Padri e figli
Alessandro Pertosa ha pubblicato nel 2023 “Parola di Isacco” per i tipi di Puntoacapo Editrice, con una prefazione di Cristiana Santini.
Lo scrittore è nato a Civitanova Marche nel 1980, è poeta e drammaturgo e insegna Filosofia e Antropologia all’ISSR di Ancona.
Negli ultimi anni ha curato l’edizione del Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani di Giacomo Leopardi (Lindau 2017) e una traduzione dei Carmi di Catullo (Cartacanta 2020). Le sue ultime pubblicazioni sono: Biglietti con vista sulle crepe della storia (Puntoacapo editrice 2020), Amami non amarmi (Edizioni Azzardate 2021).
Oggi ci presenta un’opera certamente molto originale e intensa, che parte da lontano, esattamente dalla Genesi (22,1-19) per affrontare un tema cruciale non solo per la letteratura, per il mito, per la religione, ma direi per l’intera società contemporanea.
Intorno al rapporto padre-figlio è incentrato lo sviluppo della narrazione; l’occasione, per dirla con Montale, è data dalla lettura del passo biblico, in cui Abramo, per sottomissione cieca e insensata obbedienza, pone sull’altare il figlio, carne della sua carne, solo perché un dio glielo ha chiesto. In nome di Jahvé, padri folli e colpevoli, ma anche vittime della legge, offrono figli incolpevoli che saranno macchiati per sempre dall’odore colpevole della loro innocenza.
“alzati, si è fatto tardi”
ma per andare dove?
e perché mia madre non deve sapere?
Isacco è pronto a entrare nella notte scura, ma alla fine Jahvé ha un moto di pietà e lo salva.
La salvezza data in extremis è però spesso la peggiore condanna.
Il senso di colpa produce un rancore infinito nei confronti del padre. Eppure, comprende il gesto paterno se non quando lui stesso genera un figlio:
l’ho capito solo adesso
che ho un bimbo tutto mio
cosa davvero
ti ha chiesto dio
Il figlio avrebbe preferito non essere mai nato, oppure morire sotto il colpo del padre piuttosto che essere ubriacato da tanta consapevolezza.
Il ruolo psicologico del padre è infondere fiducia, esercitare un ruolo di testimone della legge. La storia di Abramo e Isacco è una delle più iconiche e profonde della tradizione religiosa e culturale. Raccontata sia nella Bibbia che nel Corano, questa narrazione offre una riflessione su temi universali come la fede, il sacrificio e l'obbedienza divina. Il comando divino ad Abramo solleva una serie di interrogativi morali e spirituali, poiché mette in conflitto l'amore per suo figlio con il suo dovere verso Dio.
Il figlio accetta la colpa del padre e accoglie il gesto estremo. Poi, è liberato dalla mano assassina del padre e, per un attimo, si sente libero. Infine, sembra però ricadere negli stessi errori del padre, come detta la tradizione tragica greca, perché la colpa spesso è ereditaria ed ereditata. Afferrato anche lui da una violenza cieca, da un istinto di morte, diventa l’uomo capace di uccidere.
S’intrecciano a questo molti miti: basti pensare ad Ifigenia, ingannata dal padre con la promessa di un matrimonio illustre con il Pelide Achille, o il mito di Telemaco, in particolare dopo la recente interpretazione in chiave psicologica da parte di Massimo Recalcati.
Il padre è il testimone della sensatezza del mondo. Il padre garantisce al figlio che in questo mondo la sua vita sarà possibile. Egli è simbolo della legge e attraverso la sua parola la legge non è più castigo, punizione, ma stimolo al desiderio e alla libertà.
Telemaco, figlio di Ulisse, aspetta che il padre ritorni e ristabilisca la legge nella sua casa invasa dai Proci.
Quando questo non accade, il padre evapora, il figlio è solo, il regno è distrutto, non c’è più la legge della parola e il figlio deve ristabilire la norma con le sole sue forze.
Come scrive la Santini nella prefazione: “Ascoltiamo il grido di un uomo di fronte alla perdita delle certezze, della fede. La poesia ci accompagna lungo il fastidioso cammino verso la responsabilità soggettiva, verso la vita, la sua complessità, le incertezze, i dubbi, il dolore dell’amore quando rivela la sua ambiguità”.
Quando l’amore ti tocca è una roba da matti
Isacco ha perso qualsiasi punto di riferimento, qualsiasi illusione, ma ora è divenuto uomo, perché ha guardato “oltre il padre”, anche se quello che vede non ha nulla di confortante
VI
passeranno cento anni e poi ancora cento
saranno di nuovo mille ed altri cento
uno dietro l’altro
cadranno i troni e le dominazioni
sul buio pesto dei miei giorni
e il drago
con le sue lingue di fuoco
scioglierà i pianeti nello scolo del tempo
e su un deserto di polvere e nebbia
s’incisterà un sigillo di gelo.
sarà quello il tempo dell’ira
e nessuno
resisterà oltre l’inizio.
La discendenza di Isacco sarà abbondante e forte, conquisterà le città dei nemici; ma, dopo la sconfitta di Elohim, regnerà solo la disperazione.
Eppure, sarà solo la perdita della madre il punto di non ritorno
distesa su un lettino, gli aghi nelle vene
mia madre si arrende in primavera.
…
si diventa davvero padri
quando si smette di essere figli?
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