lavoro e dalla storia, dai libri e dalle immagini (tutte, dall’arte al cinema e alla tv). Esiste nella società un infinito passato e un grande futuro di cui sappiamo poco o niente. I recenti “attacchi” dei virus sono non solo lo spettacolo da ieri e a domani, ci invitano a guardare la realtà con franchezza e con speranza come stiamo vedendo nel “massacro” delle cronache e delle battaglie contri i Virus…Per una personale tendenza a star fra passato, presente e soprattutto futuro indico nei miei lavori la ricerca della paura e della realtà, la speranza. Ecco la mia convinta dedizione a cercare, capire, mai giudicare con schemi o idee morte. I miei libri, i miei film…abbracciano pazienza e spregiudicatezza… La mia compagna è “la cultura”, la ricerca nella realtà, nelle idee, nelle storie, tutte le storie, strada facendo. Continuerò a cercare tra storie e analisi, sono ancora un “ragazzo”, amo le “vere” passeggiate nei mondi, nella pagine, negli schermi. Cerco il possibile e inseguo tutte le situazioni che mi seducono…
Una vita piena la tua, cosa ci sveli del privato? Apri uno spiraglio e lasciaci entrare, per condividere, qualcosa di inedito, qualcosa di curioso.
Torno a Gigi Proietti e torno a Ennio Morricone venuti dopo nelle mie ricerche. Provo della gratitudine per loro e per la lunga “scuola” e “show” che hanno saputo fare nelle loro esibizioni, nella loro arte, in comune con altri capaci di inventare e spiegare dove andare, cercare idee, esperienze fra passato e futuro…L’elenco sarebbe lungo, faccio qualche citazione ancora: il lavoro e l’affetto per Liliana Cavani, per Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini, Luigi Comencini, Luchino Visconti…e le grandi donne del cinema, dal passato al presente, della musica: tre sole citazioni di simpatia, la Magnani, Greta Garbo, Marylin Monroe...e così via. Lo spettacolo vale la scena, qualsiasi scena
che possa contare…, fra libri e immagini che insegnano i sogni…veri.
Italo Moscati, scrittore e regista, sceneggiatore. Nato a Milano, vive e lavora a Roma dal 1967. Ha collaborato con Liliana Cavani (scrivendo tra l’altro “Il portiere di notte”), Luigi Comencini, Giuliano Montaldo. Ha svolto e svolge attività di critico teatrale e cinematografico per numerosi giornali e riviste, oltre che per SatCinemaWorld e Hollywood Party. È stato capo dei Servizi sperimentali della Rai-Tv producendo i primi film di Gianni Amelio, Maurizio Ponzi, Peter Del Monte e altri, lavori di Jean Luc Godard, Glauber Rocha e Marco Ferreri; è stato anche vicedirettore di RaiEducational. Per quattro anni si è occupato come presidente del Centro d’arte contemporanea di Prato, per nove del Premio Libero Bizzarri per il documentario (per sei anni ne è stato il direttore artistico). Ha scritto dieci commedie messe in scena da Ugo Gregoretti, Piero Maccarinelli e Augusto Zucchi. Ha diretto per la tv il serial “Stelle in fiamme” e il film “Gioco perverso”, oltre a numerosi documentari e inchieste tra cui “Il castello di sabbia”, “Tornerai”, “Risvegli d’Italia”, “Passioni nere” e la Trilogia della Paura (“La guerra perfetta”, “Maschere”, “Nomadi”) dedicata alla situazione creatasi dopo l’11 settembre 2001. E’ autore di “Occhi sgranati” sull’emigrazione italiana che è stato presentato alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro e in altri festival.Ha realizzato nel 2004 dieci puntate di “I Tg della Storia” e lavora a “Adolescenti ovvero principianti assoluti” e “Viziati- Quanto ci hanno rovinato cinquant’anni di tv?”. Tra i suoi ultimi libri: “Pasolini e il teorema del sesso”, “Il cattivo Eduardo”, “1967-Tuoni prima del Maggio” , “1969- Un anno bomba”, “1970- Addio Jimi”, “2001- Un’altra Odissea”, “Le scarpe di Jack Kerouac” e “Anna Magnani”.
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