La strada, la casa, la musica
“La strada è una puttana che ti mette alla prova continuamente. Non è una passeggiata rimanere puliti. Si cammina spalla a spalla con chi sceglie di rischiare la vita e la galera pur di possedere la motocicletta, l'orologio di marca, il capo firmato. Bisogna saper scegliere ogni giorno e non sempre è semplice fare ciò che è giusto, a volte la strada è più spinosa e storta di quello che si può immaginare. Ci vuole coraggio e fegato. Una specie di devozione…”.
Di questo e di molto altro parla “La bambina, il carro e la stella”, di Floriana Coppola nel quale si sente forte l’odore della strada, del fango, dell’umidità, dove la roulotte è l’unica casa possibile, incontaminata, pulitissima, ma sconosciuta agli occhi dei gagé.
Le case dei gentili, degli italiani infatti “aveva una geografia diversa per chi aveva vissuto anni all'aperto. La casa era una scatola di cemento. Una galera per chi non concepisce il chiuso”.
Il nuovo romanzo di Floriana Coppola, uscito per Terra d’Ulivi lo scorso settembre narra le vicende di una ragazzina rom che vive in un campo nell’area metropolitana di Napoli. La sua storia inizia come tutte le altre ma, visto che, se ricordiamo le parole di Vinicius de Moraes, “A vida è a arte do encontro” (la vita è l’arte dell’incontro), grazie a qualche frequentazione extra, riuscirà a prendere una strada forse più “spinosa e più storta”, ma anche migliore di quella delle sue coetanee. Marika aveva già avuto suo nonno ad insegnarle a suonare la fisarmonica, poi si era fermata. Ma un giorno incontra Francesco, che le dà vere lezioni di musica. Marika trova nella musica la possibilità di salvarsi ed emanciparsi dal suo mondo, fatto di freddo, di angustie, di immondizia, scaldandosi e ripulendosi grazie al dialogo con i suoi amici gagé, di cui ha grande stima.
Si tratta di un romanzo di formazione su un argomento sicuramente molto interessante, ovvero la presenza dei Rom sul territorio italiano, in particolare al Sud, dove le comunità sono particolarmente presenti e l’integrazione delle stesse non è sempre facile. Il pregiudizio spesso resta attaccato sulla pelle, a volte brucia come un campo rom incendiato, ha l’odore acre dei copertoni che vanno a fuoco. Il pregiudizio si radica a tal punto da sembrare vero.
Floriana Coppola è formatrice specializzata in Didattica e cultura di genere e in scrittura autobiografica, redattrice della rubrica d’arte per l’Osservatorio Interreligioso contro la violenza di genere, nonché counselor professionista in Analisi Transazionale e Psicologia Esistenziale; questo background le ha permesso di raccontare una vicenda che si svolge in un luogo verso cui nessuno rivolge normalmente il proprio sguardo, la cui visione anzi spesso scaccia dalla propria vista, luogo in cui si consumano sovente abusi e atti di razzismo a volte disumani. A pagare maggiormente sono le donne, o le bambine, come in questa storia dal titolo molto poetico, nello stile della Coppola.
“Le femmine, pensava, sono un esercito di soldati che vuole conquistare senza armi. Vedeva tattiche, strategie, strumenti di combattimento, armi letali, vendette e complotti. Tutto era finalizzato ad una trappola finale. C'erano differenze e somiglianze in quella battaglia. Le sembrava un gioco assurdo. Da grande lo avrebbe rifiutato? Era neutro il suo corpo? A quale genere apparteneva?”.
Proprio il 18 novembre alle ore 17.30 al Pan in Palazzo Roccella a Napoli si è parlato di questo romanzo, anche in chiave sociologica, vista la presenza della sociologa Enrica Morlicchio. Non poteva mancare la musica, con l’intervento musicale alla fisarmonica di Maria Cerbone, in arte Mari Zingarina.
Floriana in un’intervista ha affermato che da bambina aveva iniziato a scrivere brevi racconti illustrati con la biro nero e i pastelli, e aveva solo sette anni allora… Sembra che il titolo del suo romanzo venga proprio da lì, scritto con i pastelli, si sente ancora quella vocina tra le pagine de “La bambina, il carro e la stella”, nel quale la Coppola con maestria riesce a creare un flusso continuo di pensieri infantili che pian piano scoprono il mondo e si incaponiscono di scrutarlo, con sempre maggiore cognizione di causa, con attenzione, con curiosità.
Marika comprende, per dirla con Baudelaire, che “la musica scava il cielo” e presto conquisterà la sensazione di libertà e di infinito che solo la musica può dare.
Ci affidiamo ancora alle parole di Floriana, riportando questo suo pensiero che ci fa comprendere tutto lo slancio civile, politico e passionale che lei riversa in ogni sua opera: “L’unica rivoluzione possibile che posso pensare è partire da se stessi. Recuperare il senso della responsabilità civile, l’empatia verso il prossimo, verso i più deboli, avere il coraggio di opporsi a chi ci vuole ciechi consumatori di oggetti”.
Grazie, Floriana.
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