La strategia del respiro

La strategia del respiro

diFloriana Coppola

La seconda silloge di Michele Carniel riprende felicemente la linea stilistica della prima “Tra il Piave e la luna”, utilizzando ugualmente un registro sia lirico che prosastico. La scrittura di Carniel si sviluppa attraverso un movimento di modulazione e rimodulazione espressiva e impulsiva, come ben diceva Armando Saveriano in una sua precedente nota critica.

La poesia diventa luogo della meditazione, un cammino riflessivo che accompagna chi scrive e chi legge nel processo interrogativo di conoscenza di sé stessi e del mondo. Il titolo porta verso l’affermazione della scrittura come strategia di sopravvivenza, ma anche strumento condiviso da tutti per resistere agli affanni, alle perdite e alle mancanze.


Un dolore superstite/mi veicola alla foce/ una spessa epidermide/ pentita e grassa. / Grumo di nervi/a galla del suono/s’offrono al sole/l’opposta direzione. Che rimane di te? /Del tuo amore in superficie? Ci sono molti modi per morire/- un vivere nonostante - /il torace che non rovina/ la strategia del respiro.

Un dolore superstite/mi veicola alla foce/ una spessa epidermide/ pentita e grassa. / Grumo di nervi/a galla del suono/s’offrono al sole/l’opposta direzione. Che rimane di te? /Del tuo amore in superficie? Ci sono molti modi per morire/- un vivere nonostante - /il torace che non rovina/ la strategia del respiro.

 

Esprime sulla pagina bianca il dissidio drammatico della propria interiorità, i fantasmi del tormento dello stare al mondo, la fragilità immediata e inconsolabile della propria anima. La scrittura diventa cura e terapia del soffrire ogni solitudine e ogni distacco emotivo, per superare quel rimuginare profondo che prosciuga e ammala. Scrivere aiuta a trovare un respiro più calmo, che superi l’agitazione tachicardica del panico e della più sfiancante inquietudine. Mattia Cattaneo, nella postfazione, parla dello spirito malinconico che pervade tutto il testo. Le due parti intitolate Inspirazione e Espirazione indicano il respiro come una disciplina esistenziale. Saper respirare, prendere e lasciar andare l’aria, fonte di vita e di nutrimento.  La prima parte è caratterizzata da liriche brevi, più asciutte e con un maggior ritmo interno, mentre la seconda ha uno stile prosastico più disteso, con un tono confessionale che indugia maggiormente nell’analisi minuziosa dei sentimenti e delle emozioni. I due movimenti della respirazione rimandano simbolicamente alla fonte polmonare di diversa ampiezza e perciò questa operazione vitale in due tempi è segno di accettazione del vivere. Quasi alla fine del libro, Carniel scrive una poesia che sembra una confessione più intima e indica una chiave di lettura dell’intero volume:


La mia depressione è in uno stato di grazia/lame d’aria mi disegnano la pelle/l’insonnia mi seduce a ogni ora/e bevo da una ciotola tutta la sete che mi rimane. /…/ e nessuno si azzardi a raccontarmi anche una sola verità/non rovinerò mai la felicità a questa tristezza che mi vive.

Quando si parla di depressione nel linguaggio quotidiano si fa riferimento soprattutto ad alterazioni significative del tono dell’umore. Sintomi che portano a una diminuzione di interesse verso la vita quotidiana. Emozioni di tristezza profonda e continua, disperazione, apprensione, rabbia, apatia. Emergono pensieri di autosvalutazione e di colpa, prevale un alone pessimista, si è travolti da pensieri negativi e da pensieri di morte, fino all’ ideazione suicidaria. La forza creativa della poesia permette invece di uscire dalle angosce del proprio mondo interiore e di affrontare il dolore del vivere. La poesia diventa così un viaggio mentale, dove i ricordi e le esperienze vissute si mescolano e trovano la loro voce, il loro baricentro. Con questo itinerario lirico/prosastico l’artista indica come superare la condizione depressiva, che rende oscura la vita.  La versificazione ferma la sua attenzione sul respiro e calma lo stato d’animo. La strategia del respiro si identifica con un cammino di cura e di guarigione almeno temporanea dei sintomi di perdita, di abbandono e di tristezza. La poesia conduce ad un effettivo lavoro di scavo, utile a creare nuove fondamenta esistenziali. Lo spirito creativo aiuta a comunicare e condividere il suo viaggio interiore, superando quella sensazione di lutto per qualcosa che è scomparso, di cui si soffre la mancanza. La fortezza depressiva, che chiude l’io nelle sue stanze, si apre al dialogo, diventa autoterapia, strumento di accudimento e di protezione dalle ansie e da ogni sterile e affannoso rimuginare. Insicurezza, rabbia, ribellione trovano sullo spazio bianco la loro liberazione, vengono messi a nudo. Un grido di aiuto approda in un altrove immaginale che consola e rassicura. Il poeta usa l’arte della parola per dare ordine ai suoi stati emotivi, un lavoro complesso di indagine e di esplorazione che cambia lo sguardo dell’io poetico su se stesso, sulle cose e sul mondo. Qualcosa di pesante che inquieta e sconvolge, che destabilizza, viene esplicitato con chiarezza e la ferita interiore diventa una perla luminosa. Opera così la bellezza del verso.

Ad ogni respiro/un roveto assale il diaframma/e pulsazioni di cristallo/ arrestano l’asimmetrico senso del dovere. / Tradirei la volontà dei piedi/d’assecondare l’inerzia dei secoli/se solo tu/riuscissi ad arredarmi il cuore. / Dal trono pagano del mio silenzio/supino a fisar negli occhi la luna/attendo perplesso l’intimo riordino, perché/ a sfidar quel neo del cielo/ – dicono i poeti –/ si rischia la condanna a vita.

Michele Carniel si rivolge spesso a un interlocutore assente, che sembra oggetto e soggetto di un dialogo amoroso drammatico e frustrante, una presenza che non rassicura ma agita nel profondo l’anima del poeta. Il desiderio d’amore è senso acuto della mancanza. Crea un vortice e una vertigine, dove si rischia di annegare. Anche in questa incessante ricerca di risposte in un altro che non si palesa, che si sottrae e non offre il coraggio della parola, si incunea il pungolo malefico del pensiero depressivo. Concludo riportando un’affermazione lirica di Hermann Hesse, poeta, scrittore e filosofo tedesco, che soffrì tutta la vita di depressione.  Capì che, grazie alla creatività e alla poesia, al suo immenso potere simbolico ed evocativo, poteva salvarsi dai vicoli oscuri della sua sofferenza esistenziale, seguendo una sorta di psicoterapia individuale, di autoanalisi delle proprie emozioni più violente. Una via di uscita che Carniel indica fino alla fine come scelta consapevolmente evocata.

“Poesia/ I versi/ vengono dalla penna/ che su carta/ trova sfogo, / misura del pensiero/ volitivo/ emotivo/ intellettivo/ a volte passivo/ stringato/ fra note e frasi/ idee/ del presente/ che scruta il passato/ inspiegabilmente/ vicino/ eppure assente, / che vive/ perché esiste. / La poesia/ non comunica/ Vive/   Nasce/ Persiste/ al di là del tempo/ per chi la sente/ unica”.


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