'Sortilegio', uno sguardo disincantato sulla realtà
Foto di Elio Scarciglia

'Sortilegio', uno sguardo disincantato sulla realtà

diMimma Leone

Un viaggio nel cuore pulsante di Roma, nell’intermittenza delle sue contraddizioni. Questa è l’immagine chiave di ‘Sortilegio’, la sintesi estrema di un mondo complesso, spesso retroscena di miseria ed emarginazione, al di là di quella rappresentazione simbolica di potere e grandezza, fortissimo richiamo dell’immaginario collettivo. Uno schiaffo all'opulenza della Capitale, quindi, un faro sulle sue ombre che si allarga percorrendo le crepe del selciato, per spazzare via gli allori su cui si adagia la mentalità borghese, quella che non vede perché troppo abituata a schivare sapientemente gli spigoli del reale. Non ci sono molti rimedi a questa ostinata cecità, è difficile trovarne nell’esorbitante bellezza che pervade la città: una bellezza immortale che scorre veloce lungo il Tevere e straripa fra le strade, i vicoli, le piazze, fino a coprire tutto il resto con una coltre spessa di illusioni.  

Eppure, la Roma che si svela nell’opera di Renato Fiorito è soprattutto una città sortilegica, dove ogni angolo cela un mistero, ma anche una ferita aperta. E allora il rimedio può essere racchiuso proprio in quell’incantesimo che schiude una finestra sulle strade buie e sulle rovine di chi resta ai margini, appena dietro la maestosità delle rovine e dei monumenti. I racconti di ‘Sortilegio’ non hanno pretesa consolatoria, ma riportano, attraverso una scrittura lucida e pulita, la consapevolezza di un’umanità che persiste, nonostante tutto, e che malgrado le brutture fotografate da una penna esperta, è racchiusa ovunque, anche nei profili offuscati di un’esistenza fantasma. Incantesimo allora è anche quella vissuto dal pittore Sandro Lopez, che conosce bene le trame del destino e il dolore che spesso ne consegue, con le sue ramificazioni impreviste e l’indomabilità di una bestia a chissà quante teste. Non c’è solo lui a prendere vita dalle pagine di Fiorito, ma una rassegna variegata di anime in pena, fra cartoni e giornali pieni di pedate, ma anche BMW e rose rosse senza dignità, pranzi luculliani e proteste senza fissa dimora, in un’alternanza di gesti e situazioni che sono facce della stessa medaglia. E poi Carmen, Metronio, Gennarino, Gloria. Ministri e sacerdoti.

Ogni storia è un microcosmo, uno spirito che aleggia negli angoli polverosi, fra le macerie di un passato che non riesce a liberarsi dall’enigma di una vita che incanta e tradisce, in un mosaico in cui i protagonisti, spesso emarginati, sono tessere imprigionate nella frattura della solitudine e della sofferenza. Vecchi, bambini, emarginati sociali, senzatetto, dimenticati dai media e dalla società: questi sono i volti umani, umanissimi di Fiorito, che con uno stile raffinato mette in scena l'incontro tra il divino e l'umano, tra la bellezza millenaria della città e la sua capacità di inghiottire chi non ha voce, e spesso non fa rumore…perché ‘le ore passano lente per chi soffre’. L’autore invita a uno sguardo nuovo, a cui siamo poco abituati, scevro da edulcoranti. Suggerisce di rallentare e osservare, ad essere co-protagonisti di quell’incontro e permetterci finalmente il lusso dell’emozione, che a volte contempla anche l’imbarazzo e la vergogna, purchè porti alla poesia, alla pietas. 

Dentro gli occhi di chi ha perso tutto, forse anche la propria identità, è sempre possibile scorgere un riflesso di noi stessi, uno specchio spesso spaventoso dove ritrovarci tutti. In quel posto non ci sono più differenze, non ci sono barriere e non è possibile costruire muri. Soprattutto, non c’è spazio per l’emarginazione, che perde significato e di conseguenza si annulla. Nel contatto visivo autentico, avviene la fusione dei cuori, quella in cui un battito si sovrappone all’altro e i battiti, all’unisono, diventano inevitabilmente musica.

Guardarsi, sentirsi in profondità.

E’ la verità la vera bellezza: riconoscere una cicatrice, ascoltare una storia, perdersi nel sortilegio di un istante che racchiude l’intero senso dell’eternità, fuori dall’incantesimo. A volte è necessario il silenzio, oppure leggere un libro come questo. 

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