La nave di Ulisse. Luoghi, nomi e antropogenesi dei Campi Flegrei e della Campania antica.
Elio Scarciglia, Vetrate di Castello Pales, Romania

La nave di Ulisse. Luoghi, nomi e antropogenesi dei Campi Flegrei e della Campania antica.

diVincenzo Crosio

Durante una conferenza sulla preistoria e sulla protostoria dei Campi flegrei e della Campania antica, alcuni amici e dotti eruditi, studiosi delle protostoria dell’antico Mediterraneo mi chiesero di chiarire alcuni punti che spesso vengono sorvolati dagli studiosi locali e non, dagli studiosi in genere dei Campi Flegrei come la collocazione della citazione omerica circa i Cimmeri in ambito flegreo o l’antico etimo di Bacoli o l’esatto etimo di Lucrino ed altro, nella più generale tradizione dei culti infernali che addebita ai Campi flegrei, come si sa, un luogo privilegiato dalla tradizione e dal mito. Mi chiesero di approfondire , se possibile, questi aspetti che per forza di cose s’inoltrano in un periodo della civiltà della Campania e dei Campi flegrei che sono preistorici e protostorici, quindi all’alba della civiltà urbana e proto urbana in Campania, con scarse notizie o notizie che vanno verificate alla luce di studi che grazie a Dio non mancano, soprattutto dagli anni ’80 in poi.
Dunque anche questa mia nota, questo appunto di studio, va preso come tutte le ricerche dell’area con estrema ipotesi di probabilità, addentrandoci, ripeto, spesso in elementi molti esigui dell’antropogenesi della Campania e dei Campi flegrei in particolare, elementi storici e antropologici che comunque sono sufficienti a dare un quadro generale della situazione della Campania e dei Campi flegrei intorno all’anno mille a.C. Più oltre indietro nel tempo bisogna accontentarsi di ipotesi leggendarie o residuo di memoria antica spesso non riscontrabile ulteriormente, ma che aiutano a ricostruire lo sfondo, lo scenario come ricordo leggendario, delle vicende storiche che altrimenti non avrebbero senso se non lineare, se non per approssimazione di senso. Come metodo, con tutte le cautele del caso, secondo recenti dettami delle scienze archeologiche e in generale delle scienze delle antichità, tutti i dati a disposizione vanno vagliati secondo schemi di attendibilità di retrodatazione dei fenomeni. L’epistemologia semantica poi ci insegna che ogni lascito dell’immaginario antico va valutato come ipotesi corollaria o di accompagnamento nella ricostruzione fenomenologica dei dati. Scrive Manuela Montagnari Kokelj: La Cognitive Archeology è lo studio del pensiero antico sulla base dei resti di culti giunti fino a noi. Questa definizione si presta a due diverse interpretazioni : una più ampia, che include ogni tentativo di ricostruire il significato che gli oggetti e la simbologia in essi contenuta avevano per chi li produsse e usò in antico; una più restrittiva, che cerca di capire come funzionasse la mente dei gruppi umani del passato e come fossero usati i simboli per tradurre il pensiero in azione’. E dunque:’Una mappa cognitiva è essenzialmente una struttura interpretativa mentale di riferimento: gli essere umani non agiscono in base soltanto alle impressioni sensoriali, ma anche alla loro preesistente conoscenza del mondo…Gruppi di individui che vivono insieme, condividendo la stessa cultura e parlando la stessa lingua, spesso condividendo anche la stessa visione del mondo (mind set) , e sono quindi in grado di leggere in modo univoco i simboli usati in quello specifico contesto socio culturale.’ Si parla dunque di testimonianze di storici greci tutti di rilievo ma situati a partire dal V secolo a.C, di testimonianze archeologiche che si vanno ad incrociare con leggende , miti e memorie antiche e meno antiche, proprio del periodo omerico e post omerico, che rimane con Esiodo e con Erodoto la memoria leggendaria e meno leggendaria più probabile per questa nebulosa storica, fatta spesso di resoconti e notizie di viaggio di mercanti e viaggiatori portatori di memorie e racconti ricevuti oralmente e che dunque vanno collocati tutti nell’ambito dello sfondo entro cui un fondo probabile può apparire lecito. Si tratta dunque di introdurre nella scienza antropologica elementi di etnolinguistica, di paradigmi adeguati di epistemologia semantica, che rendano conto di apparati culturali molto complessi.

