CovidNenia di Ariele D’Ambrosio e la Poesia Orale Secondaria Contemporanea
Ed ora homo homini virus
pandemico nella finanza
la crescita cerca infinita.
la torre globale è virale,
nel mondo globale pandemico,
Babele il linguaggio mutato
sgranato dalla presunzione
di chi ha progettato la terra,
progetta anche il mare ed il cielo
ed ora organizza lo spazio.
s’allunga la torre di scienza,
ma resta sgranata dal virus
s’arresta nell’indefinito.
CovidNenia (Diogene Edizioni) è una raccolta di poesie illustrate, un viaggio polifonico e multisensoriale che intreccia l’arte della parola in versi alle arti visive. Ariele D'Ambrosio, napoletano nato a Firenze nel 1953, è poeta e scrittore, saggista e perfomer. Medico specialista in medicina interna, ha lavorato per più di quaranta anni come clinico medico in medicina interna presso l'ospedale Antonio Cardarelli di Napoli. Egli dice nel suo interessante e ricchissimo saggio critico POC Per una prassi di Poesia Orale Secondaria Contemporanea:
“Sono immerso nella contemporaneità con il desiderio di accoglierla per le sue induzioni creative e funzioni utili, ma anche con i dubbi e le critiche che consentano di limitarne gli effetti collaterali, le disfunzioni e le derive che ogni innovazione porta con se. Pertanto il mio desiderio non è quello di innescare fratture o attivare strategie difensive erigendo muri, ma piuttosto è quello di fabbricare ponti, scoprire e rilevare connessioni e collegamenti. Nella Oralità Contemporanea, nel cui ambito riconosco il mio lavoro, colgo una specifica dimensione sinestetica e sincretica.”
Fabbricare ponti attraverso la voce: la poesia quindi come strategia comunicativa, complessa sofisticata eppure assolutamente tesa alla comprensibilità. Ariele D’Ambrosio nel 1983 inizia la ricerca sull’oralità in poesia e realizza il suo “teatro di poesia” detto TeatroConcerto. Su YouTube si possono ascoltare molti suoi esperimenti, dove fonde voce, musica e movimento. Nel 2015 è invitato all’ottava edizione di RicercaBO, laboratorio di nuove scritture, curato da Renato Barilli e Niva Lorenzini. Premio Eduardo Nicolardi per la poesia, XXI edizione 2011
Per approfondire il rapporto tra Poesia, Canzone Popolare, e Canzone POP, nel 1999 partecipa a stage per Autori presso il CET di Mogol.
La Poesia Orale Secondaria è posizione fondamentale della sua ricerca. Scrittura, Parola, Voce. Vuol dire comprendere la profonda connessione psicocorporea tra questi tre aspetti. “Gioca” con parole d’invenzione, ricercando nella loro stessa sonorità la dimensione espressiva d’ironia o d’invettiva sarcastica, lasciando però sempre – alla voce interna di chi legge e si ascolta in silenzio, di chi la sussurra, o di chi se la dice a voce alta, di chi la trasmette all’altro – la possibilità d’interagire con la dimensione ludica, fonetica e sonora dell’oralità. Egli parte dall’esperienza di Arnaut Daniel. La poesia “lineare” e scritta deve riferirsi alle sue antichissime radici, alle tradizioni dei rapsodi greci, rawi arabi, trovatori medioevali, bardi irlandesi. Anche il gioco di parole può generare emozioni e riflessioni emotive, creando connessioni di significato e risonanze nel profondo.
Ogni artista che guarda il mondo partecipa al processo pedagogico e politico, con il suo linguaggio metaforico e simbolico. Nell’era della globalizzazione mondiale è interessante osservare i rapper di tutto il mondo, il loro freestyle che connette parole rima e musica. Afferma D’Ambrosio che il poeta deve essere sempre più consapevole di vivere nella dimensione dell’Oralità Contemporanea, deve partire quindi dal suo corpo, dai suoni ritmici che gli sono familiari, come il respiro e il battito del cuore. La rima è ritmo, la sillabazione è ritmo, gli accenti sono ritmo.
