Nave crociera - Quarta parte
Mi sveglia la luce. Scosto la tenda e c’è terra. È una terra solenne. Esige silenzio e attenzione. Pareti alte e ripide, con nessun punto di approdo. Penso ai vichinghi, ai loro riti iniziatici, terribili e difficili, ma ne capisco solo ora la necessità; puoi sopravvivere in un mondo così aspro solo se diventi tu stesso aspro.
Penso a navi di cui non conosco la forma, al gelo degli inverni, alle brevi notti.
Prendo davvero freddo, così come sono, in pigiama, esposta al vento. Entusiasta e commossa.
Mi tengo dentro tanta bellezza e mi reco alla colazione. Luisa è lì che mi aspetta, sorridente, vestita all’ occorrenza più pesante del solito.
“hai davvero il raffreddore…ed io che pensavo fosse una scusa la tua…mi sembrava però strano non volessi esserci al ballo…è stato bellissimo! “
“Eh, vedi come sto messa, poi mi racconterai tutto. Adesso ho bisogno di servirmi di caffè caldo e di godermi il paesaggio di questa acqua che si immerge nell’ oceano.”
Insieme ammiriamo la piccola baia di Geiranger. La nave resta in rada e i viaggiatori vengono portati a terra con le lance. Fra poco ci salirò anche io per una uscita su un gommone lungo uno dei corsi d’ acqua con un po’ di cascatelle, spero piccole.
Ci saranno in maggioranza giovani questa volta, così da poter cogliere anche in questa fascia gli umori, i desideri…
Luisa non verrà con me, deve preparare la nuova campagna grafica per la prossima crociera, con tanto di proposte; ci vedremo nel pomeriggio per un caffè e un giro sui ponti insieme.
Nel gruppo scorgo subito quattro giovani, mi colpiscono per come scherzano e parlano tra loro, segno di un legame già stretto in precedenza. Mi ci accosto per coglierne i discorsi. C’è ne è una che parla in verità assai poco. Bionda, con un fisico asciutto, un sorriso accennato è accanto a un altro, che al contrario, parla spesso. Capelli folti e barba, abbigliamento molto casual, fare spigliato. Sono una coppia di amici, non hanno un linguaggio del corpo che dice altro. L’ altra coppia: un lui decisamente pensoso e con sguardo sognante, dai modi equilibrati e cortesi, una lei piccola e minuta, sguardo molto dolce e fiducioso, pacata.
Decido che mi piacciono. Indosso con loro una specie di giubbino piuttosto grosso e ingombrante e con l’istruttore e altre persone ci avviamo verso la meta. Ci sono altre persone sui quaranta come me, persino qualcuno un po’ anziano; non deve essere un giro troppo spericolato.
Coi ragazzi faccio subito amicizia, osservando insieme come la strada appena fuori dal piccolo borgo si faccia più suggestiva con le piccole case basse e costruite sulla roccia, il ponte sul torrente, più in là la cascata.
Costeggiamo la cascata grazie a una scala che si inerpica accanto, arrivano spruzzi d’ acqua, e aria a folate. Saliamo ancora ed ecco il corso d’ acqua con tre gommoni che ci attendono. L’esperienza è più breve di quanto pensassi, in realtà il tempo maggiore è quello trascorso nel bosco e poi a pranzo in una baita. I ragazzi sono un po’ delusi, immaginavano salti di cascate, dicono “cose da vecchi! Intendiamoci, non come per gente della tua età…vecchi veri. Per i giovani ci vogliono cose più elettrizzanti, del resto non ci saremmo mai venuti senza l’opportunità che ci ha dato Lidia.”
Lidia alza la testa e sorride. Ho notato che parla pochissimo e resta sempre accostata a Davide, che al contrario parla spesso, con esuberanza. Infatti continua, e mi fa un piacere: “ci siamo da poco diplomati, sai, tutti della stessa classe di liceo. Cinque anni insieme. Il papà di Lidia è ingegnere ufficiale su questa nave, si vedono poco e si vogliono bene, così lui le ha offerto questa crociera…ma, Lidia senza noi sarebbe morta!” Altro sorriso di Lidia. “E così siamo venuti anche noi, no, mica solo per lei, anche per noi, come esperienza.”
“E la rifareste?”
“Stai scherzando? Costa un sacco, beh, noi non abbiamo pagato tutto… e poi è cosa…”
“Da vecchi”.