a)
Fatta questa premessa e dentro una bibliografia consultabile incominciamo con la prima analisi del fondo antico preistorico e protostorico di cui abbiamo notizia certa e più che verosimile, utilizzando le testimonianze sopra dette: i dati archeologici e quel vasto lascito del mondo poetico che comunque testimonia di tracce dotte o popolari sulle vicende che prenderemo in esame. Spesso una notizia riferita da Virgilio o da Properzio o un riferimento leggendario possono essere di aiuto e non piccolo nel ricreare uno scenario possibile entro cui collocare i dati certi. Il mito e la leggenda omerica e non solo, sono a tutti gli effetti un elemento di tradizioni e memorie antiche che non vanno sotto valutate. Mi occuperò dunque del sostrato antico, della topografia e dell’antropogenesi dei Campi flegrei e delle genti Campane in epoca protostorica.
Nel quadro protostorico e preistorico della genti Italiche, quadro sostanzialmente definito e che vede dall’arco alpino alla Sicilia una quasi certa collocazione delle genti italiche sul territorio corrispondente intorno all’anno mille a.Cr., anno che viene preso come termine a quo procedere con un elemento certo o certissimo di valutazione, non escludendo retrodatazioni fino al XV sec. a.Cr., termine ultimo su cui potere ragionare in termini quasi certi ed utili, la Campania presenta un quadro di popolazione del territorio molto disomogeneo e plurale, essendo essa al limite geografico con il Lazio antico, a sua volta popolato da genti e popoli disomogenei, il Molise, abitato da genti di origine sabino-sabella cioè i Sanniti, dalla Puglia a confine con i Dauni, con la Lucania che insieme con la Calabria costituisce il nucleo essenziale di ciò che gli antichi e gli storici greci consideravano il territorio di Italo, gli italici che dalla terra degli Ausoni, cioè dal Lazio meridionale e Campania contigua fino a Messina e Reggio erano nella memoria degli antichi Greci considerati i popoli autoctoni dell’Italia. Dunque erano tutti appartenenti al ramo italico(indoeuropeo) variamente detto: Enotri, Ausoni ed Opici (Osci).In particolare il popolo autoctono campano era considerato l’Ausonio e/o l’Opico-Osco.Rimandiamo ad una adeguata bibliografia ma non qui in questo articolo per non appesantire la lettura, non appena l’editore ce ne darà l’assenso, per una più approfondita disamina non facile per il lettore medio dell’argomento, in cui si vede più nettamente la separazione del popolo tribale ausonio restringersi sotto la pressione dei Volsci a Nord e degli Osci provenienti dall’Umbria al territorio nord campano nell’attuale distretto di Minturno e i monti Aurunci.