… E allora il cittadino, / guidato dal politico, / si fa prima popolo / se è bravo quel politico, / ma poi diventa massa / forgiato dal partitico, / per diventare plebe / usata dal politico, / che diventa marmaglia / frullata col partitico, / E lo statista manca, / e la gente si stanca.
Gioco di parole, calembour, assonanze che si ripetono ad oltranza. Tutto insieme è memoria e consumo fonico di ciò che viene sentito, rielaborato e contaminato. Il Poeta Orale Contemporaneo deve cercare il suo baricentro tra scrittura, voce e corpo. Non è solo una semplice lettura ad alta voce. Jorge Luis Borges affermava che la poesia a differenza della narrativa non può restare muta, perché la poesia è la forma letteraria più vicina alla musica e non si può accontentare del silenzio della lettura. Egli cita i due “autori del dire”, Gasmann e Carmelo Bene, insistendo sempre sul dominio della tonalità, sulla ricchezza di timbri, sulla ripetizione maniacale dello stesso tono che crea fascinazione. Per Jorge Luis Borges sono “estensioni del corpo” della voce. Bisogna quindi lavorare sulla parola, sull’emissione della voce. Sentire la voce come un’estensione poetica che si frammenta, si ordina e si torce. Anche solo un singolo distico può essere stressato dal gioco linguistico fino a perdere senso. Il non-sense è strategia comunicativa dell’inquietudine moderna.
Sfinito non so più cosa toccare.
Il fiore velenoso del soffrire,
mi resta intorno col fantasma sferico.
Sento l’odore della trasparenza
svolazzo con le dita per scappare
ma il suo colore è solo virtuale
e tutto non ha forma ed è ingannevole.
E proprio questa strategia espressiva di giocare con la voce, porta Ariele D’Ambrosio ad affrontare una questione tanto drammatica in un modo semiserio. In tempo di pandemia virale, l’ironia in versi è testimonianza di una condizione epocale, e induce alla riflessione. La cronaca degli accadimenti oscilla tra il corpo e la psiche, e la poesia anche ludica li riunisce facendosi in una qualche misura terapia. I calembour intrecciati con i fantastici disegni di Daniela Pergreffi riescono a destabilizzare il lettore, recuperando una distanza emotiva che amplifica la coscienza di un pensiero critico, libero dai condizionamenti massmediali a cui tutti siamo esposti pericolosamente. Camminiamo incerti in bilico su superfici sghembe, mai ferme.
Mi metto a nudo e cerco di elencare
le pliche del mio corpo da gestire.
Fermo in disparte immobile in un angolo
mi accorgo che mi prende la demenza:
vincerà lui se non mi fa mangiare!
Ma la paura, è il virus che mi assale
e resto inebetito nel decidere.
La storia del singolo individuo e le storie delle relazioni tra gli umani trovano nella riflessione e nel “gioco” della poesia una leggerezza capace di scendere nella profondità dell’individuo e della comunità a cui appartiene. Esiste una convergenza transmediale tra scrittura e di oralità, mista ad altre forme espressive, che utilizzano anche altri supporti tecnologici. D’Ambrosio gioca con grande abilità con il registro dell’ironia, come alterazione spesso paradossale del reale, allo scopo di sottolineare il dato catastrofico della pandemia, mediante l'apparente dissimulazione della sua natura tragica. Infatti la forma dell’ironia è profondamente tragica, è presagio dell’apocalissi e dell’ineluttabilità di una trasformazione relazionale che si nutre di uno stato permanente di paura e di diffidenza sociale. Un altro valore aggiunto del testo CovidNenia è il breve glossario che chiude il libro e che permette al lettore un veloce approfondimento della metrica. Poesia, ricerca sperimentale, militanza etica e politica, queste le direzioni del pensiero di Ariele D’Ambrosio.
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