Miriam Bruni, Credere nell'attesa
Foto di Elio Scarciglia - Venezia, Carnevale 2018

Miriam Bruni, Credere nell'attesa

diCinzia Caputo

Questo libro curato dai testi dell’autrice e commentato dalle immagini intense dell’illustratrice, mi arriva come una sinfonia in 7 movimenti e già si potrebbe dire del numero 7, numero magico, iniziatico che rimanda alla trasformazione. 

Un percorso di sofferenza e consapevolezza che si innalza verso la preghiera e mira all’infinito. Testi brevi, metafore del quotidiano, ma densi di significati, parole che si aprono su colori vasti come i cieli degli acquarelli che affiancano ai testi.  Si evince un Amore per la Vita che va oltre ogni limite umano, sfida l’infinito e si erge fino al divino. 

Uno stile quindi, che può rievocare alla mente un canto. Suono e parola hanno infatti in comune il fascino e la potenza di espressione.  

Se per noi, oggi, la poesia si identifica con la parola scritta, al tempo antico si identificava con un particolare modo di intonazione del racconto, che differiva dal semplice parlare per il ritmo, per le pause e, soprattutto, per l’accompagnamento di strumenti musicali basti pensare alla ‘mousiké’ greca, poesia cantata, accompagnata solitamente dalla lira.    

 


 

Primo tempo: In ascolto 

Sono loro ad ordinare

“Fammi fiume, fammi pane”

Sono loro le parole 

A farsi vive, necessarie. 


Secondo tempo: In cammino 

Nascondo le lacrime nei cassetti

e conduco i bambini 

alle porte del sogno; poi mi aggrappo 

alle costellazioni,

ripulisco la bussola del fango. 


Terzo tempo: Incanto 

L’ombrello più bello l’ho visto stasera

(ma non ripara davvero)

E’ quello dell’albero a primavera….


Quarto tempo: In croce 

Non vedi, non senti anche tu 

quanto questa stanchezza mi atterra, 

mi spezza? 

Vuole rimpicciolire sabotarmi la Vita;

ma lei è più grande, sotto sotto infinita.


Quinto tempo: In brevitate 

Restiamo spesso soli

A custodire ciò che vale

Coperti da una nebbia 

che è solita mentire


Sesto Tempo: In contro-luce

La poesia è per il corpo. E il corpo 

per la Poesia.

La mia tunica è di fuoco, e di vento

mi ubriaco. 


Settimo Tempo: In fondo 

Sempre il poeta interroga la vita. Ne fruga

la bocca, la bocca con le dita. 

Sempre scrive inni 

-Pur se prigioniero-

gli basta vedere

 i colori del cielo. 

 

 


La lettura di questo articolo è riservata agli abbonati
ABBONATI SUBITO!
Hai già un abbonamento?
clicca qui per effettuare il login.

Commenti

Lascia il tuo commento

Codice di verifica


Invia

Sostienici