E infatti la fondazione di Cuma viene descritta come fatta in territorio Opicio, Kume in Opikìa. La territorializzazione campana da parte degli Osci(contrazione dal greco di Opikoi, latinizzato Opisci e quindi Osci) è definitiva già intorno al XII e X sec.a.Cr. Quindi il sostrato antico preistorico della Campania è Opico, Osco con decisive infiltrazioni Etrusche che vi fonderanno nel IX e VII secolo importanti città come Nola, Acerra, Sarno, Marcina,Pontecagnano e secondo alcuni, (il D’Agostino) , Capua interamente etrusca su antico sostrato villanoviano, della cultura a fossa, e secondo altri, (G.Colonna,con importanti considerazioni linguistiche), città a metà etrusca e a metà falisca, cioè di fondazione veiense(Veio) e capenate(Capena), dal cui eponimo Cape prenderebbe anche il nome.(4)
Che queste relazioni siano esatte fino a coinvolgere Cuma antica nelle relazioni amichevoli e non con Capua, gli Etruschi e gli Osci sanniti è dato accertato dalla frequentazione in esilio di Tarquinio il superbo,di una frequentazione aruspicina-romana dei Libri sibillini, di una coppa trovata a Cuma del VII secolo a.Cr. di arredo di una tomba di un ricco equestre greco sul cui fondo è una non ancora studiata bene iscrizione di alfabeto etrusco nell’arco superiore con un abecedario euboico, in calcidico, nell’arco inferiore, che starebbe a testimoniare di un interscambio linguistico,- per altre vie accertato come iscrizione sicuramente etrusca-latina ritrovata a Cuma databile al 700 a.Cr e tradotta dal Colonna: Hisa meneTinnuna(Hisa Tinnuna fa come dono)-, tra Cuma e l’aristocrazia veiense fondatrice di Capua.
La cultura dei Cimmeri nei Campi Flegrei: dal mito al culto dei morti
Nella questione della arcaicità dei luoghi, nella preistoria precivile, prepalaziale, preurbana incorre invece la testimonianza di genti Ausonie e Cimmerie nel territorio, precedenti l’urbanizzazione greca e l’urbanizzazione etrusca e sannita, poi romana. Per gli Ausoni abbiamo già detto come popolo autoctono indigeno addirittura come sostitutivo di Italico, proprio nella zona occupata poi dagli Osci e ridotti marginalmente al territorio di Minturno e Mondragone, col santuario dedicato a Marica che forse prende il nome del leggendario eroe eponino di Mares. E di cui restano solo tracce letterarie in passi sparsi come attestazione di una situazione di abitazioni a capanne, villaggi dunque preistorici, testimoniati pure da quel trattato antropologico oltre che immenso poema che è L’Eneide di Virgilio,sulle popolazioni preurbane che Enea incontrò nel Lazio.E gli Ausoni fanno parte di questa tradizione antropologica. Ma rimando per la questione degli Ausoni/ Aurunci alla trattazione sistematica di E.Lepore, in Origini e strutture della Campania antica.Il Mulino, Bologna 1989.

b) Nella nekuia, nella discesa agli Inferi nell’Odissea, di stampo anatolico, verso l’Asia Minore è orientata la descrizione dell’area Flegrea con parole inequivocabili come :”il paese e la città dei Cimmeri avvolti di brume e nuvole, cui il fulgido Sole non mai guarda con i suoi raggi’, cui si associa l’ Eneide virgiliana, associando Hekate con Apollo e dell’Averno con L’Apollonion cumano: ’me lucis Hecate praefecit Auernis’.Tutta l’ambientazione di tipo sacrale, respira sempre quest’atmosfera cultuale; l’Averno, la palude Acherusia , il lago Lucrino, Apollo e la profetessa Sibilla, respirano quest’aria di religione ctonia tipica dell’arcaismo egeo anatolico. E dunque l’appellativo e un etnico Cimmerio corrisponde a questa creazione di ambientazione culturale tipica della zona periferica della Grecia classica.
Siamo dentro una religione preolimpica,orfica e dionisiaca in cui i Cimmeri rappresentano la popolazione di riferimento di questa cultualità preolimpica, preurbana. Lo stesso culto cumano di Apollo ha questa valenza e tutte le tracce conducono a questa dimensione Traco-misia.Che sia così, che l’area flegrea sia dentro questo tipo di cultura e di culto ne tiene conto un’elegia del libro primo di Properzio: ”paruula Lucrina cumba moretur acqua/aut teneat clausam tenui Teuthrantis in unda’ e un luogo di Solino ancora precisa:”mediterranea quae sunt supara Troadis partem Teutrana tenet regio, quae prima Moesorum fuit patria".

