La massa critica e la materia vitale
Opera di Luciano Schifano - per gentile concessione di Lorena Fiorini

La massa critica e la materia vitale

diAlessandra Gasparini

Antony Gormley al Museo Rodin di Parigi

Il Museo Rodin

Lo splendido spazio parigino dedicato al Museo Rodin, in Rue de Varenne ,  è suddiviso in tre aree. Dall’entrata si accede all’ antica cappella, destinata alle esposizioni temporanee, come quella attuale dello scultore inglese Antony Gormley. Al di là di questa, un ampio cortile  ci separa dall’ “hôtel particulier”degli inizi del XVIII secolo, l’Hôtel Biron, dove a lungo visse e lavorò  Auguste Rodin, padre indiscusso della scultura contemporanea. Dal 1911 Rodin  occupò l’intero elegantissimo e imponente edificio.

Il museo vero e proprio  nasce nel 1916, con l’intenzione da parte dell’artista di donare le sue opere allo stato. Lo stesso cortile dà accesso al magnifico giardino, che si sviluppa nella parte retrostante dell’edificio. Lo spazio è enorme, occupato spesso da scenografici allestimenti per sfilate di moda, che vi si tengono nelle varie stagioni. Contiene inoltre numerose opere del grande scultore, tra cui spiccano il famoso “Penseur”,la figura intera del grande scrittore Balzac ( a cui Rodin dedicò molte altre opere) , il gruppo scultoreo “I borghesi di Calais” e l’imponente “Porta dell’Inferno”, d’ispirazione dantesca, a cui collaborò anche la scultrice Camille Claudel. Nello stesso cortile si collocano pure gli uomini-androidi di Gormley, non certo per sfidare l’inimitabile Auguste ma piuttosto per rendergli  umilmente, devotamente, onore. La prima figura è seduta, le altre in sequenza si alzano, l’ultima china le spalle in segno di rispetto, rivolta verso il gruppo scultoreo dei “Borghesi”.

Critical Mass

“Critical Mass”è il titolo della mostra  delle opere di Gormley che si tiene al Museo Rodin di Parigi  dal 17 ottobre 2023 e che si protrarrà sino al 3 marzo 2024. L’artista britannico da più di quarant’anni compie, attraverso le sue figure a misura umana (repliche del proprio corpo) una riflessione sul  rapporto tra il corpo umano e lo spazio, tra l’essere umano e la sua condizione esistenziale. L’opera centrale, esposta nelle sale dell’antica cappella, s’intitola “Critical Mass II” (1995), installazione formata da 60 figure maschili identiche, corpi che assumono 12 posizioni, ripetute più volte in più punti. Sono nere, di ghisa o materiali ferrosi. 

Entro, e la prima figura che incontro ha la testa rivolta verso la parete e il corpo piegato ad angolo retto, il fondoschiena quasi sfiora  chi passa per raggiungere le altre figure , sedute a terra o supine, visibili in lontananza. Mi fa sorridere, sembra al tempo stesso uno sberleffo ma anche una dichiarazione di totale sudditanza. La grande sala a cui si accede si divide in due zone: la prima ci mostra corpi accatastati, che formano un unico ammasso, su cui spiccano due gambe rivolte verso l’alto. Solo tre uomini-androidi si separano dal gruppo. Uno rannicchiato, l’altro piegato sulle ginocchia, il terzo a gambe in alto, appoggiato sulla nuca. Nella seconda stanza, più grande, gli stessi corpi di prima si presentano separatamente, variamente appesi, raggomitolati, appoggiati. Stanza delle torture?  Forse è la stessa condizione umana un atto di tortura, data e ricevuta. Non sappiamo se queste figure rappresentano uomini o simulazioni robotiche di umani. La forma è umana ma tracce meccaniche, simili a bulloni avvitati, compaiono sui corpi.

Le figure di Gormley le vidi per la prima volta al Belvedere di Firenze. All’aperto, collocati sull’erba fresca, in alto, con gli sguardi rivolti verso la città, sotto l’arsura del sole di agosto, sembravano esseri dominanti. Qui , invece,li vedo sottomessi, tristi, pensierosi, dominati, resi schiavi.



