La memoria è il filo del mondo. "Betty, sono Bruno" di Lorena Fiorini
Cosa unisce l’umanità, cos’è la memoria se non il filo del mondo? Il passaggio naturale da una generazione all’altra per fare la storia? Sarà forse per età, ma i racconti del passato mi appassionano sempre di più, forse perché sto attraversando il momento di trasferire anch’io la memoria. La storia di Bruno e Lorena forse mi tocca particolarmente perché coincide con quello che anch’io ho avuto in eredità. Intanto, Bruno è nato nel 1919, come mia madre. Hanno vissuto lo stesso momento e hanno passato le stesse esperienze. Nel libro ritrovo i ricordi di guerra, di quando Elena – mia madre – fuggiva nei rifugi, che poi erano le cantine del palazzo, durante i bombardamenti a San Lorenzo, il tifo, le paure: tutti racconti che anni dopo ho ritrovato reali sulla mia pelle nei Balcani, perché le guerre si somigliano tutte. Nonna che faceva il pane a casa o che mi adattava le giacche di zio, che risparmiava le dieci lire per permetterci una vita almeno dignitosa. Certo, tutte le famiglie hanno la loro storia ma le famiglie di quel periodo, il dopoguerra, hanno la stessa storia, fatta di rinunce e sacrifici e poi della grande speranza. Poi naturalmente ci sono le storie personali e Bruno ha una storia tutta sua che ha raccontato alla figlia. Mio padre per esempio è stato in Africa, ma non mi ha raccontato molto e so che mi manca qualcosa.
E allora il percorso di Bruno lo ritrovo in una guerra del passato che non ho vissuto direttamente, ma che seguo molto da vicino da almeno vent’anni: la disfatta dolorosa ed eroica dell’armata italiana in Russia. Ai dispersi nella valle del Don sto dedicando tempo ed energie, proprio per la sete di sapere che mi arriva dai familiari che non accettano il buio. Quanti misteri ho scoperto cammin facendo negli archivi e sul territorio. Storie complicate e talvolta negative, ma anche tante storie d’amore. E quando le ho riferite ho ricevuto solo ringraziamenti perché squarciavo il silenzio. Fra tutte, ricordo la ricerca generosa e affannata di una ragazzina di Napoli (ora è avvocato) che mi ha chiesto di ritrovare tracce di un certo caporal Gianni che non era il nonno, ma il primo amore – mai dimenticato - della nonna. Non lo so, ma sento che la sua storia somiglia tanto a quella di Bruno. Tutte le storie, in fondo, si somigliano. L’unico strumento per non dimenticarle è appunto la memoria. Quel geniaccio di Carmelo Bene diceva che “noi siamo quello che siamo stati”. Tutto viene dal passato, dimenticarlo è un vero delitto. E’ come uccidere la Storia. Quindi noi stessi. Sono felice di aver condiviso questi ricordi dell’amica Lorena. Hanno fatto più ricchi anche noi. E’ un’occasione per tutti, naturalmente, perché Lorena ha il merito – con questo libro – di aver “regalato” la sua memoria, così personale, con tutti. Per questo la sua opera è preziosa.
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