Dunque c’è un sinus baiarum,il mare di Miseno che bagna il regno di Thesprotos(vale a dire la zona dell’Averno che conteneva l’accesso agli Inferi, così come le acque dell’Acheronte in Tesprozia), l’acqua del Lucrino e un fiumicello Teuthras, omonimo di un celebre re della Misia:Teuthrania si chiamava una regione della Misia contigua al territorio di Cuma dell’Eolide. Il santuario di Hierapolis in Frigia, sulle coste del Mar nero, di fronte alla Crimea,al centro della patria dei Cimmeri, dei Cimbri, è il punto di riferimento di questa religione che lega il culto del Sole, a quello della terra,a quello dell’Oltretomba. Andrebbe dunque anche riconsiderata la leggenda che riguarda Zalmoxis, un dio sacerdote di cerimonie ctonio-funerarie di tipo shamanico di cui ci parla per primo Erodoto e poi Strabone, collocandola questa tradizione nella cerchia dei Geti –Traci.
Mircea Eliade ha dedicato un ampio saggio alla questione. Queste sono le tracce di questa religiosità, di questa ambientazione cultuale che prevede dunque una etnogenesi di questo tipo, dove l’associazione all’acqua Lucrina di toponomi e popolazioni traco-misie e cimmerie, dicono di questa cultualità presente e autoctona proprio delle katabasia, dei ploutωnia o χarωneia che individuavano nelle rocce, nelle caverne fumose e vulcaniche come ingressi privilegiate agli Inferi; l’accesso all’Ade e i Campi Flegrei sono questo nell’immaginario di una generazione che va dall’età del Bronzo alla tarda età del ferro, dalla civiltà palaziale micenea e cretese, alla polis pregreca e greca. Cuma antica, Cuma arcaica, con i suoi riferimenti con gli Etruschi-laziali e Capenati, è il centro di questi scambi etnici, religiosi e commerciali dell’Oriente in Occidente. E' probabile,dunque, che ci sia stata con l’avvento di Cuma in Opicia, in Campania, con l’avvento di popolazioni egeo-anatoliche, il radicamento in una regione già etruschizzata di elementi di cultura Traco-Misia che hanno rafforzato un tipo di cultualità ctonia, del culto dei morti, già presenti in ambienti sacrali arcaici sud-laziali, cioè latini-etruschi ed osci.
Questo è il senso di territorio Cimmerio,con cui la tradizione si riferisce ai Campi Flegrei e al culto della Sibilla, profetessa del Dio profetico per eccellenza Apollo. Che non esclude la presenza di gente Cimmerie proveniente dalla Cimmeria,dall’Anatolia Traco-Misio-Frigia, dove con il termine Galati essi erano presenti già da tempo. Sui Cimbri, termine celtico per Kom-brogi,letteralmente ‘gruppo di compatrioti’,gente Celtica e Germanica,la cui presenza nell’alta Europa, dall’Irlanda alla Gallia Francese,alla Germania, alla cultura di La Tene,ai Balcani e nell’alta Italia e ai suoi riferimenti Omerici e post omerico nell’ambito flegreo, non tutti sono d’accordo, a cominciare proprio da G.Pugliese Carratelli che più di tutti ha messo l’accento su tale probabilità, preferendo una infiltrazione celto-cimmerica di tipo Nord-italico,Nord eurpoeo.Ma ripeto la presenza di genti e tradizioni nell’ambito flegreo afferenti ad un tipo di cultualità ctonia di tipo ‘cimmerio’, cioè della zona traco-misia anatolica, questo, con i dati di cui disponiamo, è fuori discussione. Kume, sarebbe in quest’ordine di considerazione, la traduzione greca del cimmerico Kome, Kime, secondo alcuni. Ma questo non lo do per certo, ma la considero come suggestione su cui riflettere.


c) L’etimologia antica del nome “Bacoli”: dal protogreco al sanscrito.

