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Niki de Saint Phalle nella mostra monografica al MUDEC di Milano
Niki de Saint Phalle, artista franco-statunitense, è conosciuta soprattutto grazie alle sue opere scultoree dette Nanas, un vero popolo di sculture femminili dalle forme morbidamente accentuate e ridondanti, coloratissime, gioiose, di dimensioni così grandi, alcune, da poter essere attraversate e abitate.
Esprimono gioia e desiderio di vivere, potenza germinante e desiderio di opposizione a un mondo che l’autrice sentiva come opprimente e oppressivo per le donne.
È la sua risposta a esperienze dolorose che ha subito da giovanissima e che l’hanno segnata profondamente tanto da provocarle gravi crisi depressive con conseguente ricovero e “cure” attraverso sedute di elettrochoc.
Eppure Niki de Saint Phalle aveva già espresso la sua ribellione rendendosi giovanissima autonoma dalla famiglia, posando come fotomodella per riviste di moda e, successivamente, intraprendendo lo studio della recitazione; fu nello stesso periodo, fine anni 50, che sposò lo scrittore Henry Matthews con cui si trasferì a Parigi.
Subito dopo, quella che sembrava una crisi nervosa si rivelò essere una profonda crisi depressiva che la condusse quasi al suicidio; fu ricoverata in una clinica a Nizza dove insieme agli elettrochoc emersero le profonde ferite provocate dagli abusi sessuali del padre quando era poco più che una bambina.
Niki de Saint Phalle, nella clinica dove si trovava ricoverata, trovò nella composizione dei primi disegni e collage un modo per liberarsi dalla rabbia e umiliazione così a lungo contenute e represse, e capì che quella dell’arte era la sua terapia.
Abbandonò i corsi di drammaturgia per diventare un’artista autodidatta riuscendo anche ad esporre in una mostra in Svizzera nel 1956.
Fu durante questo soggiorno che l’artista conobbe Jean Tinguely col quale nacque una grossa affinità artistica e col quale, in seguito al divorzio dal marito, condivise uno studio a Parigi.
Agli inizi degli anni 60 realizzò i primi video che vennero chiamati Spari o Tiri, emblema del gesto pittorico di riscatto e di rivalsa dalle violenze subite in passato. Furono video che la resero famosa, grazie anche alla collaborazione artistica col suo nuovo compagno che l’aveva introdotta nell’ambiente artistico di Parigi.
Seguirono opere che denunciavano le imposizioni subite dalle donne attraverso ruoli fissi e convenzionali che le tenevano prigioniere, si tratta dei cicli delle Spose, delle Streghe, delle Prostitute.
Ma la grande testimonianza della collaborazione tra i due artisti fu Il Giardino dei Tarocchi situato in Toscana in un terreno concesso da Marella Agnelli che la pittrice aveva conosciuto durante una vacanza a Saint Moritz.
Si tratta di un parco in cui sono installate ventidue sculture molto grandi che rappresentano le carte dei tarocchi, in particolare gli arcani maggiori, come La temperanza, L’appeso, la Luna, Il carro e via a seguire.
Importante fu l’apporto tecnico di Tinguely per la realizzazione delle opere, infatti fu lui a progettare le anime metalliche delle opere che vennero poi rivestite di cemento da Niki e decorate con mosaici colorati, composti da specchi, ceramiche e vetri.
Risulta immediato, attraversando il Giardino dei Tarocchi, il rimando al Parco Guel di Gaudì che l’artista aveva visitato durante un viaggio a Barcellona restandone profondamente impressionata.
Ma perché, mi son chiesta quando ho visitato il giardino tempo fa, Niki de Saint Phalle si discosta dai temi sociali e politici per trattare con tanta passione un tema esoterico quale quello degli Arcani Maggiori dei Tarocchi?
Una risposta credo possa essere quella che gli Arcani rappresentano le sfide e le opportunità che la vita offre, diventando un viaggio con una serie di tappe che ogni persona può fare per conoscere meglio sé stesso.
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