L’hôtel Biron

Il percorso prosegue,attraversato il cortile, all’interno dell’edificio centrale, un tempo laboratorio di Auguste Rodin. Conoscevo diverse opere di questo immenso scultore, ma qui mi aggiro incantata, quasi incredula, attraverso le diciotto sale, ciascuna delle quali contiene tesori d’inestimabile preziosità, che spaziano dalla giovinezza alla maturità dell’artista. Non è facile scegliere che cosa descrivere, su quali opere soffermarsi, poiché tutte meriterebbero la massima attenzione, la più ampia riflessione. Decido di privilegiare alcuni personaggi particolarmente amati da Rodin (e da me).

Camille Claudel

Una delle più grandi scultrici di ogni tempo, Camille a diciassette anni diventa assistente, e più tardi amante, di Rodin. Un rapporto complicato. Camille era bellissima, appassionata,  talentuosissima, e Rodin le affida la lavorazione delle  parti più difficili di sue opere, come le mani e i piedi. Ma, pur rimanendo per tredici anni ossessivamente legato a lei, ha un’altra donna, dal carattere molto più docile, che finirà per sposare. Camille subisce tutti i soprusi che un’epoca conformista e borghese più che mai può riservare ad una donna emancipata, che vuole essere libera, che vuole affermare la sua arte. Trascorrerà gli ultimi trent’anni (muore a 78 anni per denutrizione) in ospedale psichiatrico, dimenticata da tutti, senza più potere scolpire. A lei, alla sua arte, è dedicata la stanza 16 del museo, che contiene, tra le altre straordinarie opere, la più famosa, “La valse”, un uomo e una donna nudi intrecciati in quella che sembra una danza ma è in realtà il tentativo dei due di sottrarsi a un precipizio che sembra attenderli. Una modernità che lascia turbati.

In più sale è Rodin a rappresentare lei, il suo volto è vivo, le sue mani la affiancano oppure, staccate dal corpo, la sfiorano. Come se la giovane volesse prendere coscienza del proprio corpo per poi riprodurlo, con quelle stesse mani che hanno il dono divino di estrarre dalla terra, dalla pietra, la vita.



Dalla materia scaturisce la vita

Rodin condivide con Camille l’assoluta modernità delle creazioni artistiche. Vuole rappresentare il passaggio dalla materia alla vita. Poiché  le sue figure scaturiscono, come se sbocciassero,  da quello stesso marmo in cui erano racchiuse prima che lo scultore le scoprisse, portandole alla luce. Lo scultore rivela la vita, contenuta nella pietra. E questa vita è così reale che ti sembra in ogni istante di coglierne il respiro. Lo stesso accade per i numerosi busti e volti di Victor Hugo, che riflette pensieroso sulle sorti del suo paese e dell’umanità umiliata, vilipesa. Per le copie dei volti di Balzac, ironico, pungente, profondo, scherzoso. Per molti altri che non conosco. Il desiderio che nasce è di portare con sé queste opere, lo spirito che le anima. Una incredibile forza vitale, assertiva. La forza della pura bellezza, della pura intelligenza.


Il giardino

Nel giardino, la luminosa cupola dell’Hôtel National des Invalides sullo sfondo, “Le penseur”riflette sulla condizione umana e sulle sorti del popolo, a cui l’opera è dedicata, pensando forse di poterle cambiare, determinare.


Anche l’androide uomo di Gormley riflette, ma rinchiuso  in se stesso, sfiduciato, solo.

L’uomo meccanico attuale è triste. Mentre la vitalità tardo ottocentesca delle opere di Rodin e di Camille esplode dalla materia,esalta la forza dell’esistenza, nonostante la sua durezza. Questa durezza si può scalfire per farle assumere forme morbide, sensibili, espressive.



Il bacio

La stessa forza  è racchiusa in un bacio appassionato di eterni amanti, nell’opera più famosa di Auguste. Lui la avvolge e lei si abbandona, lui è più definito ma il volto di lei è ancora pietra solo scalfita, scaturita dal blocco di materia che li sottende. Eppure quella pietra, in parte ancora non lavorata, contiene tutta la forza e il sangue della passione. Non è certo un bacio neoclassico, ed è molto più che romantico: sensuale, potente, disperato, decadente.



Di nuovo Gormley

Davvero interessanti i numerosi disegni di Gormley, che sfilano nella bacheca di un lungo corridoio, pagine del suo taccuino di progetti.  All’interno del museo, opere metalliche più tendenti all’astrazione dell’artista britannico compaiono, inaspettate, tra le forme e figure dello scultore francese. Vogliono farci considerare l’evoluzione della nostra storia, artistica e umana, storia dello spazio che occupiamo sulla terra. Della nostra forza, come della nostra debolezza, vulnerabilità. 


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