
Parthenope
Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli
esseri viventi accedano alla via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo
di Budda
Questa, la mia terra, rimane salva e
illesa» e ci impegniamo insieme per costruire un mondo di pace che rifletta
le parole «costantemente popolata di esseri celesti e umani […] e là gli esseri
viventi sono felici e a proprio agio.
Parthenope è Napoli, la sua bellezza struggente e nostalgica, effimera e disperata, profonda e superficiale come il suo mare che l’abbraccia, buia e luminosa, eccessiva, volgare, scandalosa. Un racconto per immagini che scorrono lente mostrandoci il senso, dove il linguaggio non può arrivare ad esprimere l’indicibile, il mistero. Un lungo sogno in cui Sorrentino sembra aver imparato la lezione felliniana, dove alla potenza dell’immagine accosta un linguaggio volutamente banale, astruso, sospeso, direi insaturo, per dirci che gli intellettualismi, l’eccesso di razionalità non ha più nulla da comunicare. Solo le domande quelle che non hanno risposta o che trovano le risposte solo lentamente attraversano le trame delle vite, senza però mai raggiungere il mistero delle origini. La trama non ha grande importanza la fanciulla bellissima e sfuggente come il mare che l’ha partorita anela il suo principe, l’unione mistica con il fratello, la loro unione incestuosa sottolinea l’impossibilità dell’amore, e dell’amare che è sempre troppo o troppo poco. Così anche l’amore per questa città indolente dove nulla cambia e nulla si muove, ebbra della sua bellezza e incurante della sua crudeltà, costringe ad allontanarsi per poter vivere ed esprimere quello che si ha dentro, salvo poi tornare, ma in albergo. L’antropologia che la sottende è proprio quella del vedere attraverso, in trasparenza come direbbe Hillman, non a caso appare l’immagine a tratti inquietante di un Budda che ride, fatto di acqua e sale. Vedere il Budda significa accettare il male e vedere il bene anche in una terra” impura” che apre alla speranza di una felicità anche in mezzo al dolore.
A me il film è piaciuto, forse non è il migliore di Sorrentino, un film eccessivo, provocatorio a tratti volgare, dove i temi che ho elencato sono solo alcuni, perché ce ne sono troppi, ma comunque da vedere.
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