E infatti la fondazione di Cuma viene descritta come fatta in territorio Opicio, Kume in Opikìa. La territorializzazione campana da parte degli Osci (contrazione dal greco di Opikoi, latinizzato Opisci e quindi Osci) è definitiva già intorno al XII e X sec.a.Cr. Quindi il sostrato antico preistorico della Campania è Opico, Osco con decisive infiltrazioni Etrusche che vi fonderanno nel IX e VII secolo importanti città come Nola, Acerra, Sarno, Marcina,Pontecagnano e secondo alcuni, (il D’Agostino) , Capua interamente etrusca su antico sostrato villanoviano, della cultura a fossa, e secondo altri, (G.Colonna,con importanti considerazioni linguistiche), città a metà etrusca e a metà falisca, cioè di fondazione veiense(Veio) e capenate(Capena), dal cui eponimo Cape prenderebbe anche il nome.
Che queste relazioni siano esatte fino a coinvolgere Cuma antica nelle relazioni amichevoli e non con Capua, gli Etruschi e gli Osci sanniti è dato accertato dalla frequentazione in esilio di Tarquinio il superbo,di una frequentazione aruspicina-romana dei Libri sibillini, di una coppa trovata a Cuma del VII secolo a.Cr. di arredo di una tomba di un ricco equestre greco sul cui fondo è una non ancora studiata bene iscrizione di alfabeto etrusco nell’arco superiore con un abecedario euboico, in calcidico, nell’arco inferiore, che starebbe a testimoniare di un interscambio linguistico,- per altre vie accertato come iscrizione sicuramente etrusca-latina ritrovata a Cuma databile al 700 a.Cr e tradotta dal Colonna: Hisa meneTinnuna(Hisa Tinnuna fa come dono)-, tra Cuma e l’aristocrazia veiense fondatrice di Capua.
Ma Cuma antica, la prima colonia greca d’Occidente si proietta nel lontano passato miceneo attraverso la fondazione di Pitecusa (Pitecussa di chiaro suffisso antico e proto greco, egeo anatolico come Sinuessa e Sirenussa) ancora più lontano nel pelasgico-dorico col mito di Heracles, Ercole eroe che dalle terre argive introdotto, può considerarsi precedentemente a Tarchon e a Tirrhenos un antico eroe eponimo italico. Dalla Spagna all’arco appenninico fino alla dedica di una intera città Heracleion è un eroe fondatore, marziale, combattivo, tra i padri fondatori eroe e dio insieme, degli italici.
Della lontanissima memoria argiva, peloponnesiaca e forse pelasca del mito di Ercole sono la collocazione della battaglia contro i Giganti nella Flegra calcidica e poi per traslatio,campana; ma sopratutto il riferimento alla via Erculea (Heracleia odòs) che tocca da vicino l’antico etnos argivo, miceneo in Campania, precedente alla fondazione micenea in Pitecusa e forse per questo, traccia per via di terra(la via aperta da Ercole) verso I’Italia e la punta più avanzata della colonizzazione achea in Italia ed Europa; e dentro questa memoria antichissima, protostorica, soprattutto il fondaco di Bacoli e la collocazione nel foro boario (bovario) a Roma di un tempio ad Ercole, per celebrarne il passaggio da Roma e poi nei Campi flegrei con i buoi di Gerione. Che nel contesto di cui diremo, perde la fragilità antropologica e linguistica di cui trascrittori disattenti sono responsabili, per acquistare una valenza invece fondamentale.
Tralasciando una etimologia semitica proposta che obiettivamente non trova nessuna attendibilità storica e linguistica, bisogna attenersi al grado antico dell’etimo e per grado antico si deve intendere il proto greco> wgawk,(vacca) e il sanscrito guah,che da per esito Baukoloi secondo un fonetismo che si ripete poi nel napoletano dialettale Vaccule-Baccule,e attestato come Bacola, Bagola nei testi del Giustiniani, vale a dire , coloro che hanno cura dei buoi, come è per hippodomoi, domatori, allevatori di cavalli,rispettando la tradizione leggendaria del passaggio di Eracle e la creazione di un sito, uno stallaggio per buoi.
