"Gli occhi di Tecla" o della consapevolezza degli eventi e loro orientamento concreto
Gli occhi di Tecla di Nina Doli

"Gli occhi di Tecla" o della consapevolezza degli eventi e loro orientamento concreto

diGianni Mazzei

Questo godibile romanzo  si snoda, temporalmente, per circa quaranta anni, nel periodo forse di cambiamento epocale e non solo dell’Italia, a cominciare dagli anni ’70. I luoghi in cui si compiono gli eventi sono l’Italia del Sud, Napoli e con molta più attenzione la Sicilia, a Catania, con sguardi, fugaci, ma significativi, a Parigi, al Cile, all’URSS e ai popoli del terzo mondo.

Sono gli anni del passaggio da una società  rurale a quell’industriale, alla vivacità politico-sociale in Italia per i diritti civili (l’aborto), la contestazione giovanile, gli anni di piombo, la lotta alla mafia .

A questi eventi, trattati, tramite le vicende dei personaggi, con grande efficacia e intelligenza, si innestano altri, che pur se di sfuggita, avranno un peso nella politica nazionale e ancora sussistono:  la corruzione dei partiti (prendendo emblematicamente ad esempio quello della D.C, in Sicilia), la speranza di un cambiamento epocale nell’URSS con l’avvento di Gorbaciov (con la glasnost’= trasparenza , perestrojka= ricostruzione), poi miseramente fallita con tutto ciò che ne consegue, che sta sotto i nostri occhi:  un mondo ingovernabile quasi, senza punti di riferimento per tenere a bada le varie spinte delle grandi potenze e del radicalismo islamico; il riferimento a come gli Stati Uniti si intromettono nelle vicende del mondo, specie nella propria aria di controllo, durante la guerra fredda (la rivoluziuone cilena) e l’esodo dei popoli del terzo mondo in Europa (il riferimento a Lampedusa).

Essendo un romanzo e non un saggio, quanto detto diventa azione, sommovimenti interiori, indecisioni, scelte da parte dei vari personaggi, ma in modo particolare della protagonista principale, Tecla.

Lei, una ragazzina, brillante al liceo classico di Napoli, con una sorella più piccola, proveniente da una famiglia borghese, curiosa e attenta ai cambiamenti, si trova, per amore, all’interno della contestazione giovanile, resta incinta, decide di  tenersi il nascituro, si  sposta da una sua zia a Catania, si  laurea, fa  volontariato, si  sposa un magistrato che poi finisice ucciso, per le sue inchieste coraggiose, dalla mafia,  dà  un impronta, positiva, ai due figli: Vito e Lia.

Il tutto avviene, orientando eventi  propri e altrui, decisioni e cambiamenti, tramite gli occhi intensi, a livello più profondo e etimologicamente, come sun-oida: coscienza, saper vedere insieme agli  altri, ragionando con il cuore, sapendo trarre da ogni esperienza il giusto passo in avanti, senza estremismo ed esasperazione, pagando di persona , nel rispetto della propria e altrui libertà.

 Certo, insieme agli “occhi” di Tecla ci sono anche altri “occhi” che sanno essere positivi e che avrebbero potuto prendere il posto privilegiato della ragazza di origine siciliana: l’amica del cuore Antonia, conosciuta nel frequentare per un mese “la Comune” a Napoli, il leader carismatico, Peter, di cui resterà incinta di Vito, il rivoluzionario cileno Manolo Cortez, Nicola Ferro, l’inflessibile magistrato siciliano che poi sposa e che viene ucciso dalla mafia.

Ma nessun personaggio ha, per come è strutturato il romanzo, la centralità felice di Tecla e la capacità di saper distribuire i ruoli agli altri protagonisti, come una partita a scacchi o un mosaico. E nessuno è così completo, in grazia e armonia fisica,  curiosità, intraprendenza, caparbietà, ma anche intelligenza, buon senso, generosità come Tecla.

“Capelli lunghi, ricci, scuri, occhi azzurri, sguardo adorante” Tecla riesce,  in  questa voglia  di provare nuove esperienze, a cambiare se stessa e anche, più lentamente, la propria  famiglia borghese, tanto da portare lo  stesso padre, prima rigido e intransigente, ad una posizione di apertura. Ma l’educazione avuta in casa, dalle suore, i valori trasmessi dal mondo classico, a scuola,  non le creano sbandamenti facendola passare, in modo drastico da una posizione ad una totalmente contraria.

