Le poesie sghembe di Matilde Cesaro
Gaspare Canino, Grosso modo

Le poesie sghembe di Matilde Cesaro

diFloriana Coppola

Negli anni 60 era appena nata, 
nei 70 girava a vuoto, 
negli 80 dimagrivo a vista d’occhio.
Nei 90 ero viva… ma morta, 
Nel 2000 ho sostituito le lire con gli euro 
e torri gemelle si disgregavano.
Nel 2010 ho iniziato a collezionare parole 
sistemandole su mensole di leggerezza

Matilde Cesaro


Matilde Cesaro, psicologa, narratice e trainer coach, docente di scrittura autobiografica nella Libera Università Autobiografica ad Anghiari,  non può essere considerata assolutamente  un’esordiente, perché la sua esperienza nel campo della parola scritta è sicuramente di lunga data. Arriva a pubblicare la sua prima opera  nel 2021, con questa raccolta intrigante di testi, corredati dalle bellissime fotografie di Paolo Menduni. Frammenti narrativi e fotografici, irriverenti e  ironici che parlano con  leggerezza del nostro stare al mondo, iperdettagliando il quotidiano. Una poetica degli oggetti che invade il territorio lirico del verso, con stralci di prosa poetica.

Irruzione nel territorio della poesia. Frammenti che si dichiarano irriverenti. Irriverenti perché? Irriverenti vuol dire che mancano di rispetto, che non riveriscono, non celebrano ma a cosa soprattutto non portano riverenza? Cesaro offre un ribaltamento di prospettiva, quasi in opposizione a una certa poetica che rinforza un atteggiamento lirico e autoconsolatorio. Frammenti ironici che inducono a una rotazione dello sguardo, mettono distanza dal dolore, dalla sofferenza, dalla perdita , dal senso di fallimento e di abbandono.


SCHIZZI 

-pare che ci rivedremo… 
-sì, così pare 
-pareva impossibile 
-sì, anche a me 
-pare di nuovo come la prima volta 
-sì, proprio come la prima volta 
-pareva non dovesse mai più accadere 
-sì, anche a me 
-pareva tutto risolto 
-sì, proprio così 
-pareva… e invece scorre di nuovo.

[Metafisica di un rubinetto]


Che cosa vuol dire la parola “ironia”?  Indica secondo un qualsiasi vocabolario un’alterazione spesso paradossale, allo scopo di sottolineare la realtà di un fatto mediante l'apparente dissimulazione della sua vera natura o entità. Oppure si tratta dell’ironia tragica, nel teatro greco antico, presagio della catastrofe, che sembra essere contenuto nelle parole, dette senza intenzione, di un personaggio. L’ironia serve per andare fuori dagli schemi e dalle convenzioni, circostanze molte volte imposte da qualcuno e non sempre rispettose del prossimo, per esprimere opinioni e trarre conclusioni in grado di ribaltare e condizionare la situazione che sta vivendo. L'ironia è un meccanismo fondamentale della mente, che consiste etimologicamente in una dissimulazione, in una finzione (dal greco eironèia). Nell'ironia si utilizza un elemento reale, in questo caso oggetti della vita quotidiana, oggetti domestici, insignificanti, e si mette in luce una parte nascosta, provocando un meccanismo buffo e questo fa ridere. L’ironia possiamo dire anche che sviluppa il sistema immunitario della mente, agendo in modo benefico sul nostro benessere. Protegge dall’angoscia, dalle situazioni di disagio. Rappresenta un modo evoluto per adattarsi alle difficoltà emerse da un ambiente ostile o conflittuale. L’umorismo ci aiuta quindi ad affrontare i nostri momenti di crisi, a trovare soluzioni creative. Ci insegna a guardare le nostre debolezze con bonarietà, accettando difetti e errori ai quali nessuno può sfuggire. 

Dice in una poesia Wislawa Szymborska: 


La poesia -/ ma cos'è mai la poesia?/ Più d'una risposta incerta/ è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo / Come alla salvezza di un corrimano.

Dai primordi della letteratura, sono apparsi artisti che hanno scelto di mettere in crisi con la loro voce ironica e dissacrante il narcisismo autocelebrativo dei letterati. Da Pietro Aretino a Verlaine, da Breton a Pirandello, da Buzzati alla  Szymborska, tante sono le esperienze letterarie che hanno determinato uno sguardo irridente e mordace. Un controcanto da sempre esistito che fa da voce fuori dal coro. Nel novecento ricordiamo il movimento dadaista ha indicato in una versificazione ironica e scherzosa, una modalità politica dissacratoria e trasgressiva, per dichiararsi contrari  alla prima guerra mondiale,  per criticare la postura rigida e accademica della letteratura borghese. Il tono beffardo di quella generazione pacifista e non belligerante riunita a Zurigo era testimonianza di  una radicale posizione di contrasto e di ribellione, che sottolineava la differenza da chi abbracciava le armi e sosteneva i nazionalismi. L’umorismo in letteratura unisce amore per la scrittura e pensiero divergente. E nello scenario del terzo millennio, prendersi poco sul serio è un antidoto salutare contro ogni esacerbato individualismo. Matilde Cesaro con le sue “poesie sghembe”, fa dispoesia: disgiunge, separa e differisce parti del discorso facendo fare a chi legge un  salto, una capriola mentale ed emotiva che spariglia e destabilizza.

INSISTENZE

E mi guardi insistente, 
senza aggiungere nulla di nuovo – che io non sappia o non abbia già sperimentato -.
Sto al gioco senza porre una particolare resistenza, 
poi, e solo quando mi sentirò pronta,
-senza capire perché quello sia il momento giusto-
mi perderò tre righe immaginarie e paragrafi allineati.

[Monologo alla pagina bianca]


Costruisce così un sottotesto dove il dolore si mescola al piacere e al sorriso, superando e oltrepassando ogni confine. Indica una direzione metadrammatica, che utilizza una prospettiva altra, la direzione della meraviglia e della leggerezza. Rendere leggero è un’operazione di ricerca. Bisogna saper rimanere in un equilibrio emotivo tra un dentro e un fuori, un esercizio di decentramento paradossale, contro ogni egocentrismo tragico e consolatorio. Il testo poetico diventa un frammento epigrammatico che, con uno stile libero e colloquiale, apre a una diversa percezione di un malessere. Permette un rovesciamento di senso e un passaggio emotivo che libera energie positive. Diventa così questa silloge un sapiente esercizio della parola, testimonianza di una postura esistenziale meditata e profonda.  


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