Plauto e il modello greco
Assai esigui e poco attendibili risultano i dati biografici tramandatici dalla classicità su Plauto [1]. Due notizie fondamentali ci sono pervenute da Cicerone: la prima ci giunge da Bruto, XV, 60 [2] dove si afferma che Plauto morì sotto il consolato di Publio Claudio e Lucio Porcio, mentre era censore Catone il Vecchio, cioè nel 184 a.C.: «quamquam Varro noster diligentissumus investigator antiquitatis putat in hoc erratum vitamque Naevi producit longius. nam Plautus P. Claudio L. Porcio viginti annis post illos quos ante dixi consulibus mortuus est Catone censore» [3]; la seconda ci è, invece, pervenuta da Cato Maior de senectute, XIV, 50, ove si afferma che Plauto durante la vecchiaia si dilettava nella composizione dello Pseudolus e del Truculentus: «Quid in levioribus studiis, sed tamen acutis? Quam gaudebat bello suo Punico Naevius! quam Truculento Plautus, quam Pseudolo!» [4]. La senectus iniziava secondo la cultura romana dopo i sessant’anni e poiché la didascalia che il Palinsesto Ambrosiano premette allo Pseudolus consente di fissare la prima rappresentazione della commedia intorno al 191 a.C., avendo Plauto già compiuto sessant’anni quando la commedia andò in scena, egli dovrebbe essere nato, perciò, attorno al 255 a.C. Il Palinsesto Ambrosiano è senza dubbio il codice manoscritto più celebre legato alla tradizione plautina, esso fu eraso e sopra all’originale plautino fu vergato l’Antico Testamento. A scoprire che il codice al suo interno conteneva anche un’altra opera fu il Cardinale Angelo Mai (1805), che lo studiò presso il Monastero di Bobbio. Alcuni testimoni medievali vennero in ausilio agli studiosi dell’epoca per la ricostruzione della lectio plautina, tra questi Palatinus Vetus del X secolo e il Palatinus Decurtatus. Tutti i codici in questione non erano però completi. In quegli anni, però, Martin Wallace Lindsay rinvenne nella Biblioteca di Oxford il Codex Turnebi. Con tale codice si riuscì a colmare molte lacune degli altri esemplari [5].
Tornando alla biografia plautina, sembra che nel 186 a.C. egli sia ancora in vita, infatti, il verso 980 della Casina sembra fare chiaramente un’allusione alla repressione dei riti orgiastici legati ai riti dei Baccanali. Un’altra notizia attendibile è quella che ci è pervenuta da Notti Attiche, XVII, 21, 46-47 di Aulo Gellio, ove si afferma che Plauto sarebbe fiorito, cioè avrebbe raggiunto la massima fama, di pari passo con Catone il Vecchio, quest’ultimo come uomo politico, l’altro come commediografo. Anche Gerolamo riporta notizie non dissimili in Chron., ad Ol. 145,1. Gerolamo sbaglia però sulla data di morte (200 a.C.) pur riportando le medesime notizie degli altri autori. Quello del Santo è però un errore banale, poiché egli ha confuso il momento di fioritura con quello della morte, avvenuta una quindicina di anni dopo. Tutte queste notizie consentono di collocare l’autore latino con precisione.
Per comprendere le innovazioni sostanziali introdotte nella commedia plautina che porteranno l’autore a distanziarsi dal modello greco, nel presente lavoro si prenderanno in considerazione tre commedie: il Poenulus, l’Asinara e il Truculentus. Nella commedia plautina sono rintracciabili costanti drammaturgiche, spesso combinate tra loro in modo tale da generare intrecci narratologici sempre nuovi. Questo modo di procedere pone l’attenzione su un utilizzo tutto nuovo dei modelli greci, dando così anche un grado di originalità e indipendenza a tutta la produzione plautina. Al verso 206 del Poenulus le sorelle Adelfasio e Anterastili escono dalla propria abitazione per recarsi al tempio di Venere. In scena le due figure non compaiono isolate, sono, infatti, spiate dall’adulenscens Agorastocle e dal servo Milfione, i quali assistono, non visti, alla loro toletta. Le due figure dal fondo si avvicinano pian piano entrando pienamente in scena e iniziano così un dialogo a quattro, che in alcuni momenti è interrotto da commenti personali e segreti ai rispettivi compagni/e [6]. Lo schema di tale scena può definirsi del tutto convenzionale. Gli spettatori all’inizio della scena devono immaginare il palcoscenico diviso in due parti, su due piani, una sorta di “quinta parte”, la quale divine il luogo nel quale si sviluppa una duplice azione. Da una parte le due ragazze che si preparano ad uscire, dall’altra le continue schermaglie tra giovane e servo. L’incipit della scena si connota per un uso smodato di versi bacchiaci, in particolare quelli che vanno dal 210 al 260 [7]. Alla monodia intonata da Adelfasio, che la impreziosisce con battute misogine tipiche del modello greco, permeato dalla satura latina, di autodenigrazione, segue un duetto incentrato tutto sui luoghi comuni sulla figura femminile, finché Adelfasio stessa non esorta all’interruzione del simpatico siparietto [8]. Il duetto femminile è impreziosito e contrapposto da quello maschile, tra l’adulenscens Agorastocle e il servo Milfione, nei versi 248-249 [9]. Dal verso 260 in poi i versi contati si interrompono e la scena procede in settenari trocaici. Va, inoltre, detto che le battute pronuncia separate rispetto al contesto cantato, spesso, raggiungono una lunghezza notevole, le quali generano un effetto straniante sullo spettatore, effetto, questo, che si basa su un uso del tutto innovativo dello spazio-tempo scenico10]. I due dialoghi presentati dalla scena sono molto simili per circa 120 versi, si sviluppano in parallelo, ma in due spazi distinti, quello femminile in primo piano a destra del pubblico e quello maschile sul fondo a sinistra [11]. Risulta particolare come il duetto tra le sorelle, collocato in primo piano, finisca per passare in secondo e divenire un pretesto per i commenti piccanti del servo.
