
Tenebre e luce, Jusepe de Ribera al Petit Palais di Parigi (5 novembre 2024 – 23 febbraio 2025)
Incontrare Jusepe de Ribera, per alcuni più noto come Lo Spagnoletto, nella splendida cornice del Petit Palais di Parigi in una luminosa giornata d’inizio dicembre è stato … abbagliante. Non potrei trovare aggettivo migliore per indicare al tempo stesso la luce intensa da cui il mio animo è stato irrorato e la capacità fuori dal comune del grande pittore seicentesco di “ illuminare le tenebre”, come suggerisce anche il titolo della mostra “Ténèbre et Lumière”. Si tratta della più grande retrospettiva dedicata al pittore sino ad oggi. Il primo collegamento che s’impone è con il grandissimo Caravaggio, che lo precede di un ventennio , non solo per lo stagliarsi di immagini calde, avvolgenti, spesso teatrali negli atteggiamenti sorprendentemente moderni, animati su uno sfondo molto spesso buio, ma anche per la scelta dei soggetti e dei modelli: uomini e donne del popolo, sguardi crudi, volti attraversati dai solchi incisi dalla fatica quotidiana di vivere. Anche quando Ribera rappresenta i filosofi dell’antica Grecia o personaggi della mitologia classica, quando racconta storie di santi o la vita di Cristo. Anche quando sceglie di rappresentare figure di popolani per rappresentare i mestieri e, metaforicamente, gli organi di senso. Degli apostoli, degli evangelisti e dei santi, variamente atteggiati, colpisce l’estrema modernità dei tratti e delle espressioni. Così nella “Lamentazione sul Cristo morto” il bel volto e i capelli dorati della Maddalena sono quelli di una fanciulla innamorata, chinata a contemplare per forse poi baciare le pallide gambe del Cristo morto, un giovane anch’esso, simile a tanti altri, bello e reale , uno di noi. Il corpo luminoso di Gesù è retto dal giovane prediletto apostolo Giovanni e il suo volto è disteso, tranquillo, solo il dolore sul volto ancora giovane ma straziato della Vergine, che emerge dalla penombra, dichiara il dramma che si sta svolgendo. Ripreso nella “Pietà” (1637), il soggetto è lo stesso ma assume qui una raffigurazione più classica, maestosa. Il corpo di Cristo non è più composto e si tratta di un uomo adulto; Giovanni, che pure lo regge, è quasi un bambino a cui la Vergine sembra rivolgersi, come ad un altro figlio. Sopra di lei due piccoli angeli conversano. Sotto di loro ancora Maddalena, che questa volta si prostra e bacia un piede di Gesù avvolta in una manto rosso. In disparte il volto di un uomo anziano, che emerge dal buio.
“LA PIETA’” ( 1937)
Caravaggio è grandissimo ma Ribera non gli è da meno, sto pensando. Poiché Caravaggio insegna, ma Ribera detterà il modello alle generazioni successive di pittori napoletani , e in generale europei. La sensibilità tradotta in tratti , forme, colori, per l’essere umano, la sua sofferenza, la sua forza, la sua vulnerabilità, la rabbia, la fatica, la determinazione. La saggezza. La volgarità nella purezza e la purezza nella volgarità.
Se non potrete vederli esposti a Parigi, li ritroverete, per la maggior parte, negli importanti musei italiani da cui provengono, una volta terminata la mostra, in particolare al Museo di Capodimonte a Napoli, alla Galleria Borghese e a Palazzo Corsini a Roma, a Palazzo Pitti a Firenze. Ribera infatti scelse prima Roma poi decisamente Napoli come patrie d’elezione.
La vita
Jusepe de Ribera nasce nel 1591 a Xativa (Valencia) in Spagna. Percorre come artista l’età del barocco e muore il 2 settembre 1652 a Napoli, dove da tempo soggiornava. Nella prima metà del 1600 si può dire domini la scena artistica napoletana e sia una voce di spicco a livello europeo. Non abbiamo informazioni molto precise riguardo a come giunse in Italia, nel 1600 circa. Vive a Roma, dove studia Caravaggio, è per un certo periodo a Parma, poi a Cremona, a Genova e a Milano. In queste città ha modo di analizzare l’opera di grandi artisti come Guido Reni, Correggio, Parmigianino, Annibale Carracci. Nel 1616 arriva a Napoli, e questa sarà la sua sistemazione definitiva. Gli scugnizzi , come gli anziani rugosi e arcigni, le donne espressive e un pò volgari, sono il popolo partenopeo, che il pittore ama osservare e rappresentare. Anche quando, perseguitati dall’Inquisizione, subiscono torture sulle pubbliche piazze li vuole vedere e dipingere, li compiange come compiange la sofferenza del genere umano, che deve mostrare, dichiarare, fare vivere e destinare ai posteri.
Il periodo napoletano: alcune opere
Mi concentrerò, data la vastità e varietà della sua produzione, su alcune opere del periodo napoletano che dichiarano la statura dell’artista e descrivono altri due mondi che attraversa, oltre a quello, già riportato, del sacro. Potete vedere facilmente le opere che cito e molte altre del pittore collegandovi a Jusepe de Ribera su Wikipedia ( La attività artistica).
LA MITOLOGIA CLASSICA: “Sileno ebbro” (1626, Museo di Capodimonte). Un uomo grasso, il sesso nascosto da una foglia, impudicamente si mostra e porge una coppa di vino da sorseggiare a un anziano , un servo, forse, che porta un sacco sulle spalle. Lo guarda incoraggiante, invitandolo a partecipare alla festa. Alla sua destra un giovane fauno scanzonato, accompagnato da un ciuco, tiene in mano una coppa e guarda ridendo lo spettatore. Un arcigno meraviglioso satiro, forse il dio Pan, da dietro incorona il grassone di pampini.
IL POPOLO: “Maddalena Ventura e suo marito” (La femme à barbe) (1631, Museo del Prado, Madrid)
A destra dei personaggi si notano due massi marmorei dove viene raccontata la storia che ha ispirato questo ritratto stravagante e modernissimo. Si tratta di Maddalena Ventura, una donna di 52 anni abruzzese, che dopo avere dato alla luce tre bambini, a 37 anni, si vide crescere una barba spessa come quella di un uomo. Nel quadro Ribera la ritrae quasi identica al marito, che l’accompagna restando in penombra. La barba contrasta con il seno grande, con cui allatta il bimbo. Sembrerebbe trattarla come un mostro, senonchè il suo sguardo è infinitamente triste.
Maddalena Ventura e suo marito
I FILOSOFI: “Democrito”(1615-16, Collezione privata)
Realizzato tra Roma e Napoli dall’artista giovane, il filosofo ci appare come un anziano bonario ma sicuro di sé, ci mostra il risultato delle sue ricerche, il braccio appoggiato alla scrivania. I tratti sono moderni, raffigura anche qui un uomo del popolo, che gli fece da modello.
Democrito
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