Nüshu - prima parte
Nüshu (女书) è il nome di una delle rare lingue di genere, letteralmente significa “scrittura delle donne”, veniva usata dalle donne del territorio di Jiangyong nella provincia di Hunan, nel sud della Cina.
Fei-Wen Liu una sociologa dell’Accademia Sinica di Taiwan nel Volume: “Gendered words”, Oxford University Press 2015, racconta i suoi ventennali studi svolti nei villaggi dello Jiangyong (approfittando dell’apertura della Repubblica Popolare nei confronti di Taiwan, che negli anni ‘novanta ha consentito ai cittadini delle due Cine di potersi incontrare) con lo scopo di studiare le ultime traccia di questa lingua ormai non più utilizzata.
La popolazione originaria in questa regione della Cina era di nazionalità Yao, in Cina sono riunite circa 50 nazionalità diverse dagli Han che costituiscono quella maggioritaria. Gli Yao avevano una struttura sociale non così maschilista come quella degli Han, per loro il matrimonio era sempre d’amore, in primavera nel corso di lunghe feste rituali i giovani si conoscevano e si formavano le nuove coppie.
Nel medioevo lo Jongyang subisce una forte immigrazione di cinesi di nazionalità Han, che introducono lo stile di vita confuciano, che sovrappone a quelle abitudini così liberali, delle concezioni più rigide e gerarchiche. I matrimoni diventano combinati e rigorosamente exogamici, cioè le ragazze dovevano sposare giovani di altri villaggi e lasciare il proprio, questo sradicamento probabilmente è stato, la causa che ha spinto le donne a cercare un mezzo per comunicare con le famiglie d’origine, con la madre in particolare, che erano ormai diventate persone lontane.
Questa lingua è stata usato da secoli, ma “scoperta”, o meglio portata alla ribalta solo nel 1982, da un professore cinese Gong Zhening, e in un periodo prossimo alla sua sparizione.
Non è mai stata una lingua segreta, veniva usata alla luce del sole, semplicemente gli uomini la consideravano “stuff for womens” come sottolinea Fei-Wen Liu, e se ne disinteressavano completamente.
Si tratta di una lingua sillabica, diversa dal Cinese, sia nella parlata che nella scrittura, e anche ai cinesi risultava incomprensibile.
Veniva trasmessa di madre in figlia, le testimonianze delle donne più anziane dicono che veniva insegnata durante le faccende domestiche, quando le figlie aiutavano le madri, e la scrittura veniva appresa tracciando i caratteri con un bastoncino sulla sabbia.
Le ragazze fino al matrimonio rimanevano, per la maggior parte del tempo, nel piano superiore della casa, lavorando col telaio o ricamando, solo le donne più povere erano obbligate a lavorare nei campi, e anche questa sorta di reclusione finiva per favorire l’acquisizione della lingua.
Accanto alla parola scritta si è sviluppato un canto, il Nugè (女歌), il canto delle donne (Nu 女 significa donna in cinese), che secondo le testimonianze maschili ricorda il ronzio di un nugolo di api.
Come per tutte le altre lingue, ci sono vari gradi di conoscenza, tutte lo parlavano, ma non tutte potevano scriverlo, chi non sapeva scrivere si esprimere componendo un canto, i più belli venivano successivamente trascritti.
L’origine di questa lingua non è chiara, alcuni studiosi la considerano un sottoinsieme semplificato del cinese, come la sua “radice quadrata”, perché consta di 7000 caratteri contro i 70000 del cinese classico. Un’altra teoria, che mi sembra quella più ragionevole, la considera come un residuo dell’antica lingua Yao, penso che persone con una vita così segregata avessero per forza bisogno di una struttura linguistica già esistente che servisse come veicolo per la trasmissione dei messaggi.
Questi messaggi venivano scritti tradizionalmente su ventagli cinture o capi di vestiario, e venivano scambiati con l’aiuto di messaggeri maschili, che più liberamente potevano spostarsi di villaggio in villaggio.
Il Nüshu ha cominciato a non essere più funzionale dopo la rivoluzione, quando sono stati reintrodotti i matrimoni d’amore, ed eliminato l’obbligo dell’exogamia.
Anche il governo cinese dopo la rivoluzione ha cercato di combatterlo, perché sembrava sanzionare una differenza di genere che si voleva considerare eliminata.
Adesso è lo stesso governo cinese invece che cerca di conservarlo come un patrimonio linguistico, insegnandolo anche con dei corsi universitari, e introducendo la figura delle “Nushu transmitter”, che nei villaggi del Jangyong mantiene viva la conoscenza della lingua, che alla fine è diventata anche un gadget per turisti.
Nel libro di Fei-Wen Liù sono riportati brani Nüshu con la traduzione in cinese e in inglese, quelli che riporto li ho tradotti direttamente dal cinese, a Taiwan non è stata accettata la riforma della lingua che ha introdotto i caratteri cinesi semplificati, e l’autrice usa i caratteri tradizionali, e per poterli tradurre ho dovuto farne la conversione.
I testi, ad eccezione di quello storico di Hu Yuxiu, sono tutti databili da fine Ottocento alla prima metà del Novecento.
Le donne che li hanno scritti sono tutte di famiglia contadina, anonime, non delle letterate.
Anche se il Nüshu ha un uso millenario, i testi difficilmente si conservavano, perché scritti su materiali troppo fragili, e poi per l’uso di bruciarli alla morte del possessore.
Il primo testo esprime bene tutto il senso della scrittura Nüshu.
Quante donne cedono, nel disprezzo, al loro destino di morte?
Quanto sangue sparisce fluendo con le lacrime?
Le donne partono accettando pesi opprimenti.
Tutta la vita in una stanza e nessuno si cura di loro.
Ma solo loro possono scrivere per conseguire il bene.
Noi cominciamo sempre dall’inizio, per distinguere e comprendere
e lo facciamo In Nüshu, la nostra lingua, per leggere e scrivere
non è fatta per diventare funzionari o famosi
ma per dire e scoprire perché soffriamo
così ci sosteniamo tra di noi
e scriviamo di questo dolore e di queste passioni.
多 少 红 顏 薄 命 死
多 少 終 身 血 淚 流
女 人 過 去 受 壓 迫
世 間 並 無 疼 惜 人
只 有 女 書 做 得 好
一 二 從 頭 寫 分 明
新 華 女 子 讀 女 書
不 為 當 官 不 為 名
只 為 女 人 受 盡 苦
要 憑 女 書 訴 苦 情
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