L’etimo proposto per bauli (bauloi come esito di una contrazione tra bau e aulè, stalla per buoi) non spiega la presenza della consonante ancora presente nel dialetto napoletano, lascito dell’antico greco che da poi in Italiano>Bacoli, come tempestivamente notato da Carla Marcato e messo in luce da Gentile fin dal 1963, nel Dizionario di Toponomastica,Utet.Bisogna dunque abbandonare la suggestione di Servio e la testimonianza di Plinio per bauli che ha un po’ confuso tutti inducendo nella paraetimologia così spiegata anche dal Giustiniani: Bacoli, sarebbe corruzione per un precedente Bualia,Boualia , come anche in Servio ad Aen.VII, 662:, per cui oggi- dice Servio- il luogo si chiama Bauli. Ma basta seguire le leggi del fonetismo proto greco e sanscrito (protoindoeuropeo) per capire l’evoluzione laconica, argiva e non attica-ionica dal proto greco protoindoeuropeo,*gwow,wguaw, >sanscrito,vedico ed avestico: guauw,> con evoluzione del w in b>bau(come del resto cow in inglese antico e nello spagnolismo gaucho con evoluzione invariata>kaw,gaw), che dunque ne attesta la antichità argiva, achea quindi straordinariamente eraclea del fonetismo come >nawos, nauos, in nave. Al posto dell’ attico-ionico boos, bous, latino bos,bovis, bubalus, bufalus, italiano , bove, bufalo. Dunque baucoloi, al posto di boucoloi,pastori di buoi, in cui il suffisso colos,plurale coloi segue semplicemente la regola, come nel latino agricola, agricolae contadino (coltivatore del campo).
Semplicemente: villaggio di allevatori di buoi. E che sia il radicale argivo, laconico in diretta connessione col proto greco e proto indoeuropeo è cosa altamente suggestiva per il contesto antico preistorico-protostorico di abitato pelasco pregreco, preeuboico , acheo, come è per Pitecusa(pithecussai) Vivara e Lipari, che hanno tutte e tre facies micenea. E Micene è la capitale dell’Argolide precedente alla dorica Sparta in Laconia, regno della cultura Minoica(Cnossos) e Micenea (Micene) che nelle tavolette ritrovate segna nel miceneo l’antica lingua degli eroi omerici, XV e XII secolo. Dunque siamo dentro questa arcaicità, testimoniata dal mito di Dedalo a Cuma che fuggendo da Creta, eresse dedicandogli le sue ali, le porte del tempio ad Apollo. Siamo dunque dentro l’antropogenesi della civiltà greca ed europea, palaziale e urbana. Del resto confermata da toponimi come Surrentos, Surrentum, luogo dove abitano le Sirene, di toponimi in essa, essas, Sinuessa, Sirenussai,Pithecussai,tutte di tradizione egeo-anatoliche. Come il sopravvissuto in puteolano e bacolese: laperaturo, per lapirinto/dapirinto cretese miceneo, caverna. in cui si chiudono le bestie( i conigli, da cui cuniculus traslazione laperinto).Le odyssiai (le odissee) e le eneadi non fanno che confermare questo antichissimo sostrato egeo-anatolico delle fondazioni latine e antico greche.
E l’etimo Baukoloi, Baccule-Vaccule, con labiali intercambiabili come in barca/varca confermato in Bayhiai< Bauhia(Baiae) come altro luogo originario del toponimo Bacoli, probabilmente perché lì Eracle già sapeva essere terra di allevatori di buoi. Per completare il quadro ricorderò qui l‘importanza sacrale dei buoi nell’antica india vedica, indoeuropea, greca e italica poi, seguendo anche l’illuminante ipotesi di Dumezil, sulla tripartizione degli ordine nella società vedica ed indoeuropea: i guerrieri, gli allevatori e i contadini. Omero in Odissea,Libro I, fa un’ apologia storica alla sacralità, non toccabilità dei buoi sacri appunto al Sole Iperione e tale è nella ritualità latina e romana giunta fino a noi.

