La via degli spasmi
"L'amicizia ci rafforza" di Gianni Mantovano

La via degli spasmi

diLoredana Semantica

Il secondo giorno Evelina, Evi per gli amici, continuò a sorridere a Laura, ma aveva già notato gli sguardi di ammirazione a lei rivolti dai colleghi, l’incanto di tutti gli studenti e il lampo d’interesse negli occhi del prof. Sereni, per il quale Evelina nutriva un amore tanto segreto, quanto impossibile. 

Evelina aveva conosciuto Laura appena due giorni prima e già dietro il sorriso cominciò a farsi strada l’invidia, un’invidia sottile come una lama che tagliava l’anima, conquistando uno spazio preciso tra l’amore non corrisposto, le memorie di un’adolescenza frustrante, dentro una vita trascorsa lottando contro il mondo e ingoiando solitudine. 

Dapprima l’invidia era solo qualcosa di indefinito, una specie di vibrazione dell’aria, un peso sullo sterno, divenne ben presto un morso al centro del petto, poi un dolore improvviso e persistente all’altezza del cuore che s’ irradiava verso la gola e si propagava fino alla schiena, al suo centro appena al di sotto delle scapole.

Evelina non aveva mai provato un sentimento simile a quello che Laura scatenava dentro di lei, quanto meno non così intenso, si stupiva di sé stessa, di accorgersi che spesso, nelle vicinanze di Laura, quando montava internamente quella cosa malevola, lei facesse fatica a respirare. Qualche volta era persino scappata nel bagno della scuola a controllare se le si dipingesse in faccia il colore livido del suo dolore, se le labbra fossero distorte in una smorfia, o gli occhi si fossero ridotti a furenti fessure. Osservando attentamente la superficie illuminata dello specchio aveva scrutato soltanto il riflesso del solito volto, la faccia che incollata alla testa da trentasei anni portava in giro come una maschera. Oggi aveva in più solo l’alone di un nuovo pallore giallastro.

Evelina, si rendeva conto che tanta rabbia repressa non poteva dirsi interamente causata da Laura, ma era come se in un punto imprecisato del suo cervello, per qualche oscuro motivo, si fossero addensate tutte le delusioni e la fatica di vivere, emerse a causa della visione di quella donna, come se il suo spirito avesse deciso di introflettersi, confrontare la sua persona e personalità  con quella dell’altra, formando per l’evidenza del divario, un grumo dentro, pesante come un bubbone di piombo, un agglomerato di pus, pronto a contorcersi o a esplodere.

Laura aveva i capelli lucidi e lunghi sulle spalle di colore castano scuro con sfumature più chiare, il viso regolare sempre perfettamente truccato, profondi occhi neri, un fisico slanciato, un portamento elegante. In tasca una laurea in lettere, nuova di zecca, con il massimo dei voti, la voce bassa e suadente, un leggero e delizioso accenno di erre moscia. Non aveva cercato a lungo un lavoro, le si era offerta l’occasione su un piatto d’argento, senza sforzo aveva raggiunto il risultato, era stata incaricata insegnante nella scuola Eugenio Montale di Vincolle, la scuola dove lavorava Evelina. 

Evelina, a dispetto del nome gentile, non aveva un aspetto non molto curato, il viso con gli zigomi alti appariva spigoloso e insignificante.  Gli occhi grandi e l’iride di un bel verde acqua non bastavano a illuminarlo, anche perché Evelina non sapeva usare il trucco per valorizzarli. Inoltre non aveva un gran fisico, il punto vita non delineato, al di sotto della vita la figura proseguiva nei fianchi stretti. Le caviglie erano l’unica cosa sottile della sua figura, poco dotata per il resto di accattivanti forme nei punti chiave così attraenti per gli sguardi maschili. Infagottata in comode bluse casual e gonne di maglina lunghe e rette, la sua sagoma sembrava una geometria poligonale più che curvilinea. I capelli castani, ricci, corti, tagliati in economia da un’amica parrucchiera, contribuivano a togliere ulteriormente grazia all’insieme. 

Evelina non pensava che il suo aspetto fosse l’unico punto critico e nemmeno il principale, trovava invece del tutto inspiegabile che alcune persone dovessero lottare sempre per ottenere qualunque cosa e invece per altre le strade della vita si spianassero miracolosamente, quasi avessero un fluido magico, una buona stella che dal cielo guidava i loro passi. Una bacchetta magica che realizzasse i desideri. Tutti coloro con cui venivano a contatto con stupefacente naturalezza collocavano questi fortunati esseri in un’altra sfera, quella dei predestinati ad avere successo, a fare carriera, a vivere felici, a riuscire in ogni impresa. Pensava poi a sé stessa a quanta fatica aveva dovuto fare per conquistare il suo titolo di studio, a quanto avesse insistito presso il preside della scuola per l’assegnazione presso quella struttura.  Le cure che doveva ai genitori anziani non le permettevano la sistemazione in un’altra città. Per lavorare aveva dovuto superare mille difficoltà, impegnarsi intensamente, stringere i denti.

Per Laura invece, era evidente, tutto era facile, camminava nella vita come se danzasse, una farfalla sui fiori, nessuna fatica negli studi, ottimi risultati, fascino da vendere, un’intelligenza che spiccava il volo e, unitamente a tali brillanti requisiti, la bellezza che apriva tutte le porte e faceva girare le teste degli uomini per la strada.

Due mesi dopo, Evelina, pensava a tutto questo mentre attendeva nella sala d’aspetto del dr. Tremmoli.  S’era decisa a prenotare una visita medica per indagare le ragioni del suo male. Di certo non le avrebbero potuto diagnosticare l’invidia, però forse in patologia quella lancia che le attraversava il torace in diagonale aveva un nome diverso, persino una cura efficace che la facesse stare meglio.

Tre settimane dopo la visita era distesa su un lettino e le infilavano in gola il tubicino del gastroscopio.  Il medico al quale aveva riferito i sintomi del suo malessere, l’aveva avviata a un controllo diagnostico per escludere una malattia più grave di un’ulcera o banale gastrite. 

Evelina provò dolore mentre il serpente gommoso della sonda scendeva lungo l’esofago vincendo le resistenze della sua mucosa. Adesso che lo spasmo involontario si stava placando, si sentiva più ridicola che paziente, con quella bocca assurdamente spalancata dal boccaglio. Si sorprese a considerare che di certo Laura non sarebbe sembrata buffa in quella situazione, e poi di sicuro lei non soffriva di alcun disturbo, nessun disagio o malessere poteva guastare quel concentrato di perfezione. 

Il tubo adesso era allo stomaco e il medico muoveva il sondino alla ricerca di qualche lesione sospetta osservando con attenzione il monitor.

E poi, concluse tra sé e sé Evelina, mentre soffriva, infastidita dalle manovre di indirizzamento della sonda, anche quanto Laura avesse dovuto fare l’esofagogastroduodenoscopia, a lei di certo il medico avrebbe somministrato l’anestesia. 

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