la storia collettiva e la storia individuale: "Lezioni" di Ian McEwan
Nel 2007 lavoravo in teatro con un gruppo di fantastici adolescenti e decisi di ispirarmi liberamente in un mio testo teatrale al romanzo “L’inventore di sogni” , che lo scrittore e sceneggiatore britannico Ian McEwan aveva pubblicato nel 1994. Il bambino protagonista era una delle figure più affascinanti che avessi incontrato durante i miei percorsi di lettura. L’immaginazione onirica di Peter Fortune sapeva creare mondi personali che cancellavano con un colpo di spugna gli aspetti vuoti, noiosi, retorici dell’esistenza. Così ritrovo , a tanti anni di distanza( lo scrittore ormai settantacinquenne con più di quindici romanzi alle spalle), un altro protagonista ragazzino, Roland Baines, che ha molti sogni nel cassetto, fra cui quello di essere un poeta e, primo fra tutti, di diventare un grande pianista. E comunque un “giovane-prodigio”. È un’idea sua o indotta dal padre, un militare esigente e poco affettuoso? Dalla madre, succube del padre, spesso indifferente a lui? Dalla società in cui vive? Il talento e la sensibilità li ha, pienamente, la musica è la sua dimensione, di fronte a una scuola piena di regole noiose, esigente e non ripagante. Ronald sa che bisogna andare bene a scuola per essere apprezzati dagli adulti. Da sua madre Rosalind, da suo padre , il maggiore Robert Baines. Ma questo non interessa alla sua insegnante di pianoforte , Miss Cornell, una donna bella e nevrotica, perdutamente e ossessivamente innamorata di lui, che lo spingerà a perdersi. In un morboso rapporto in cui non è chiaro chi sia la vittima . Roland è troppo giovane per essere consenziente, e tuttavia nella sua vita successiva non sarà mai davvero sicuro di non esserlo stato.
Diventato adulto, a Londra milita nel partito laburista inglese, viaggia nella Germania Est comunista e sperimenta i limiti politici dell’est e dell’ovest. Incontra, dopo numerose esperienze erotico-amorose, una donna che crede di amare più delle altre, la ama quasi più della irraggiungibile maestra di pianoforte, e la sposa. Ma lei lo abbandona con un bimbo nato da poco. Imprevedibilmente, facendogli perdere le tracce. Al punto che la polizia inizia ad indagare su questa scomparsa, sospettando di lui.
La vita di Roland Baines si svolge davanti ai nostri occhi come un grande affresco storico e personale, pieno di punti interrogativi sulle relazioni umane, così come sul destino dell’Europa e del mondo. Roland è già adulto ma ancora giovane quando cade il muro a Berlino e sono in tanti, come lui, a confidare in un futuro diverso, di emancipazione da politiche autoritarie e corrotte. Un futuro più a misura d’uomo, dove la collaborazione e la solidarietà trionferanno. Dove si affermeranno valori più autentici. Queste speranze, col passare del tempo, il tempo dell’universo come quello della vita di Ronald, si riveleranno via via sempre più illusorie. Per Baines, e per lo scrittore.
Roland ha l’abitudine di raccogliere in taccuini fotografie di persone e luoghi che scandiscono fasi della sua vita. Ci scrive anche poesie, in fondo continua a sentirsi poeta. Ma non è il solo a conservare testimonianze del passato. Roland conserva anche i quaderni affidati a lui da sua suocera, Jane Farmer, giornalista mancata, che da giovane seguì le vicende drammatiche dei fratelli Scholl, fondatori della Rosa Bianca, gruppo di giovani antinazisti tedeschi che finiranno, quasi tutti, arrestati e condannati a morte dal regime hitleriano. Jane finirà per sposare un membro del gruppo scampato all’arresto, ma questo la introdurrà ad uno stile di vita borghese che la allontanerà dai suoi progetti.