d) Etimologia etrusco-latina di Averno e Lucrino.

Un ultimo chiarimento da fare e riguarda proprio la zona flegrea, avernica ed infernale, nei suoi aspetti indigeni, cioè riferiti all’arcaicità della tradizione accettata, antico laziale ed osca- etrusca in riferimento proprio al culto dei morti che ha nell’antichità etrusca, latina ed osca una forte connotazione antropologica e religiosa, come notoriamente è.
Dunque l’Averno, il lago Lucrino, i boschi intorno, i crepacci, le paludi avevano questo forte richiamo tellurico, primigenio, nei territori che da Cuma approdavano a Licola, a Sessa Aurunca, fino alla solfatara puteolana e alle Campagne del Sarno e di Nola, al centro cioè di quel cratere, dominato dal Vesuvio,vulcano terribile e iroso, simbolo di questa telluricità flegrea e campana.
Lucrino dunque è dentro questo scenario di acqua ‘cimmeria’, fascinosa, in cui gli antichi da Omero fino a Virgilio ed oltre, affidavano nel toponimo, la parte aperta, luminosa, anabasica del ciclo della Nekuia, della discesa agli inferi. Il suo etimo è da collegare all’etrusco-latinizzato Lukerinus, Lukrinus come aggettivo di lacus, acqua lucrina (*Leuk,luk è chiaramente connessa alla luce, ma anche a celtico luk, luogo paludoso), dunque da un latino-etrusco> luχre connesso con Luceria e Luceres, il nome della tribù serviana (Schulze), con un richiamo esplicito ai boschi sacri d’intorno in lucus, apertura, radura sacra, che nell’antichità italica, latina, osca ed etrusca, sta per luogo dove avviene l’epifania, l’emersione del sacro, emersione verso la luce, secondo la liturgia shamanica, dionisiaca ed orfica del rituale della Nekuia, della discesa agli inferi, di cui il tracio Orfeo è l’iniziatore. Dunque tutta l’area cumana è connessa a questa ritualità iniziatica e misterica, plutonia, sotterranea, di viaggio nelle tenebre infere verso la luce solare. Tema ripreso magistralmente in epoca moderna nell’ermeneutica antica da Heidegger e Gadamer, quindi a fronte dell’Averno ,del Lacus Avernus, che una falsa etimologia vuole derivi da aornos, priva di uccelli, in una frontalità della teologia antica, c’è un’uscita aperta una radura boscosa e lacustre, iI Luker, Luχre, il lacus Lucrinus.
L’Averno, lacus Avernus, dunque sarà per frontalità opposta, topologica e teologica antica, com’è descritto da Virgilio, la parte di accesso all’Ade, la katabasi vera e propria all’infero oscuro come si evidenza dall’Av, ab e da infernus(Alessio-De Giovanni), seguendo in questo l’arcaismo ab- imo, ab- imis,aβyssos, evidente nel latino Auernus lacus. Bassa etruschizzazione come in kisterna, lanterna, Volturnus etc…Auernus dunque è decisamente aѴ(f)ernus,da ab fero, ab fernus, indicativo del luogo tellurico da dove si accede, dove c’è l’abisso infernale. Come infine Acheron di chiaro etimo greco, dai luoghi della Tesprozia importato, ma che risuona nell’etrusco Acherrai/Acerrae Vafriae, Acerronia, Acheruntia, Acerenza la qualità fluminosa, acquosa dell’etimo indoeuropeo*akwa con rese grafiche greche ed etrusche nel χ, latine nel qu, ed italiche nel ck. (Silvestri, C.Marcato)
Mi pare che meglio non si potrebbe e spero di aver chiarito con scienza quello che c’era da chiarire, rispondendo alle sollecitazioni di quanti mi chiedevano di chiarire.


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