“Appunto. No, avessi tanti soldi andrei che so, in Brasile, Messico, per un due mesi, in continuo viaggio, senza lavoretti. Così non vedi il mondo, è come stare davanti alla TV!”
“E come la vorreste una crociera?” Azzardo.
“Ma non la vorremo affatto, per ora. Oppure che so, in Amazzonia su una grande barca. Una altra roba insomma”.
Ma, inaspettatamente comincia a intervenire l’ altro ragazzo: “so di navi che dall’ Italia sbarcano a New York, io la farei una esperienza del genere. L’ aereo lo trovo noioso. Con la nave invece, con i vari sbarchi nelle città, potrebbe essere interessante. So che ci sono navi più eleganti di questa, più raffinate.”
“Eh, sì. Ne ho sentito parlare anche io.” aggiungo, salutando subito dopo i giovani e unendomi alla guida per tornare in nave.
Beh, conclusioni non ne ho, ma non mi sembra ci siano presupposti per il lancio di un altro tipo di crociera. E adesso volentieri me ne vado in stanza, da sola per un po’, prima della cena con gli altri. Ecco mi piacerebbe vedere un po’ Lucia e Gianluca, stare un po’ con loro, ma non ho voglia di avere dietro Luisa. E mentre mi sto infilando in doccia ecco che squilla il cellulare.
“Ciao, capo.”
“Allora, che novità ci sono? Come prosegue il viaggio? “
“Vuoi una relazione ora? Mi sembra presto. Ti direi cose che già sai…”
“Vediamo.”
“Nave piena. Età media 55 anni. Personale efficiente. Cibo buono più al self-service che al ristorante. Escursioni prenotate quasi tutte, con preferenza per quelle più lunghe con giro panoramico in pullman, così i coglioni pagano due volte il cibo e le serate danzanti…”
“Questo lo so!”
“Te lo avevo detto”
“Alicia, devi dirmi quello che non so e che tu devi scoprire!”
“Non lo so ancora”
“Ok. Tutto bene con Luisa?”
“Ottimamente! Ci stiamo innamorando, ma il problema è che non sa poi come fare col marito, sai ci sta insieme da tanto. Le ho detto che non sono mica gelosa io, ma lei ribadisce che non può stare con due persone, e…”
“Bene, bene, il tuo sarcasmo non cessa di sorprendermi. A presto. Fammi sapere. Voglio una relazione prima che finisca il viaggio.”
“D’accordo. Tieni in sospeso solo per un po’ il cantiere per la nuova nave. Manda in vacanza gli ingegneri progettisti, vacci anche tu. Rilassati.”
“Te lo assicuro. Se non sarai esaustiva ti manderò a quel paese, neanche ti salderò il compenso.”
“Sai che fatica per entrambi avere a che fare con l’avvocato? Dai, devo prepararmi per la cena. E devo ancora decidere il tipo di escursione da fare domani a Bergen.”
“Come le decidi le escursioni?”
“Guardo le liste coi nomi. Col database risalgo ai dati anagrafici e alla prenotazione effettuata insieme, eventualmente, ad altri. So così quanto prima, con chi, da dove è stata prenotata. E naturalmente l’età.”
“E poi? “
“Esempio… se una coppia si muove sola dalla Sicilia e prenota non solo la crociera ma le escursioni tutti i giorni, vuol dire che non vuole sorprese. Programmare tutto prima può essere indice di insicurezza. Conclusione: questo è il viaggio che ripeterebbero.”
“E quelli che non ripeterebbero?”
“Tutti quelli che non vogliono essere incasellati, portati troppo per mano, costretti a vedere l’opulento cattivo gusto, essere intrattenuti in un circuito simile alla televisione.”
“Cosa vorrebbero?”
“Farsi una doccia e spegnere il cellulare. A presto, Emilio.”