Fra gli eventi storici su cui Roland riflette e ci spinge a concentrare l’attenzione, ne cito uno, che particolarmente mi colpisce, per la sua molteplice attualità. Da un romanzo ricchissimo di spunti di riflessione sull’oggi e sul caos che ci domina e che i potentati della terra vogliono ci domini, per meglio controllarci. Il brano si riferisce al disastro di Černobyl, in Ucraina.
“ La nube dell’autoinganno si diffuse su tutta l’Europa. Un’emittente televisiva della Germania Ovest si convinse che il miasma radioattivo non avrebbe mai contaminato l’Occidente ma solo l’impero sovietico, come per vendetta. Un portavoce ministeriale della Germania Est ipotizzò un complotto americano teso a distruggere le centrali energetiche del popolo. Il governo francese sembrava credere che l’estremità sud-occidentale della nube coincidesse con il confine franco-tedesco, e non avesse licenza di attraversarlo. Le autorità britanniche esclusero che potesse esistere alcun rischio per la popolazione, pur ordinando intanto la chiusura di 4000 aziende agricole, l’abbattimento di 4 milioni e mezzo di ovini, il sequestro di tonnellate di formaggio e lo smaltimento immediato di un mare di latte. Mosca, non volendo riconoscere l’errore, lasciò che neonati e bambini continuassero a bere latte contaminato. Ben presto, tuttavia, gli interessi nazionali ebbero il sopravvento. Non c’era alternativa. L’emergenza doveva essere affrontata e la possibilità della segretezza era esclusa.
Roland si unì alla generale rinuncia al buon senso. La sera, mentre Lawrence dormiva, prese a sigillare la casa, applicando fogli di plastica su tutte le finestre. Anche se la nube ormai era ben oltre Londra …
Altre persone non stavano mettendo in sicurezza le loro case. Faceva caldo, e la scarsa reazione sarebbe risultata superflua e insalubre. Non c’era nessuna polvere radioattiva, era tutta una paranoia. Lo sapeva. Ma viveva in circostanze paranoiche che gli consentivano di fare quel che voleva. Fermarsi ora significava ammettere di avere avuto torto sin dal principio. Inoltre un ossequio per l’ordine ereditato dal padre gli ricordava che quanto si era iniziato andava portato a termine …” (pag.80-81).
La vita di Roland Baines, come la maggior parte delle vite, è ricchissima di eventi, a volte drammatici ed estremamente dolorosi, altre di ricongiungimenti tentati e disattesi. Di ondate alte e basse della marea, che si alternano. Così l’esistenza umana.
Ian McEwan ci coinvolge inesorabilmente nella sempre maggiore presa di coscienza, da parte del protagonista, del morbo dell’indifferenza e della mancanza di presa di consapevolezza che ammala il mondo odierno, un mondo che sembra destinato all’estinzione.
Tuttavia …
Ci sono le donne. Molte donne. Alla fine le loro storie sembrano le più belle, intense, importanti. L’insegnante di pianoforte, folle e sola. L’eroina resistente Sophie Scholl, la purezza e la forza del suo ideale. La suocera talentuosa e rinunciante, Jane. La moglie misteriosa e infelice, Alissa. La seconda moglie comprensiva e solida,Dafne. La madre poco presente nella vita di Roland e poi mentalmente assente in vecchiaia, Rosalind. La nipotina tanto amata, Stefanie. E altre ancora. Ci raccontano le loro ragioni, attraverso le parole di un uomo. Tutte autentiche, molte complesse, alcune fiduciose, per lo più fuorviate dai loro obiettivi di vita per l’impossibilità di scegliere tra la solitudine e l’affermazione della propria autentica personalità. Ricercata, ma infine, quasi sempre, non trovata, irraggiungibile, non identificabile.
Roland Baines cerca come loro e da loro, oltre che da se stesso, spiegazioni che non trova. Ben rappresentando la nostra difficoltà di decifrare l’epoca in cui viviamo e di prevederne i futuri sviluppi. Evidenziandone le laceranti contraddizioni.
Tuttavia …
La lettura di questo articolo è riservata agli abbonati
ABBONATI SUBITO!
Hai già un abbonamento?
clicca qui per effettuare il login.
Sostienici
Lascia il tuo commento