L’ubriacatura della libertà e di sapersi autogestire nella breve esperienza della “Comune” a Napoli, non  le fa accettare da Peter, che pure ama fortemente, il rigetto di ciò che “sono pregiudizi borghesi” quali l’amore di gruppo ecc. 

Sa scegliere Tecla, con sofferenza, ma con  determinazione: essere “spugna emotiva” è solo avere una grande sensibilità, percepire il cambiamento, ma senza subire sbandamenti. Il suo amor proprio, l’orgoglio, il senso del dovere, essere ribelle, avere buoni principi,  sono  modalità con le quali affrontare il nuovo, aderirvi con spontanietà, consapevolezza, senza  subire, o sentirsi aristocraticamente diversa.

Per cui ciò che è nel romanzo, l’anticipazione di una svolta  non è una discontinuità  totale, ma una gradualità di atteggiamenti innovativi. Né sono frasi fatte, quasi un meccanismo ciò che l’autrice del romanzo dice in momenti decisivi “ma il destino aveva altro in  serbo”, “nella vita niente è definitivo” e altre frasi simili.

L’autrice è molto smaliziata per come si struttura un romanzo, applicando, nel creare personaggi e loro comportamenti, i canoni più giusti, dalla verosomiglianza di Aristotele, fino  a ciò che il critico Giacomo De Benedetti analizza nel suo “il roman zo del novecento”, per quanto riguarda  lo svolgimento delle azioni dei protagonisti.

E  Nina Doli, in questo romanzo, che ritengo un gioiello per come è congegnato, per la sobrietà ed eleganza linguistica, per la chiarezza  e per il suo aspetto etico, educativo (è un bel  romanzo di iniziazione ), trova soluzione nuova e originale, rispetto a quelle prospettate dal critico citato.

In effetti,  scarta il verismo e l’ineluttabilità di certi comportamenti, la fatalità degli eventi. Scarta anche la gratuità di scelta di alcuni eventi come avviene nella “ Noia” di Moravia, ma scarta anche  la svolta di un fatto eccezionale  tra i tanti che porta alle conclusioni come nel dottor Zivago di Pasternak.

Non assistiamo, in questo romanzo, all’urto degli atomi che scatena la reazione che poi, l’autrice, prendendoci per mano,  porta alla conclusione voluta, pilotata.

In ogni cambiamento resta in bilico un argine di incertezza e probabilità;  se  l’evento volge al meglio è perché spontaneamente è maturato per tale mutamento.

Tale linearità, che non è arbitrio né un decidere fuori dai meccanismi interiori dei protagonisti e le variabili degli intrecci degli eventi,  fa si che anche la frase sia chiara, senza scatti nervosi, discontinuità brusca che avrebbe creato perplessità, confusione e scompiglio al lettore.

È un’orchestrazione di grande efficacia e maestria, è “un moderato cantabile” per usare il titolo  di un’opera della Duras, di cui questo romanzo ha la stessa compattezza, ritmo interiore e  amabilità.

Plasticamente si rivela quanto detto dal prologo: Tecla, guarda, a cose fatte, dall’alto la sua vita, soddisfatta perché “ha combattuto la buona  battaglia”; osserva  tra l’Etna  che nel romanzo ha qualche inquietudine (come lei), ma senza mai giungere a terremoti distruttivi, e il mare, in quella luce  acquorea, quasi bevibile  tra l’aprile e l’ottobre, scintillante di colore, aria elettrica e limpida (sono gli aspetti temporali citati nel romanzo), mai però  la luce ferma, afosa e crudele dell’estate che acceca e non fa ragionare  e decidere pacatamente, lasciando tutto al proprio posto come avviene nel “Il Gattopardo” di Lampedusa.

È uno stile, quello di Nina Doli, più complesso rispetto  ad altri scrittori: non  si appaga  solo di lessico  e sintassi, per altro ineccepibili e  di grande chiarità, precisione, efficacia  e dolcezza;  esso  è capacità di elaborare un volto, un carattere, una vicenda , sviluppandoli successivamente per gradi e definendone  tutte le possibili risonanze.

Fino all’unità definitiva, in unitarietà e coerenza, con  ricchezza di vibrazioni, nell’alternarsi, sempre fiduciosi, del tramonto e dell’alba.

Lo stesso armonico accordo che Tecla fa tra la musica leggera italiana, melodica, e quella straniera, più rock e blues e ancora tra la musica leggera in generale e quella classica, indica questo suo spirito conciliante, da adattamento, ma sempre con la capacità di saper godere di entrambi i ritmi e le melodie


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