Mi chiedo se posso permettermi tanto, in fondo mi paga bene. Sì, però non può stressarmi ogni volta con la sua ansia. Deve fidarsi molto di me, a pensarci, se me la mostra così. È più controllato con gli altri che conosco. Già, sa che non parlo, sono discreta. E poi forse gli piaccio, un giorno mi ha fatto trovare delle rose, rosse per giunta, nella saletta dei nostri incontri. Le ho buttate nel primo cestino appena fuori la sede, quello accanto al bar; mi impicciavano…si…ricordo…avevo appuntamento con un importante tour operator, ed era anche il primo incontro. Mi son detta, dai Alicia, appoggiali qui, passerà qualcuno e le prenderà queste magnifiche rose, uscendo dal bar. Beh, non potevo sapere che sarebbe uscito lui. Successivamente me lo ha fatto notare, indirettamente. Indirettamente gli ho risposto. Adesso non ricordo i particolari, ma perché seguo questi inutili pensieri?! Devo fare un po’ di meditazione, magari al centro benessere che è qui e che non ho ancora provato. Ci passo dopo cena e invito anche Luisa, così non si sente messa da parte se poi me ne vado dai nuovi amici.
È stranamente silenziosa mentre ci avviamo al centro. È una parte della nave più isolata e molto, molto meno appariscente. Finalmente pochi colori e ben abbinati, tavoli piccoli con teiere di stile orientale, naturalmente, e persone che si muovono in accappatoio, o che languidamente fanno la lampada, protetti da schermi bianchi divisori. Di fronte al mare protetti dal vento da una ampia vetrata. Mi sembra giusto. Mica la tintarella una se la fa prendendo il sole col vento sulla pelle! Estremamente plebeo…
Bene.
“Vorrei conoscere un po’ di tariffe e di trattamenti effettuati nel vostro centro. E magari prenotarne qualcuno.”
“Certo, signora”
Mi elenca tutto, con un sorriso che non si spegne mai. Esaltato dal rossetto in tinta con la divisa, una sorta di kimono vinaccia.
In disparte, Luisa
“A me sembrano piuttosto cari.”
“È del tutto ininfluente per me. Per il lavoro che devo svolgere ho accesso gratuito a ogni luogo della nave. Qui non ci sono ancora stata.”
“Per me non è così. È già tanto che il direttore marketing mi abbia permesso una crociera spesata, in realtà poi il patto è che sono pagata un po’ meno per la campagna stampa e per quella radio. Posso accedere a qualche escursione solo se tu lo ritieni necessario, insomma se serve che io ti accompagni per credibilità di personaggio e di incognita…ma… il resto è a mie spese, e questo mi sembra un po’ troppo per me. E poi devo lavorare stasera, lo sai lui com’è. Tutto pronto e in più versioni. Sono una freelance, non ho un contratto fisso.”
“Come del resto io. Va bene, prenoto solo per me. Domani vieni con me allora a Bergen? Credo che sceglierò un giro in città con veduta dall’ alto prendendo la funivia.”
“Certo! Contentissima! Mi dai gli orari stasera a tavola? Allora io vado ora se ti fai già un trattamento. “
“D’ accordo. A dopo.”
Le mani della massaggiatrice sono forti e dolci insieme. Massaggio ayurvetico. I nomi esotici fanno più “in”. Si dovrebbe andare in oriente per sperimentarli davvero. Insieme ai colori, gli odori, la spiritualità. Si entra in un’altra dimensione. Ricordo ogni cosa, è lì che ho sperimentato e appreso la meditazione.
Ero partita per lavoro, un resort in Tailandia. La terra non mi piaceva, un caos di vie, una urbanizzazione selvaggia, di tipo europeo applicata a un paese in via di sviluppo. Poi il ballo pieno di grazia delle due danzatrici, l’orchidea poggiata sull’ acqua. Un senso di leggerezza e di bellezza. Mi concentro sul bianco dei petali. Ne sento la grana, le venature, il profumo. L’essenza. E mi addormento.
Riapro gli occhi sull’ azzurro del mare, una linea sola lo divide dall’azzurro del cielo. Frammenti di discorsi mi arrivano. Le persone che sono qui mangiano in un ristorante, accennano a come vestirsi la sera, alla guida privata che li accompagnerà l’ indomani in città. Mi alzo per una tisana e intanto le guardo. Non belle, ma pensano di esserlo. Eleganti però nei gesti e nelle movenze. Studiate ecco. Mi sa che dovrò fare una capatina anche in questo posto, ma mi manca il tempo per tutto. Forse basterà prendere un drink nel bar che frequentano spesso, quello con la Ferrari. Mi annoiano queste persone. Recitano troppo una parte, un personaggio. Preferisco la normalità esuberante della gente che ho incontrato.
(Continua)
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