Nei Poenulus però il ruolo dall’adulenscens Agorastocle non risulta così fondamentale e fondante come in altre commedie plautine. Un altro adulenscens molto dibattuto è quello che compare in scena al v 127 dell’Asinaria. C’è da chiedersi di chi si tratti in realtà, Argirippus oppure di Diabolus? Sulla questione si è già espresso uno dei maggiori esperti di Plauto, Roberto Maria Danese, docente dell’Università di Urbino, del quale sono stato allievo durante i miei anni universitari urbinati (Danese (1999: 59-62); Danese (2004: ad l.)). Non si tornerà perciò sulla questione, risulta, invece, più interessante concentrarsi sui meccanismi scenici analoghi ideati da Plauto in questa e altre commedie, e su come lo studio di tali meccanismi possa aiutare il filologo ad acquisire un punto di vista scientificamente più credibile sulla problematica del reale ruolo dall’adulenscens nell’opera plautina e nell’innovazione del modello greco. Molti studiosi si sono già espressi su come l’Asinaria presenti evidenti punti di contatto strutturali sia con commedie del tipo Casina sia con commedie del tipo Pseudolus [12]. L’Asinaria, però, presenta ulteriori analogie anche con la Truculentus. Gli intrecci narratologici sono completamente differenti, però, questi sono costruiti ponendo in atto identici meccanismi drammaturgici, poi declinati in modo autonomo andando a contestualizzare l’opera e generando commedie originali e indipendenti dal modello greco. Nell’Asinaria e nel Truculentus tutta la struttura ruota attorno a una contesa tra vari innamorati: Philaenium nell’Asinaria e Phronesium nel Truculentus. Ognuna delle meretrici è concupita da tre spasimanti, tipologicamente analoghi: un uomo adulto e due adulescentes. Philaenium è corteggiata da Diabolus e Argirippus, ma in gran segreto anche dal padre di Argirippus, il senex Demaenetus. Mentre, Phronesium sfrutta le brame sessuali degli adulescentes Diniarchus e Strabax, e del miles Stratophanes. La commedia Truculentus risulta, inoltre, del tutto originale e innovativa, in quanto a muovere le trame non sono gli amanti, ma la protagonista femminile che scherza e gioca con la sua attrazione sessuale. Plauto grazie a queste tecniche e ai nuovi intrecci denota con originalità e autonomia dal modello greco tutta la sua opera.
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[1] G. Chiarini, Introduzione a Plauto, Roma – Bari, Laterza, 1991, p. 12.
[2] Cicerone, Bruto, a cura di E. Narducci, Milano, Bur Rizzoli, 2013, pp. 142-143.
[3] «per quanto il nostro Varrone, scrupolosissimo indagatore di antichità, ritenga che in ciò vi sia un errore, e faccia durare più a lungo la vita di Nevio. Infatti Plauto morì sotto il consolato di Publio Claudio e Lucio Porcio, vent'anni dopo i consoli che ho ricordato prima, quando Catone era censore».
[4] «E non è lo stesso per interessi più leggeri, ma pur sempre profondi? Che gioia provava Nevio per la sua Guerra Punica!».
[5] C. Pascal, I codici minori di Plauto nell'Ambrosiana, in Studi italiani di filologia classica, vol. 11, 1903, pp. 390-400.
[6]. E. Fraenkel, Elementi plautini in Plauto, Firenze, 1960, pp. 264-266.
[7]. C. Questa, Titi Macci Plauti Cantica, Urbino, 1995, pp. 310-313.
[8] G. Petrone, Due paragoni antifemministi in Plauto, in PAN, n. 2, 1974, pp. 19-25.
[9] D. Bain, Actors and Audience. A Study of Asides and Related Conventiones in Greek Drama, Oxford, 1977, pp. 17-19.
[10] D. Bain, Actors and Audience. A Study of Asides and Related Conventiones in Greek Drama, Oxford, 1977, pp. 17-19.
[11] C. Questa – R. Raffealli, Maschere, prologhi, naufragi nella commedia plautina, Bari, Adriatica, 1984, p. 27.
[12] R. M. Danese, Costruzione dell’originalità stilistica nella commedia plautina. Esempi di riutilizzo creativo delle strutture drammaturgiche, Asinaria e Truculentus, in DRAMA Y DRAMATURGIA EN LA ESCENA ROMANA. III Encuentro Internacional de Teatro Latino, Zaragoza, Pórtico Librerías, 2009, pp. 93-105.
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