Lesja Ucrajinka, Libere scintille di una voce cara all'Ucraina
Prima traduzione italiana della poetessa, “anticipatrice potente di tematiche ancora attualissime”. Nelle sue pagine, la speranza, l’amore e il desiderio di libertà
“Parola, perché non sei solido ferro,/ che scintilla durante la lotta?/ Perché non sei affilata spada, spietata,/ che fa cadere la testa dei nemici?”.
I versi di Lesja Ucrajinka risuonano, a oltre un secolo di distanza, nel cuore di chi il nemico ce l’ha ancora addosso. Lo stesso: crudele, spietato. La poetessa ucraina vissuta fra il 1871 e il 1913 sognava che proprio la parola, divina scintilla ricevuta in dono come talento artistico, potesse riportare la pace, salvando la patria e l’unicità della sua cultura dall’imperialismo russo. La parola, strumento unico e rivoluzionario che sa smuovere l’animo e mutare il bene in male. La parola, porta dell’immortalità: “Parola, sei tu, mia unica arma./ Non dobbiamo entrambe morire!/ Forse, nelle mani di sconosciuti fratelli,/ sarai la miglior spada per colpire”.
Il tema della guerra, di una terra offesa e perseguitata dall’oppressore, si snoda attraverso le opere dell’autrice come un grido di aiuto più che mai attuale. Con un’iniziativa editoriale che appare profetica, la connazionale Vira Dunas ha tradotto per la prima volta in italiano l’opera della Urcajinka, dando alle stampe nel maggio 2021 il volume ‘Libere scintille della mia voce’ (Mimesis editore), realizzato in collaborazione con il Comitato di Studi Mara Soldi Maretti. “L’eccellenza ucraina, un fiore raro nel mondo poetico”: così Vira Dunas definisce l’autrice nata a Novohrad Volyns’kyj e le sue doti incredibili e precoci.
A 9 anni scrive la prima lirica, a 12 pubblica le sue traduzioni dal russo. In giovane età si ammala di tubercolosi ossea, malattia che la accompagnerà per tutta la vita e che la vita gliela toglierà troppo presto. Autodidatta, impara moltissime lingue e si dedica alla musica, suonando il pianoforte, componendo e lasciando traccia di questa vocazione anche nei suoi scritti.
“Una sorta di biglietto da visita della letteratura ucraina - scrive Bogdan Mykhajlyshyn nella prefazione al libro – anticipatrice potente e pionieristica di tematiche ancora attualissime, il valore educativo della parola, la questione dell’emancipazione femminile, la salvaguardia dell’ambiente”.
La Ucrajinka scende negli abissi dell’amore. Sentimento vivido, che scava nel profondo e sconvolge le esistenze. Nel poema drammatico ‘Ossessionata’, la protagonista Miriam viene lapidata dai sadducei di Gerusalemme: muore sotto le pietre, perché li accusa di avere ucciso il re dei Giudei e dichiara che è risorto. In un dialogo struggente, il Messia raccomanda alla donna: “Chi ha rinunciato a tutto, ma non a se stesso, non ama. Non voglio sacrificio, solo amore”. E lei, nella commovente invocazione finale, si consegna a lui. Con la devozione che le è stata chiesta: “Messia! Se hai versato per me inutilmente almeno una goccia del tuo sangue…adesso, io lo ricompenso per te…con la mia vita…e il sangue e l’anima…Tutto è inutile! Non per la felicità, né per il regno celeste…no…per amore”.
Commenta ancora Bogdan Mykhajlyshyn: “Lesia Ucrajinka esprime la speranza d’essere ascoltata, portando all’umanità un’idea dell’amore, sincero, incondizionato, assoluto”. Lo stesso amore sperimentato dalla ninfa Mavka, che nella ‘Canzone della foresta’ s’innamora di un umano, il contadino Lucàš. Vivendo un sentimento tormentato che la culla fra le braccia della poesia, ma le fa conoscere anche la sofferenza. Con le dinamiche che caratterizzano ogni amore degno di essere chiamato tale. Il titolo del libro sembra attingere in qualche misura dalle parole di Perelesnyk, uno dei personaggi del dramma, il mitologico serpente tentatore rosso fuoco che vola da una donna all’altra: “Sii come scintilla, mio amore”.
L’amore non corrisposto, compensato dalla tenerezza e dal lirismo dei versi della poetessa. Ma anche l’amore per l’amata terra natia, che la Ucrajinka lascia viaggiando in molti Paesi, nel tentativo di curare la malattia che invece la consumerà. Nella ‘Canzone della foresta’, si delinea una filosofia che conforta: nessuna esistenza è mai inutile. Emerge inoltre l’auspicio di una convivenza armoniosa fra l’uomo e la natura. Così anche nella poesia ‘Mughetto’, che l’autrice pubblica a 13 anni sulla rivista ‘Zorja’. Ci sono infine i paesaggi che popolano felicemente molte pagine, spesso intrisi di nostalgia per l’Ucraina.
Il principale filo conduttore dell’opera di Lesja Ucrajinka resta forse la speranza. Un bene prezioso da perseguire anche nei momenti più bui. La poetessa lo dice già all’età di 9 anni, con la sua prima poesia, dedicata alla zia esiliata in Siberia per motivi politici. Il titolo sarà proprio ‘Speranza’. Sempre la speranza torna a seminare e a salvare ciò che sembra inesorabile nella lirica ‘Contra spem spero’: “Sul mesto campo incolto/ Seminerò vividi fiori/ I fiori al gelo seminerò,/ Su di essi lacrime amare verserò./ Per queste lacrime ardenti si scioglierà/ la gelata corazza resistente./ Forse sbocceranno i fiori e arriverà/ Anche per me lieta primavera./ (…) Nella sventura canterò canzoni./ Senza speranza continuerò a sperare/.
L’autrice affronta poi il genere della favola. Secondo Mykhajlyshyn, la sua produzione “potrebbe annoverarsi fra le opere dei più celebri autori di favole come Esopo, Jean de La Fontaine, Christian Gellert, Leonid Hlibov, Ivn Krylov”. L’originalità della Ucrajinka sta nel rinunciare alla morale e lasciare che sia il lettore a trarre l’insegnamento migliore. Uno su tutti, evidente nel ‘Guaio insegna’, è quello di imparare dai propri errori. In ‘Falena’ s’incontra invece la farfalla notturna, schiava delle tenebre, che desidera salvarsi dalla propria condizione a costo della vita. Allora, basterà la luce di una lampada per spezzare le proprie catene.
Speranza, amore, libertà. Le “scintille della voce” di Lesja Ucrajinca, il suo anelito di donna a un tempo fragile e incorruttibile, sono un incoraggiamento per tutti. Oggi più che mai.
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